Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
“Un documento e 10 domande all’Unione Europea e al governo maltese per sapere la verità sulla morte di Daphne e mettere spalle al muro chi ne ha responsabilità. Perché Daphne si poteva salvare”. A un anno dall’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia, messa a tacere per sempre con una bomba sotto la sua macchina il 16 ottobre 2017 a Malta, a lanciare l’iniziativa è il gruppo di 60 giornalisti italiani già firmatari del Manifesto per Daphne.
“Il suo omicidio, come quello di Jan Kuciak in Slovacchia a febbraio, dimostra che l’Europa non è più un luogo sicuro per i giornalisti – dice l’inviata del TG1 Maria Grazia Mazzola, oggi alla sede della Stampa Estera – Entrambi indagavano su flussi di denaro, affari illeciti, corruzione e politica, Panama Papers. Daphne era una giornalista investigativa esemplare, uccisa anche grazie all’isolamento da parte dei colleghi. Ma anche in Italia cresce il numero dei giornalisti minacciati e aggrediti”.
Le indagini, le domande e le risposte
A oggi le indagini sull’omicidio Caruana Galizia lasciano più domande che risposte, come ricostruiscono Carlo Bonini, inviato di Repubblica e unico italiano del gruppo Daphne Project che ha ripreso i fili della sue inchieste, e il blogger maltese Manuel Delia, oggi bersaglio di minacce e ritorsioni. In carcere, tre killer, almeno uno dei quali, Alfred De Giorgio, collegato al ministro laburista dell’Economia maltese, Chris Cardona, con cui sarebbe stato visto in tre occasioni, al bar e, notizia recente, in una festa di addio al celibato. Così l’isola di Malta rivela l’altro suo volto, segnato da mafie, fiumi di denaro di ogni provenienza, vendita di passaporti a peso d’oro e polizia non indipendente, mentre “due figure chiave del gabinetto – dice Bonini – sono titolari di società offshore”. L’elenco delle intimidazioni subite da chi in questi mesi ha tentato di scoprire la verità è lungo: la stessa Daphne nel suo paese aveva 47 cause civili e penali e per Delia e la collega Caroline Muscat è stata aperta una raccolta fondi di sostegno.
L’iniziativa dei giornalisti italiani
“Ora – spiega la Mazzola – prepareremo 10 domande per l’Ue e per il governo maltese. Vogliamo sapere dai vertici europei quali provvedimenti intendano prendere. Non parole, ma provvedimenti. Malta è in Europa: chiediamo come proteggono i giornalisti minacciati. Vogliamo sapere perché il responsabile della Pilatus Bank sia stato arrestato negli Usa e non a Malta. Perché Cardona frequenta criminali noti”. “Ci dobbiamo chiedere se l’appartenenza all’Unione Europea passi solo per il rapporto debito-Pil o se ci sia anche altro da considerare – aggiunge il segretario dell’Associazione Stampa Romana, Lazzaro Pappagallo – In Italia crescono le querele temerarie: 9 su 10 non producono nulla, ma sono vere e proprie aggressioni che spingono i giornalisti a smettere, a fare altro”. “L’assassinio di Daphne è un attacco alla libertà di stampa – conclude Vittorio Di Trapani, segretario Usigrai – Dobbiamo stare attenti anche a quello che è accaduto in Bulgaria alla collega Victoria Marinova. Si sminuisce dicendo che è stato stupro. Guarda caso, stava indagando sui fondi europei, come Kuciak. Forse servirebbero un Consorzio investigativo permanente e un Osservatorio legale per assistere i giornalisti, magari a livello europeo”. L’appuntamento è per il 16 ottobre a Malta, alla protesta contro censure e campagna d’odio contro la memoria di Daphne, i suoi colleghi e la famiglia. E il 2 novembre all’End of punity Day per dire stop all’impunità di chi uccide i giornalisti.
Correlati