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Roma

NEMI, FESTA SANTI PATRONI: ECCO LA TRADIZIONALE PROCESSIONE

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Tempo di lettura 3 minuti Questa solenne e antica processione ha reso la giornata ancora più particolare, tutti insieme, senza colori politici, hanno festeggiato i Santi Patroni.

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di Ivan Galea

Nemi (RM) – La splendida Nemi addobbata con fioriere lungo il corso, tanti i cittadini che hanno partecipato alla processione di questa domenica primo maggio 2016 per festeggiare i Santi Apostoli Filippo e Giacomo, patroni del piccolo paese delle fragoline, gioiello verde incastonato nel Parco Regionale dei Castelli Romani. La banda in festa, il grande stendardo con la raffigurazione dei Santi, il sindaco di Nemi Alberto Bertucci, il comandante della Polizia Locale Gabriele Di Bella, il comandante della stazione dei Carabinieri di Nemi Dario Riccio, i consiglieri comunali, il parroco del paese  e diversi cittadini vestiti con il tradizionale costume nemese.

Questa solenne e antica processione ha reso la giornata ancora più particolare, tutti insieme, senza colori politici, hanno festeggiato i Santi Patroni. Il tempo ha retto e il sole ha fatto capolino tra le nubi che hanno risparmiato la pioggia. Una giornata di doppio festeggiamento perché il primo maggio è anche la festa dei lavoratori e Nemi è stata meta di molti visitatori e turisti che hanno goduto delle bellezze del paesaggio storico naturalistico.

Le Forze dell’Ordine hanno garantito sicurezza e ordine pubblico per l’intera giornata. Nella sua semplicità, la processione ha suscitato molte emozioni per la sua sacralità ma anche per il fatto che è la testimonianza che la tradizione viene tramandata di generazione in generazione: è stato bello vedere i cittadini di Nemi con figli e nipoti al seguito e diversi giovani sfilare per la cittadina.

I Santi Apostoli Filippo e Giacomo. Filippo Apostolo, con quel nome greco, originario della Galilea, è l’Apostolo che fa il conto di quanto costerebbe sfamare la turba che da ore segue Gesù: ”Duecento denari non bastano per dare a tutti un pezzo di pane anche piccolo” (Vangelo di Giovanni, 6,7). Ed è pure quello che, dopo l’ingresso di Gesù in Gerusalemme, gli presenta alcuni “greci” arrivati per la Pasqua ebraica (e sono “proseliti” dell’ebraismo quasi certamente di origine pagana). Di Filippo parla soltanto il Vangelo di Giovanni, riferendo le sue parole a Gesù nell’ultima Cena: “Signore, mostraci il Padre, ci basta”. E Gesù, dapprima, fa una considerazione malinconica: “Sono con voi da tanto tempo, e ancora non mi hai conosciuto, Filippo?” E aggiunge poi, rivolto a tutti: “Chi ha visto me, ha visto il Padre”. L’ultimo cenno a Filippo si trova poi negli Atti degli Apostoli al primo capitolo, che parla dell’elezione di Mattia al posto del traditore Giuda. Giacomo, figlio di Alfeo, viene chiamato “il Minore” per distinguerlo dall’altro Giacomo detto il “Maggiore”, venerato da tanti secoli col nome di Santiago nel notissimo santuario di Compostela in Spagna. Giacomo “minore” è noto anche come ”il Giusto”, per l’integrità della sua vita. Incontra Saulo-Paolo, già duro persecutore dei cristiani, poi convertito: e lo accoglie con amicizia insieme a Pietro e a Giovanni. Poi, al “concilio di Gerusalemme”, invita a “non importunare” quelli che si sono fatti seguaci di Gesù provenienti dal paganesimo; non costringerli cioè a seguire tante regole tradizionali dall’ebraismo. Questo Giacomo, dopo la morte del suo omonimo detto “il maggiore” nell’anno 42 e la partenza di Pietro, diviene il capo della comunità cristiana di Gerusalemme. E’ autore della prima tra le “lettere cattoliche” del Nuovo Testamento, che si rivolge “alle dodici tribù disperse nel mondo”, ossia ai cristiani di origine ebraica che vivono fuori dalla Palestina: un documento noto per la forte insistenza sul dovere di accompagnare la fede con le opere: “Come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta”. Giacomo, secondo lo storico Eusebio di Cesarea, viene ucciso nell’anno 63 a Gerusalemme durante una sollevazione popolare, istigata dal sommo sacerdote Hanan, che per quel delitto sarà poi destituito.
 

Costume e Società

Il magico Maestro della Pizza a Fregene: un tributo di Francesco Tagliente a un pizzaiolo straordinario

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Il Prefetto Francesco Tagliente ha recentemente condiviso sulla sua pagina Facebook una commovente testimonianza, raccontando l’incredibile esperienza culinaria vissuta al ristorante Back Flip Da Moisè di Fregene. Questo racconto non è solo un omaggio a una pizza straordinaria, ma anche un tributo a Michelangelo, il pizzaiolo settantaquattrenne la cui dedizione e passione hanno trasformato un semplice piatto in un’opera d’arte.

Seduto al ristorante con sua moglie Maria Teresa, Tagliente ha descritto la pizza come “la migliore che abbia mangiato negli ultimi cinquant’anni”. Tuttavia, ciò che ha reso questa esperienza davvero speciale è stata la scoperta della storia dell’uomo dietro la pizza. Michelangelo, un ex contadino che si sveglia ogni mattina all’alba per curare il suo orto, dedica le prime ore del giorno alla coltivazione delle piante e alla cura della famiglia. Solo dopo queste attività, si prepara per andare al ristorante e mettere tutto se stesso nella preparazione della pizza.

L’Arte di Michelangelo: Tradizione e Passione

Michelangelo non è solo un pizzaiolo, ma un vero e proprio maestro dell’arte culinaria. La sua vita semplice e laboriosa, fatta di dedizione e umiltà, è un esempio di come l’amore per il proprio lavoro possa trasformare un piatto comune in un’esperienza indimenticabile. La sua capacità di fondere la tradizione contadina con la sapienza artigianale nella preparazione della pizza è un’arte rara e preziosa.

Tagliente ha scritto: “La dedizione e l’umiltà di quest’uomo, che dalla vita contadina riesce a creare una delle migliori pizze che abbia mai assaggiato, mi hanno colpito profondamente. Il suo nome rimane anonimo, ma la sua storia di passione e impegno è qualcosa che merita di essere raccontata.”

L’Umanità di Francesco Tagliente

Il racconto del Prefetto Tagliente non solo mette in luce le straordinarie qualità culinarie di Michelangelo, ma riflette anche le qualità umane dello stesso Tagliente. Conosciuto per la sua sensibilità e il suo impegno sociale, Tagliente ha sempre dimostrato un profondo rispetto per le storie di vita quotidiana e per le persone che con il loro lavoro contribuiscono a rendere speciale ogni momento.

La sua capacità di cogliere e apprezzare la bellezza nascosta nei gesti quotidiani e nelle storie semplici rivela un’anima attenta e sensibile, sempre pronta a riconoscere il valore degli altri. Il tributo a Michelangelo è un’ulteriore testimonianza della sua umanità e del suo desiderio di dare voce a chi, con passione e dedizione, arricchisce la vita di chi lo circonda.

Un Esempio di Vita

La storia di Michelangelo, come raccontata da Tagliente, è un potente promemoria di come la passione e l’impegno possano elevare il lavoro quotidiano a forme d’arte. “La sua pizza è un capolavoro che continuerà a risuonare nei miei ricordi, così come la sua storia di dedizione e umiltà,” ha scritto Tagliente, riconoscendo il valore di un uomo che, nonostante l’età e la fatica, continua a regalare momenti di gioia e piacere attraverso la sua cucina.

Questo tributo non è solo un omaggio a un pizzaiolo straordinario, ma anche un invito a riflettere sull’importanza del lavoro fatto con passione e amore. Grazie, Michelangelo, per averci mostrato che dietro ogni grande piatto c’è una grande storia, fatta di lavoro, passione e amore per la semplicità. E grazie, Francesco Tagliente, per aver condiviso con noi questa storia ispiratrice, ricordandoci di apprezzare le piccole grandi cose della vita.

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Roma

Roma, maxi-rissa metro Barberini. Riccardi (Udc): “Occorrono misure decisive”

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Dopo l’ennesima maxi-rissa tra bande di borseggiatori che ha portato alla chiusura della stazione metro di piazza Barberini provocando, tra l’altro panico e paura tra i cittadini romani ed i tanti turisti presenti in città, la politica della Capitale non tarda a far sentire la sua voce.
“Questa ennesima manifestazione di violenza e illegalità non può più essere tollerata. Richiamo con forza il Governo ad un intervento deciso e definitivo. È inaccettabile che i borseggiatori, anche se catturati, possano tornare ad operare impuniti a causa di leggi troppo permissive, che li rimettono in libertà quasi immediatamente.
L’Italia è diventata lo zimbello del mondo a causa di questa situazione insostenibile.
È necessario adottare misure più severe e immediate per garantire la sicurezza dei cittadini e dei turisti. Proponiamo una revisione delle leggi esistenti per introdurre pene più dure e certe per i borseggiatori, rafforzare la presenza delle forze dell’ordine nei punti critici della città e migliorare la sorveglianza con l’uso di tecnologie avanzate”
.

il commissario romano UdC, Roberto Riccardi

A dichiararlo con decisione è Roberto Riccardi, commissario romano dell’UdC.
Da sempre attento ai problemi sulla sicurezza Riccardi fa notare con estrema chiarezza che tali situazioni non fanno altro che portare un’immagine della capitale sempre meno sicura agli occhi dei molti turisti che sono, per la capitale, una fonte di ricchezza economica oltre che di prestigio.
La fermata della Metro A Barberini a Roma è stata teatro di una maxi-rissa tra bande di borseggiatori sudamericani, che ha richiesto l’intervento delle forze dell’ordine e il blocco della stazione per circa 40 minuti. La violenza è scoppiata a seguito di una serie di furti e scippi ai danni dei passeggeri.
Riccardi ha poi concluso: “Non possiamo permettere che episodi come quello avvenuto alla Metro Barberini si ripetano. È ora di passare dalle parole ai fatti, con azioni concrete che ripristinino l’ordine e la sicurezza nelle nostre città. I cittadini hanno il diritto di vivere in un Paese sicuro e il dovere del Governo è garantirlo”.
Molti cittadini ci scrivono ogni giorno preoccupati da questa escalation di violenza e di insicurezza ma soprattutto preoccupati per la poca attenzione che il governo cittadino e quello nazionale stanno avendo nei riguardi di questa situazione ormai alla deriva.

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Cronaca

Roma, metro Barberini: una rissa provoca la chiusura della stazione

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Tragiche le notizie che arrivano in un torrido sabato sera romano.
La stazione metro Barberini viene chiusa per questioni di sicurezza.
All’origine del fatto, avvenuto tra le 19 e le 19,30 una rissa tra nord africani e sudamericani con almeno 15 persone coinvolte. Molti passeggeri spaventati dalla situazione si sono rifugiati nella cabina del conducente fino all’arrivo delle forze di polizia allertate dalla centrale di sicurezza di Atac Metro.
Per ora sono ancora tutti da decifrare i motivi che hanno portato a ciò.

Un’estate romana che sta diventando ogni giorno più bollente.

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