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Redazione
Roma –
Era sfuggito all’esecuzione di una misura restrittiva della libertà personale lo scorso 9 gennaio quando, nell’ambito dell’operazione “Fiore Calabro” coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, erano stati arrestati Placido Scriva e Domenico Morabito. I poliziotti che bussarono alla sua porta non lo trovarono in casa. La sua latitanza è però durata meno di venti giorni: la Polizia di Stato ha arrestato il quarantasettenne Domenico Antonio Mollica, il terzo nella lista del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma a dover finire in carcere per i reati di intestazione fittizia di beni aggravata dal metodo mafioso, commessi per favorire l’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta operante in Calabria e a Roma per il controllo delle attività illecite sul territorio.
In realtà, anche alle prime ore di stamani, quando gli Agenti della Squadra Mobile di Roma hanno bussato all’uscio di casa e la moglie ha aperto la porta, di Mollica nessuna traccia. Convinti della sua presenza nell’abitazione, però, i poliziotti hanno chiesto la collaborazione dei Vigili del Fuoco, per esplorare eventuali intercapedini. Particolarmente interessante è parso subito il sottotetto dell’appartamento, una palazzina terra cielo nel comune dell’alta provincia di Roma. L’assenza di visibili vie di accesso a quell’area, ma la contestuale presenza di prese d’aria esterne, hanno indotto gli operanti ad abbattere il solaio; al secondo colpo di mazza, dalla soffitta si è sentita una voce dire “Scendo, scendo”; l’accesso al sottotetto era abilmente camuffato all’interno di un armadio a muro, il cui pannello superiore scorrevole ha rivelato l’esistenza di una botola dalla quale il ricercato, calandosi da una corda strumentalmente attaccata all’architrave del tetto, è uscito. Il sottotetto ha rivelato la presenza di un locale, scaldato dalla canna fumaria, dove era presente un giaciglio, acqua, documenti e un santino ritraente la Madonna di Polsi.
La presenza di un bunker nel territorio romano è una novità e rappresenta un ulteriore elemento che depone per le conclusioni che il G.I.P. ha tratto all’esito delle indagini della Squadra Mobile e della Direzione Distrettuale Antimafia romane.
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