Napoli: Banksy la Street Art e il giallo sulla sua identità

NAPOLI – Quando frequentavo l’Accademia di Belle Arti di Napoli capitava spesso fra una lezione e l’altra di passeggiare tra i vicoli, restavo incantata dalle bancarelle di qualsiasi etnìa, dai numerosi artisti di strada che fanno da cornice, dalle mille bellezze della città, dai mille colori come disse Pino Daniele, è incredibile la creatività dei napoletani e l’energia che può trasmettere questa città. Andy Worhol venne negli anni ottanta e dedicò a Napoli e il Vesuvio un filone di opere che vennero messi in mostra dal gallerista Lucio Amelio al Museo di Capodimonte dal nome “Vesuvius”, lo si vedeva spesso camminare a via Costantinopoli, comprava i colori per i suoi lavori ai negozi storici che vendono materiali per belle arti. Leopardi vi trascorse gli ultimi anni di vita, la tomba si trova nel Parco di Virgilio a Fuorigrotta ed è fra le prime mete dei turisti. Napoli è la città del grande Totò, Eduardo de Filippo, Renato Carosone, Sophia Loren, Massimo Troisi e anche San Gennaro che spesso sono i soggetti preferiti dei writer provenienti da tutto il mondo per le loro opere sui muri. Passeggiare per il centro storico significa passeggiare tra un passato sempre presente e un futuro ben accetto, è una città cosmopolita; all’imbrunire quando si accendono le luci si viene proiettati in una città internazionale dove la movida dei locali di tendenza fa da padrona. Napoli è come una ragazza bellissima che la mattina studia e la sera va a ballare, contesa da molti uomini, ma fedele solo a se stessa.
Bansky è il massimo esponente della Street Art chiamata anche Guerilla Art, restò anche lui abbagliato dai colori dalla città partenopea, firmò alcuni dei suoi murales a Napoli, la scelse meta come la Cisgiordania, New York, Londra ecc..; uno dei murales era un’interpretazione dell’estasi della Beata Ludovica Albertini del Bernini, reggeva in mano delle patatine e un panino simbolo del consumismo, ma nel 2010 venne cancellato da un altro writer, l’altro murales è sopravvissuto ed è custodito da una teca a via Gerolomini, vicino al famoso ospedale delle bambole ed è chiamata “La vergine di Bansky”, la teca è stata comprata da una pizzeria. Sono molte le leggende su questo artista, sono state fatte parecchie ipotesi addirittura che le case d’aste newyorchesi fossero al corrente nei suoi “interventi” e che lo aiutassero per creare un’aurea intorno all’artista e alle sue opere perché Bansky è quotato a cifre vertiginose. Fra le tante ipotesi c’è quella che dice che si trattasse di un team, l’ipotesi non è azzardata perché sono murales dipinti a bombolette spray e vengono usati gli stensil o mascherine, tecnicamente non bastano due mani, oppure un’altra ipotesi che Bansky fosse una donna e a si sono fatti molti nomi. La settimana scorsa è apparsa su tutti i media la notizia che Bansky è il vocalist dei Massiv Attack ed è Robert del Naja chiamato anche 3D, la causa è di una gaffe del suo amico DJ Goldie durante un’intervista; nel 2003 si pensava ad un certo Robin Gunningham ex alunno della Queen Mary University di Londra. Le ipotesi sono tante e resta che Bansky fa parte di quella categoria di artisti che mettono a disposizione il proprio talento per il mondo, per protestare quando le cose vanno a rotoli, le sue opere sono a sfondo satirico e riguardano la politica, la cultura e l’etica, personalmente credo che si tratta di un’artista vero e non di un mercenario.