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Roma

ODEVAINE E VENAFRO. BUFERA SUI COLLABORATORI DEI POLITICI

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Tempo di lettura 2 minutiScelti da un sistema che non premia la meritocrazia, spesso i collaboratori sono peggio dei politici che li scelgono

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di Silvio Rossi

Negli stessi giorni in cui Nicola Zingaretti si recava nell’aula consiliare della Pisana, per riferire sulle dimissioni irrevocabili del suo capo di Gabinetto, Maurizio Venafro, gesto compiuto, secondo le parole del Governatore, per tutelare la sua immagine, essendo estraneo ai fatti contestati, colui che era vice capo di Gabinetto nella giunta capitolina guidata da Veltroni, l’ormai noto Luca Odevaine, ha confessato il suo ruolo di “facilitatore” nell’inchiesta di Mafia Capitale.

Non vogliamo, in questa sede, avvicinare le due figure. Non sappiamo se il coinvolgimento di Venafro abbia o meno elementi di verità, oppure se il collaboratore di Zingaretti sia finito suo malgrado in una vicenda di cui è del tutto estraneo, solo il tempo, e le indagini, potranno restituire l’onore alla persona. Stiamo parlando inoltre di due politici che, rispetto ad altri loro colleghi, sono ritenuti tra i più onesti personalmente. Veltroni e Zingaretti non hanno subito le accuse che altri al loro posto hanno visto infangare la loro persona.
Ci chiediamo però, a questo punto, come vengono scelti i collaboratori delle figure istituzionali? Come mai, molto spesso, i responsabili “operativi” si dimostrino così poco affidabili? Com’è possibile che i responsabili di Regione o Comune non conoscano realmente chi siano le persone che li circondano?
Forse il problema è a monte. Nei circoli dei partiti, laddove i politici iniziano la propria carriera politica, ci sono attivisti che, a volte, contestano le decisioni prese dal capocorrente di turno, pongono problemi, cercano di ragionare con la propria testa, e ci sono contestualmente anche persone, spesso di spessore inferiore, che mai e poi mai contraddiranno il leader, sempre pronti ad annullare le proprie idee, o a plasmarle in modo da renderle meglio compatibili con quelle del capo.
In un’organizzazione sana, questi ultimi verrebbero guardati con sospetto, non gli si affiderebbe nulla, convinti che la loro unica prerogativa è rinnegare il rinnegabile pur di mantenere un posto di privilegio. Nei partiti invece, troppo spesso, sono proprio costoro quelli che “vanno avanti”, che seguono il personaggio di riferimento quando questi assume incarichi importanti. Non possiamo quindi meravigliarci se il politico, anche quello più onesto, sia abituato a circondarsi di personaggi meschini, che non avendo la capacità di avere altre carriere fuori dal sistema delle amicizie, lo seguono con incarichi a supporto dell’attività che questi svolge.

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