Non conclude tutti gli esami, studentessa si suicida. Marta Elisa Bevilacqua: «Perdiamo un po’ di tempo a dire ai nostri ragazzi che l’affetto, la stima, il rispetto non hanno nulla a che fare col successo»

di Marta Elisa Bevilacqua

Un’altra studentessa si è suicidata.
Di nuovo, pare che ciò che l’ha indotta a questo gesto estremo sia stato il fatto che non avesse sostenuto tutti gli esami e, quindi, non potesse, come invece aveva detto, avviare il percorso per la discussione della tesi.
Dove stiamo portando, tutti noi comunità educante, questa generazione?
Schiavi di una tecnica che non controlliamo più, abbiamo perso di vista l’ecceitas, quello che ci contraddistingue come singoli esseri umani.
Platone, in un dialogo che ha scatenato più discussioni sull’autenticità che sul contenuto, nell’Alcibiade I, immagina un confronto tra Socrate e Alcibiade, in procinto di scegliere che cosa fare di sè: un maestro, una guida, che si confronta col proprio amato, ma tracotante, pupillo.
Platone, per mezzo di Socrate, dà una propria interpretazione del motto “gnothi s’autòn”, “conosci te stesso” e sostiene, tra le altre cose, che la conoscenza di sè sia la precondizione per ogni altra conoscenza (οὐκ ἄρα πάνυ τι ὀρθῶς ὡμολογοῦμεν ὁμολογοῦντες ἄρτι εἶναί τινας οἳ ἑαυτοὺς μὲν οὐ γιγνώσκουσιν, τὰ δ᾽ αὑτῶν, ἄλλους δὲ τὰ τῶν ἑαυτῶν. ἔοικε γὰρ πάντα ταῦτα εἶναι κατιδεῖν ἑνός τε καὶ μιᾶς τέχνης, αὑτόν, τὰ αὑτοῦ, τὰ τῶν ἑαυτοῦ). La conoscenza di se stessi passa, anche, per la capacità di specchiarsi negli occhi dell’altro, infatti poco prima di questa affermazione c’è la famosa metafora dell’occhio: ὀφθαλμὸς ἄρ᾽ εἰ μέλλει ἰδεῖν αὑτόν, εἰς ὀφθαλμὸν αὐτῷ βλεπτέον, καὶ τοῦ ὄμματος εἰς ἐκεῖνον τὸν τόπον ἐν ᾧ τυγχάνει ἡ ὀφθαλμοῦ ἀρετὴ ἐγγιγνομένη: ἔστι δὲ τοῦτό που ὄψις;
Noi comunità educante dovremmo essere, per chi si sta formando, quello specchio, quella pupilla in cui specchiarsi e in cui cogliere la propria unicità.
Un’unicità che è fatta di limiti e possibilità per ognuno. Noi, comunità educante, la società nel suo complesso, vediamo come unica possibilità il progresso e il dominio della tecnica, pieghiamo questi ragazzi e queste ragazze verso standard irraggiungibili, perchè abbiamo confuso l’uguaglianza dei diritti con l’uguaglianza delle inclinazioni.
E l’ecceitas si ribella.
Che fare?
Perdiamo un po’ di tempo a dire ai nostri ragazzi che ognuno deve raggiungere il suo optimum, accettando i propri confini.
Perdiamo un po’ di tempo a dire che l’affetto, la stima, il rispetto non hanno nulla a che fare col successo.
Torniamo comunità – ognuno col proprio ruolo, ognuno ricoperto della fiducia dell’altro – pronta a far acquisire consapevolezza di sè alle persone perchè la consapevolezza di sè, forse, è, banalmente, cognizione delle proprie potenzialità e dei propri limiti.