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Roma

NEMI, VINO DI CALIGOLA: MA DE CHE

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Tempo di lettura 2 minutiVitigni che nulla hanno a che fare con la storia e le tradizioni dei Castelli Romani

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di Ivan Galea

Nemi (RM) – Lo scorso 7 Ottobre 2015 da un settimanale veniva data la notizia che a Nemi era stato riprodotto il "vino rosso che beveva Caligola". Nell'articolo i produttori affermano addirittura che "È lo stesso prodotto che realizzavano gli antichi romani in questo sito, vicino alle navi Tempio dell'Imperatore Caligola, che aveva qui il suo quartier generale e le sue vigne, la storia quindi si ripete nei nostri giorni".

A riguardo un nostro lettore, esperto di vini e viticoltura, ha inteso fare qualche osservazione che mette in discussione quanto dichiarato, citando dei dati storici, quindi oggettivi e riscontrabili ovunque, che pongono seri interrogativi sulle motivazioni che possono aver portare a dichiarare simili inesattezze, supportate poi da chi avrebbe il dovere di verificare l'esattezza delle informazioni.

Se si fosse trattato di vitigni autoctoni come il Bellone o la Malvasia del Lazio, l'affermazione "il vino che beveva Caligola" poteva trovare qualche fondamento. Non lo ha certamente trattandosi di vitigni che nulla hanno a che fare con la storia e le tradizioni dei Castelli Romani in generale ed in particolare con la valle del Lago di Nemi. 

Simili asserzioni non giovano certo al grandissimo sforzo che si sta facendo nell'intera regione per risollevare le sorti delle produzioni laziali, la cui immagine è stata danneggiata seriamente, negli ultimi cinquant'anni, da commercianti incauti.

"Ho avuto la ventura di leggere l’articolo dal titolo “Riprodotto sul lago di Nemi il vino rosso che beveva Caligola” – dichiara il nostro lettore – e posso assicurare che sono rimasto basito. Vi si afferma – prosegue l'attento lettore – che il produttore ha fatto ricerche per individuare “i vitigni originari del luogo”. Niente di più errato: il Montepulciano è originario dell’Abruzzo, da dove si è diffuso in altre regioni limitrofe ed arrivato in alcune zone dei Castelli Romani nei primi anni del novecento. Il Nero d’Avola sinonimo del vitigno calabrese (da Calea in siciliano uva e Aula in dialetto Avola, da cui Calea-Aulisi, ed infine Calaulisi italianizzato in calabrese) è un vitigno siciliano la cui coltivazione nel Lazio è stata introdotta da circa 15 anni. Come si fa, quindi, ad affermare che questi vitigni sono originari del luogo? Inoltre l’affermazione “più adatti al microclima del lago ed alla natura del suolo” fa sorgere molti dubbi su l’effettiva ambientazione dei vitigni, considerando che sembrerebbe che in dodici anni sono state prodotte solamente 4mila bottiglie di vino. O questa esigua commercializzazione è da imputare alla “inaccessibile grotta di tufo” (sic!) che di fatto impedisce l’accesso a chiunque, compreso il produttore? – l'esperto lettore conclude – Stendiamo un velo pietoso sulle inesattezze storiche “È lo stesso prodotto che realizzavano gli antichi romani in questo sito, vicino alle navi Tempio dell'Imperatore Caligola, che aveva qui il suo quartier generale e le sue vigne ….”