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ROMA – Su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma, la Direzione Investigativa Antimafia – con il supporto di personale delle Questure e dei Comandi Provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza di Roma, Cosenza ed Agrigento – nella mattinata di oggi ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Roma nei confronti di 26 persone (24 in carcere e 2 agli arresti domiciliari) gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione mafiosa, sequestro di persona, fittizia intestazione di beni e altro.
Più in particolare, l’attività di indagine, condotta dalla Direzione Investigativa Antimafia – Centro operativo di Roma con il coordinamento della DDA della Procura di Roma, compendia le recenti evidenze connesse alle investigazioni che avevano determinato l’esecuzione, il 10 maggio scorso, di 43 misure cautelati essendo stati raccolti elementi gravemente indiziati in ordine alla esistenza, nell’ambito della associazione di tipo mafioso unitaria denominata ‘ndrangheta- operante sul territorio della provincia di Reggio Calabria e delle altre province calabresi, sul territorio di diverse altre regioni italiane (Lazio, Lombardia, Emilia, Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta) e sul territorio estero (Svizzera, Germania, Canada, Australia), costituita da molte decine di locali e con organo collegiale di vertice denominato “la Provincia”- di una articolazione operante sul territorio dei comune di Roma [denominata locale di Roma, “distaccamento” o “propaggine” dal locale di Cosoleto (RC), ma composto anche da soggetti appartenenti a famiglie di ‘ndrangheta originarie di Sinopoli (RC) e di altri comuni calabresi oltre che da alcuni soggetti romani], avvalendosi della forza di intimidazione che scaturisce dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà che si creavano nel citato territorio, avendo come scopo quello:
Gravemente indiziati di essere i capi di tale struttura criminale erano risultati CARZO Antonio e ALVARO Vincenzo, entrambi appartenenti a storiche famiglie di ‘ndrangheta originarie di Cosoleto (RC).
Nella precedente ordinanza- essendo medio tempore stata confermata dal Tribunale del riesame la configurabilità del reato di associazione di tipo mafioso – si era rilevata la vocazione imprenditoriale della struttura criminale mediante il sistematico ricorso all’intestazione fittizia di valori, realizzando il controllo di aziende, ditte individuali e società nei diversi settori, tra gli altri, della panificazione, della gastronomia, della ristorazione, dell’intrattenimento e del gioco scommesse autorizzato (tabaccherie, sale giochi, centri autorizzati di ricariche carte e di vendita di tagliandi e giochi controllati dall’Agenzia dei monopoli di Stato), di vendita e noleggio di auto.
L’attuale provvedimento cautelare, a conclusione dell’ulteriore approfondimento investigativo realizzato dall’ottobre 2021, compendia e completa nel dettaglio quanto già emerso in occasione dei sequestri, operati in parallelo al precedente provvedimento, delle 25 società per un valore totale di circa 100 milioni di euro.
L’attività di indagine compiuta nell’ambito del presente procedimento ha consentito infatti di ricostruire, in termini di gravità indiziaria, la applicazione sistematica di uno schema collaudato, di un modello finanziario “ciclico”, tipizzato nel seguente schema: abbandono della società ritenuta compromessa; utilizzo di una società nuova; acquisizione della ditta e dei contratti di locazione con la distrazione di beni, stigliature, insegne e avviamento dell’azienda appartenente alla società da abbandonare; individuazione dei nuovi intestatari fittizi attraverso i quali continuare a possedere le attività commerciali e mantenere il controllo delle stesse. L’attività di indagine compiuta nell’ambito del presente procedimento ha consentito infatti di ricostruire, in termini di gravità indiziaria, come i vertici e i componenti della locale di Roma, acquisiti gli esercizi aziendali, ne acquisissero di frequente anche gli immobili, versando, all’atto dell’acquisto, un anticipo spesso insignificante diluendolo, poi, in centinaia di rate, garantite da cambiali che, secondo le intercettazioni, erano in realtà pagate in contanti; ovvero ricorressero ad operazioni di ricarica di carte postepay, fittiziamente intestate a terzi, effettuate presso i terminali delle tabaccherie sotto il loro controllo, utilizzando lo scoperto garantito da SISAL che successivamente veniva reintegrato con versamenti contanti.
L’attività di indagine è stata svolta dalla Direzione Investigativa Antimafia con il supporto della rete @ON finanziata dall’Unione Europea, e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.