NAPOLI, VIRUS EBOLA: ECCO COME SI PRESENTA LA CITTÀ DINANZI AI POSSIBILI CONTAGI. INTERVISTA AL DOTTOR COPPOLA, DIRETTORE SANITARIO DEL DIPARTIMENTO DI EMERGENZA DELL'OSPEDALE CARDARELLI..

Di Christian Montagna.

In un momento in cui tutto il globo è in fermento per il nuovo killer che porta il nome di Ebola, a Napoli, il problema sembra non interessare. Nessuna psicosi nelle scuole, nessuna precauzione nei luoghi pubblici. Niente di niente. Il virus che ha già mietuto vittime in altri paesi, continua a colpire. L'infezione da Ebola che porta a sviluppare febbre emorragica, si presenta con diverse sintomatologie: febbre alta, faringite, cefalea, nausea e vertigini e, in stato di avanzamento, causa sintomi ancora più gravi quali diarrea, feci scure o sanguinolente, vomito e occhi rossi e dilatati. Tra gli esseri umani, il virus viene trasmesso attraverso il contatto diretto con i fluidi corporei infetti come il sudore ad esempio. Il periodo di incubazione può variare di caso in caso e può arrivare anche ai venti giorni. In Costa d'Avorio, Congo e Gabon sono stati documentati i primi casi di infezione. Ma siamo sicuri che la gente sappia tutto ciò? Nei bar, al supermercato e nelle piazze, questa signora chiamata Ebola, ai napoletani è proprio sconosciuta. Eppure è il fenomeno mediatico del momento. Nonostante le 47031 presenze straniere del 2014 rilevate dai sondaggi Istat, nessuno ha ancora manifestato sospetti. A Fiumicino ad esempio è accaduto che alcune mamme, insospettite e spaventate dalla presenza di una bimba nella classe dei loro figli che da poco era stata in Africa, hanno scatenato la protesta. E a Napoli? Come si sono organizzati gli ospedali per eventuali casi sospetti? Chi ha informato i medici di base? L'informazione dei medici di base ad esempio è fondamentale perché qualora dovesse esserci un caso sospetto, sarebbero i primi ad entrarvi in contatto. L'unico caso, per fortuna un falso allarme, era stato registrato all'Ospedale Cotugno di Napoli. A scatenarlo fu il trasferimento di un bambino di tre anni di origini nigeriane dall'Ospedale Santobono al Cotugno, specializzato proprio nelle malattie infettive. Per fortuna però le analisi dei sanitari accertarono che non si trattò di Ebola bensì di malaria. Come si presentò il Cotugno in quel momento all'emergenza? A detta dei sanitari, le regole imposte dal protocollo del Ministero della Salute furono rispettate a pieno e non ci furono problemi riguardo l'organizzazione della struttura nella messa in sicurezza degli altri pazienti e dei sanitari.

INTERVISTA AL DOTTOR CIRO COPPOLA, DIRETTORE SANITARIO DEL DIPARTIMENTO DI EMERGENZA DELL'OSPEDALE CARDARELLI DI NAPOLI
In un'intervista telefonica, ai microfoni dell'Osservatore d'Italia, parla il dottor Ciro Coppola riguardo le precauzioni prese dall'ospedale in merito ai sospetti casi di Ebola.
Il dottore ci comunica che all'interno dell'area di pronto soccorso dell'ospedale, è stato allestito un box in cui il caso clinico sospetto viene allontanato dagli altri e attende la visita dell'infettivologo. Una volta accertato il contagio, il paziente viene trasferito al centro di riferimento regionale che in Campania è l'ospedale Cotugno. A sua volta da li, si predispone il trasferimento allo Spallanzani di Roma, unico ospedale dotato della diagnostica per gestire la malattia al Sud Italia oppure al Sacco di Milano per il Nord Italia. Secondo quanto predisposto dal protocollo del Ministero della Salute, l'ospedale è fornito dei dispositivi individuali di protezione ma non è predisposto alla cura di tale virus.