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Redazione
Napoli – Le attività di spaccio nel rione Conocal di Ponticelli a Napoli avvenivano sotto gli occhi di tutti, ma soprattutto sotto gli occhi dei bambini. I carabinieri del comando provinciale di Napoli hanno ripreso tutte le scene grazie a una microtelecamera piazzata proprio davanti alle basi dove i pusher della camorra agivano. E' stato questo l'asso nella manica della Dda di Napoli, coordinata da Filippo Beatrice e dal procuratore capo Giovanni Colangelo, che ha permesso la richiesta al gip dell'emissione di una maxiordinanza di custodia cautelare contro il clan D'Amico. Una cosca che dopo l'arresto dei capi e' stata retta quasi esclusivamente dalle donne che spacciavano, prendevano decisioni e ordinavano omicidi. Ottantanove i provvedimenti restrittivi, 75 dei quali in carcere e 14 ai domiciliari, uno dei quali per un medico arrestato per un falso certificato prodotto per la moglie di un boss. Le indagini riguardano gli ultimi due anni e hanno preso il via dopo la disarticolazione del vecchio clan Sarno e il pentimento di tutti i capi che hanno raccontato a chi fosse passata l'eredita' criminale della cosca. Inizialmente c'erano i fratelli Antonio e Giuseppe D'Amico, affiancati dai cognati Ciro Perrella e Salvatore Ercolani, scettro passato poi a Nunziata D'Amico, ammazzata in un agguato di camorra, e ad Anna Scarallo, moglie di Antonio. Ci sono conversazioni ambientali nelle quali proprio la D'Amico commenta di agguati che erano stati compiuti dai nemici del clan De Micco al Conocal e dell'acquisto di armi che in alcune occasione erano addirittura maneggiate dai bambini. "Un bimbo che dalla piu' tenera eta' e' inserito in questi contesti criminali percepisce quella realta' come normalita', non basta solo l'azione dello Stato occorre prevenire e soprattutto colmare il vuoto che gli arresti hanno creato", dice Colangelo. "Da quegli stessi ambienti a rischio molte famiglie oneste riescono a proteggere i propri figli – continua – e' da li' che arrivano tanti carabinieri, poliziotti o finanzieri. Un'alternativa c'e'". Il generale dei carabinieri Antonio De Vita sottolinea come l'affare delle droga produca milioni di euro per i clan: "Comprare droga e' dare linfa alle cosche ma alle persone perbene io dico: ribellativi".
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