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Editoriali

MUSICA LEGGERA, CLASSICA E JAZZ: CHE RICORDI AVRANNO LE FUTURE GENERAZIONI?

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Tempo di lettura 2 minuti La canzone , deve essere un giusto connubio, fra musica e parole, ma, sono le note poi, che rimarranno nel tempo, traccia incancellabile di una riuscita melodia.

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L’opinione di Mario Torosantucci

Mi ritornano alla mente, spesso, flash di momenti passati. Alcuni, belli, piacevoli, simpatici, commoventi, divertenti, ed altri,  tristi, a volte drammatici, ma tutti legati da una colonna sonora. La musica, sia essa leggera, classica, jazz, è quell’ arte che ci lega costantemente a tutti gli attimi della nostra vita. Inconsapevolmente, spesso, riaffiorano delle immagini, istantanee vissute, ed immediatamente, torna all’ orecchio una melodia, profondamente legata alle stesse. Come è bello e piacevole, sentire riecheggiare quelle note, testimoni di momenti indimenticabili, e, timbri indelebili della nostra storia.

La mia personale riflessione, è immaginare, i ricordi che avranno le nostre future generazioni. Penso, che la prima difficoltà, sarà rappresentata, dal ronzio che avranno nell’ orecchio, visto il martellamento continuo e negli anni, provocato dagli altissimi volumi, dovuti non solo ai molti decibel subiti con la musica, ma anche alla miriade di rumori, che il caos della vita odierna ci infonde. La seconda difficoltà, invece, probabilmente sarà dettata dalla mancanza di melodie da ricordare, perché le stesse saranno sostituite da ritmi assordanti, degrado artistico musicale dei nostri attuali tempi.

Perchè, non sentiamo più delle belle melodie, accontentandoci, di qualche decente frase musicale ? Perchè, ci concentriamo soltanto sulle parole, trascurando la bellezza della musica ? Non è forse quest' ultima, quella che potrà far ricordare, il pezzo negli anni futuri ? Non c' è forse nei giovani, il lavaggio del cervello, propinandogli prodotti obbligati ? Il Dio Denaro, il consumismo che riesce a distruggere tutto ciò che è arte e cultura. Si viene considerati, vecchi e retrogadi, se ci si oppone alla corrente tumultuosa, che trascina via ogni cosa.

Sì, sono vecchio e retrogado, ma voglio puntare i piedi con fermezza, lottare nel mio piccolo,  contro tutte le cosidette mode forvianti, continuare a camminare su quella strada per la quale ho studiato, pur con tutte le variazioni che la vita giornalmente ci propinerà, e che giornalmente ci cambierà. Il mio, è un accorato appello, a non far parte di quel gregge guidato su un' unica via, e marionettato, come un teatrino di personaggi legnosi. Ribelliamoci, a tutto ciò, che con ambiguità, ci vuole condurre per mano, annientando le nostre intelligenze, e, con acuta astuzia, ci incanala nei percorsi, da loro predisposti e stabiliti. Perchè non usiamo più, le nostre teste pensanti, per produrre creazioni nuove, soggettive, futuristiche  e dare sfogo all' originalità che ognuno di noi può avere? Gli Italiani, non sono forse famosi nel mondo, per la loro creatività? Non posso credere, che la nostra cultura musicale, non possa evolversi, senza trascurare il nostro DNA. Tutti i generi, devono essere apprezzati, se, artisticamente validi. Su questo, siamo tutti convinti, ma non lasciamoci influenzare, e poi produrre opere, che sono soltanto delle pessime imitazioni.

Quindi, originalità italiana. La canzone , deve essere un giusto connubio, fra musica e parole, ma, sono le note poi, che rimarranno nel tempo, traccia incancellabile di una riuscita melodia. Ovviamente questo discorso è generalizzato, provocatorio, e spero sia di sprone, a far sì, che si rifletta seriamente su questo argomento.
Cari saluti a tutti.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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