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MOSTRO DI FIRENZE: SI RIAPRE IL CASO. DUBBI SULLA PISTA DEGLI INQUIRENTI

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Tempo di lettura 9 minuti i documenti inediti che L’Osservatore D’Italia ha pubblicato sul delitto dell’85 e che smontano totalmente la verità processuale.

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di Angelo Barraco
 
Firenze – La storia del Mostro di Firenze è un terreno difficile da percorrere poiché spesso vi sono anni di silenzio che sembrano interminabili e poi all’improvviso saltano fuori novità. Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo deciso tempo fa di prendere in mano il caso e studiarlo, analizzarlo e abbiamo pubblicato un documento inedito che riguarda il delitto avvenuto a Scopeti nell’85, in cui hanno perso la vita Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot.
 
Le novità che abbiamo pubblicato a riguardo cambiano i connotati storici della vicenda e dei suoi protagonisti poiché forniscono dettagli certamente non trascurabili che dimostrano oggettivamente che il delitto sarebbe avvenuto nella notte tra il 6 e il 7 settembre del 1985 e non dell’8. Questi documenti li ha voluti condividere con noi il celebre documentarista Paolo Cochi, che si è avvalso di interviste fatto al Dr. Antonio Osculati, che è uno specialista in medicina legale dell’Università di Varese; il Prof. Giovanni Marello –istituto di medicina legale di Firenze, la Dr.ssa. Simonetta Lambiase – entomologa forense – biologa dell’Università di Pavia, il Dr. Sandro Federico – Capo della SAM, Squadra mobile di Firenze dal 1984 al 1989. Ma su questi punti torneremo a breve, analizziamo ora le novità emerse in questi giorni. 
 
Le novità. L’inchiesta del mostro di Firenze ricomincia, ricominciano le indagini, ricomincia tutto. Le indagini si concentrano su Rolf Reinecke, un tedesco morto nel 1996. L’uomo era già entrato nell’inchiesta sui delitti del Mostro di Firenze, ovvero quando avvenne il 9 settembre del 1983, a Giogoli, l’omicidio dei due tedeschi, Jens-Uwe Rüsch e Horst Wilhelm Meyer. Un delitto atipico rispetto agli altri poiché non avvenne l’asportazione del pube e anche perché si trattava di due uomini. Secondo quando si apprende, nei mesi scorsi è giunta in Procura una segnalazione anonima che si riferiva ai delitti compiuti tra il 68 e l’85. La Procura ha accertato la verifica ai Carabinieri dei Ros ed è coordinata dal pm Paolo Canessa, attuale procuratore di Pistoia e delegato ad indagare ancora sui delitti del mostro di Firenze. Rolf Reinecke era un imprenditore tedesco morto nel 1996 all’età di 59 anni e che viveva e lavorava a Vaiano. La macchina investigativa si è mossa e sono stati ascoltati amici ed ex dipendenti dell’uomo a Briglia. Le indagini dell’epoca hanno fatto emergere che l’uomo abitava a Giogoli, presso il comune di Scandicci, nelle vicinanze al luogo in cui furono uccisi i due tedeschi. E’ emerso che l’uomo possedeva una pistola calibro 22. Alla Briglia ha vissuto Salvatore Vinci dal 1963 al 1970. Salvatore Vinci è entrato nell’inchiesta del mostro di Firenze ed è stato sospettato di essere l’autore dei delitti. Quindi ritorna la pista Sarda.
 
La domanda sorge spontanea. perché indagare su questa nuova pista, quando vi sono elementi oggettivi che potrebbero condurre le indagini da tutt’altra parte? Gli inquirenti hanno in mano elementi oggettivi per poter investigare su quest’uomo? Eppure vi sono elementi oggettivi anche per poter investigare e ripartire dall’omicidio dell’85, elementi che smontano totalmente la verità processuale e aprono spiragli investigativi nuovi. Perché non partire da lì? 
 
L’Osservatore D’Italia vi propone un’esclusiva analisi sul Mostro di Firenze redatto dalla Dott.essa Rossana Putignano, Psicologa- Psicoterapeuta Psicoanalitica, la quale, sposando la tesi del killer solitario e del trauma evolutivo, traccia indirettamente un profilo del Mostro. 
 
Nel 1989 lo stato italiano chiedeva una collaborazione all’FBI Academy di Quantico in Virginia, la quale stilava una analisi sulla base del materiale, fornito in merito ai duplici omicidi attribuiti al c.d. “Mostro di Firenze”.  Scrive: “ il vostro aggressore deve essere quasi sicuramente un uomo bianco di origine italiana nativo dell’area. Deve aver avuto circa 25-30 anni quando iniziò questa serie di aggressioni nel 1968. Questo dovrebbe far pensare che sia intorno ai 45- 50 anni  (ndr. oggi dovrebbe avere all’incirca 71 – 76 aa.).Sarebbe da notare che il vostro aggressore debba avere una lunga storia criminale con periodi trascorsi in istituti o in carceri,m ma potrebbe essere molto più vecchio dell’età su indicata. Ha molta confidenza con scene del crim9ine e con l’area di Firenze in generale. Si sente a suo agio li e deve aver dei legami abbastanza stretti con quell’area. Ciò è evidenziato dalla lunghezza delle sue assenze, ma con successivo ritorni in quell’area in due occasioni,. Sembra essere nativo dell’area e potrebbe avere membri della sua famiglia che risiedono ivi” .Questo profilo tiene in considerazione anche l’omicidio del 1968 in cui persero la vita Barbara Locci e Antonio Lo Bianco, il suo amante. Precisiamo che anche se il delitto del ’68 fu attribuito al Mostro, a livello processuale, dobbiamo considerare i delitti del mostro dal 1974 in poi, poiché per il delitto del ’68 fu processato e condannato Stefano Mele, marito della Locci.

 Quella sera, fu risparmiato solo Natalino, figlio della Locci, addormentatosi  sul sedile posteriore dell’auto. del 1968. Escludendo Natalino, incompatibile per età, se proviamo a immaginare l’omicidio del ’68 come la  “scena madre” a cui avrebbe assistito un soggetto in età evolutiva, orientativamente tra i 5 e i 10 anni, ovvero se immaginiamo che quell’omicidio avesse dato l’imprinting  a un soggetto che nel 1974 ha uccidere a seguito di un forte stress psicologico, oggi il mostro potrebbe avere all’incirca 54-57 anni. Per quanto concerne la fine dei delitti e eventuale cambio di MO, devo però lanciare la palla ai criminologi e agli esperti nel settore. 
La  “tesi del trauma”  sembra andare di pari passo con quella del killer solitario, il “ LUSTMURDER”,inteso come 
“soggetto che agiva scegliendo i luoghi e le situazioni ma non le vittime, che gli erano in genere sconosciute, sotto la spinta di un impulso sessuale abnorme nel quale confluivano cariche aggressive profonde, sessualizzate (sadismo sessuale) ed un desiderio sessuale  (ad orientamento quasi sempre eterosessuale) che in genere non trovava altre vie di appagamento se non quelle dell’azione sadica e delle fantasie sadiche masturbatorie, nell’ambito delle quali spesso si esauriva la sessualità exstradelittuosa”

Per contro, la tesi del killer solitario contraddice quella dei “compagni di merende” (ndr. Vanni,Pacciani e Lotti)  visti come esecutori materiali dei delitti ordinati dal “secondo livello”; seguendo l’ipotesi del “trauma evolutivo”, il nostro lustmurder potrebbe essere un soggetto che ha assistito, in età infantile, al delitto del 1968 oppure ha vissuto in un ambiente promiscuo sessualmente e violento allo stesso tempo. A mio avviso, il trauma potrebbe essere stato gestito attraverso una coazione a  ripetere della scena – attraverso il rituale maniacale – però, con l’inversione dei ruoli: il killer può, così, sperimentare il trauma, questa volta,  non più passivamente come vittima indifesa, bensì attivamente come carnefice. Non dimentichiamoci il ruolo occupato dalla fantasia: 
“ nella maggior parte degli assassini seriali, e in particolare in quelli sadici, le fantasie sono strettamente collegate al sesso e alla violenza, e hanno una fortissima valenza sessuale e rappresentano il motore scatenante dell’omicidio” (Mastronardi, 2005) .  
 
A un certo punto le fantasie irrompono e l’assassino necessita di ottenere la sua vendetta anche nel mondo esterno. Dopo l’omicidio, subentra una fase in cui ilo sk si sente appagato e questo periodo è di durata variabile e può coincidere, nella fattispecie del Mostro, alle “pause” tra un duplice omicidio e l’altro. A mio avviso, è errato ipotizzare che il Mostro abbia avuto una relazione sentimentale in queste pause, anche perché a livello psicopatologico sarebbe impossibile, inoltre era un iposessuale, con difficoltà nella consumazione di veri e propri rapporti sessuali. 
Secondo Mastronardi (2005) la possibilità che si possa reiterare il comportamento violento dipende dal grado di incidenza di alcuni fattori come:
 
-esperienze durante il primo omicidio (attrazione, repulsione, angoscia, soddisfazione) attraverso meccanismi di apprendimento S-R (stimolo- risposta)
-capacità o meno di un singolo omicidio di soddisfare il senso di inadeguatezza /frustrazione o il bisogno di controllo del soggetto
-rielaborazione di emozioni vissute durante l’omicidio dopo un certo periodo (a freddo)
-stimolazione proveniente dall’amplificazione da parte dei media della figura dell’assassino
-ulteriori stimolazioni frustranti provenienti dall’ambiente sociale dell’assassino
Il  modello del trauma che più si avvicina alla mia idea, è il “Modello di origine traumatica del comportamento omicidiario seriale di Hickey (1991) secondo il quale i crimini seriali sarebbero influenzati da una serie di fattori predisponenti e facilitanti che aiutano il “passaggio all’atto”:
 
Famiglia maltrattante
predisposizione genetica
Psicopatologia
Eventi traumatici (violenza di vario genere, situazione familiare instabile ecc.)
Socializzazione frustrante
Sessualizzazione anomala (precoce, violenta ecc..)
 
Secondo questo modello, il principale meccanismo scatenante del comportamento distruttivo è l’incapacità del killer seriale di gestire lo stress prodotto dagli eventi traumatici e l’impossibilità di ricanalizzare l’energia psichica in ambiti positivi. Inoltre, come da profilo FBI, si tratta di “una persona inadeguata e immatura sessualmente e che deve aver avuto pochi contatti sessuali con donne della stessa età”  e che “non deve aver avuto molto contatto con il pubblico a causa dei suoi sentimenti di inadeguatezza”. E’ chiaro che solo una persona che ha avuto un percorso di un certo tipo, un evento traumatico di una certa natura, che ha vissuto un contesto sociale disagiato in assenza di fattori protettivi e che ha sviluppato una sessualità anomala, può dare origine a un quadro psicopatologico cosi particolare come quello del Mostro. Concludendo, è inverosimile, se no n impossibile, che due persone traumatizzate, con la stessa psicopatologia e la stessa fantasia sadica e che abitano nello stesso luogo, possano uccidere solo coppiette, in auto e in procinto di avere un rapporto sessuale.
 

Ecco i documenti inediti che L’Osservatore D’Italia  ha pubblicato sul delitto dell’85 e che smontano totalmente la verità processuale.
 
– Dichiarazioni del dottor Sandro Federico – Capo della SAM Squadra mobile di Firenze dal 1984 al 1989. “Io vidi i poveri corpi dei ragazzi e devo dire che non mi sembravano morti la sera precedente. Anche tra i miei colleghi era presente questa convinzione. Nelle indagini che facemmo, non venne assolutamente trascurato il sabato. L'omicidio venne scoperto il lunedì , io non faccio il medico , ma di cadaveri ne ho visti tantissimi in tanti anni. Pur rimettendomi al parere degli esperti in materia, se vuole sapere la mia opinione, l'omicidio di Scopeti avvenne di sabato”.
 
– La tesi di Antonio Osculati – specialista in medicina legale presso l’Università di Varese “Possiamo ipotizzare, alla luce di tutti i dati a nostra disposizione, un intervallo tra decesso dei due giovani e primo sopralluogo (ricordiamo, avvenuto alle 17 del 9 settembre 1985) stimabile in circa due giorni e mezzo. In particolare, a nostro avviso l’omicidio è avvenuto nella notte fra il 6 e il 7 settembre 1985. Possiamo escludere pressoché con certezza che il decesso sia avvenuto la sera precedente il primo sopralluogo (ossia domenica 8 settembre 1985). Possiamo affermarlo sulla base dei fenomeni trasformativi presenti al momento del primo sopralluogo (ore 17 di lunedì 9 settembre 1985): enfisema, reticolo venoso putrefattivo ed epidermolisi, per quanto il clima fosse caldo, suggeriscono che non possono essere trascorse meno di ventiquattro ore. Inoltre, sebbene il rigor fosse presente al momento del sopralluogo, la sua risoluzione completa il giorno seguente (martedì 10 settembre 1985) suggerisce che il decesso sia avvenuto nel terzo giorno precedente l’autopsia. Al tavolo anatomico, il giorno dopo il ritrovamento, dove è disponibile iconografia relativa anche al cadavere dell’uomo, possiamo apprezzare come i fenomeni trasformativi non abbiano grosse differenze tra l’uomo e la donna. Da ciò si può desumere che la permanenza all’interno della tenda non abbia modificato in maniera sensibile l’andamento dei fenomeni post mortali. La presenza dei fenomeni trasformativi più avanzati (enfisema, epidermolisi, reticolo venoso) e la presenza del rigor al momento del primo sopralluogo consente di formulare l’ipotesi di un intervallo tra decesso dei due e primo sopralluogo (ricordiamo, avvenuto alle 17 del 9 settembre 1985) stimabile in circa due giorni e mezzo. In particolare, a nostro avviso l’omicidio è avvenuto nella notte fra il 6 e il 7 settembre 1985.”
 
– Prof. Giovanni Marello – istituto medicina legale di Firenze:“ Mi occupai dei delitti del cosiddetto mostro fin dal 1974 e nell'85 ero in sala autoptica solo in maniera molto laterale , tuttavia posso confermare che quel caso fece molto discutere per quanto riguarda la cronologia della morte. Ci fu una grande discussione, non soltanto tra i periti , ma anche fra di noi della medicina legale. L'aver attribuito la morte alla domenica fu una spinta del Prof. Maurri che era il più esperto tra di noi ed ha avuto l'ultima parola in proposito, ma in realtà le persone che hanno partecipato all'autopsia non erano del tutto sicure, perché c'erano alcuni elementi che la facevano anticipare. Le foto che ho potuto riesaminare dei cadaveri sono abbastanza significative per anticipare la data dell'evento alla sera del sabato, perche ci sono fenomeni putrefattivi molto avanzati e c'e' uno sviluppo di larve notevole, anche sul cadavere dell'uomo che a differenza della ragazza si trovava all'esterno della tenda, nel bosco e quindi non esposto all'eccessivo calore che fu attribuito alla tende stessa. Sull'entomologia cadaverica non avevamo una preparazione sufficiente , adesso la situazione è molto cambiata in questi ultimi anni.”

– Cochi ha inteso rivolgere una domanda a Marello: Quanto può essere valido , effettuare una valutazione sulla base di fotografie e delle relazioni ?
“Consideriamo due fattori. Le relazioni medico legali hanno la caratteristica di essere descrittive di quello che si sta esaminando, quindi l'operatore descrive la situazione che sta constatando e non fa diagnosi, che viene riportata solo alla fine della relazione ,per cui già la descrizione può essere utilizzabile al fine di una rivalutazione…. in più le foto che rievocano visivamente di quello che si é descritto servono in maniera preponderante a dare un quadro molto obbiettivo della situazione”.
 
– dr. Simonetta Lambiase entomologa forense – biologa dell 'Universita di Pavia: “Ipotizzando di trovarci di fronte a delle specie di mosca comuni presenti in quell'area geografica , con quelle condizioni metereologiche e considerando che la temperatura media di quei giorni era di 23 gradi, secondo i dati meteo, ritengo , esaminando le foto dei soggetti e leggendo la relazione dei CTU, bisogna necessariamente retrodatare l'evento delittuoso. Ci sono tuttavia dei limiti nella valutazione che riguardano il mancato rilevamento della specie di larva e la situazione microclimatica all' interno della tenda, ma comunque il tempo attribuito dai CTU è troppo stretto, in ogni caso”.
 
L'analisi: Ricordiamo che nel delitto dell’85 a Scopeti, l’assassino, oltre a nascondere i corpi per ritardare la scoperta, e invia un lembo del seno sinistro alla Dott.ssa Silvia Della Monica. Quella famosa lettera venne spedita da San Piero a Sieve, un paesino del Mugello dove il Magistrato Della Monica aveva, proprio in quell’anno, la sua residenza estiva. Perché non iniziare da qui le indagini, anche alla luce degli elementi che spostano la data della morte? Analizzando bene le circostanze, l’assassino spedì in procura una lettera dal paesino in cui risiedeva la Dott.ssa, ciò porta a pensare che fosse vicino alle indagini. E se il mostro fosse una persona all’interno dell’ambiente investigativo, per esempio un membro delle forze dell’ordine? Infondo gli elementi che confuterebbero tale tesi ci sono; il primo è la segnalazione anonima che arrivò in Procura in merito al delitto del 1968, lettera anonima che invitava gli inquirenti a rivedere il fascicolo del 1968 e casualmente in quel fascicolo vi erano ancora i bossoli serie H repertati in quel delitto ancora conservati . Soltanto chi era dentro le indagini e chi aveva consultato quei fascicoli poteva sapere l’esistenza del fascicolo stesso e dell’esistenza dei bossoli che erano l’unico elemento di collegamento con tutti gli altri duplici omicidi, poiché nel 68 vi era stato un condannato, ovvero Stefano Mele. L’uomo disse, durante la sua prima deposizione, che la pistola la gettò; e se la pistola non fu repertata ma invece sottratta da un poliziotto? Ricordiamo che il modus operandi cambiò nei successivi omicidi. Nei giorni successivi all’arresto di Mele, furono fatte delle perquisizioni; e se proprio durante quelle perquisizioni avvenne la sottrazione dei bossoli? Vi sono elementi sufficienti per indagare anche su questa pista. 

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Roma, aggressioni e borseggi in metro. Riccardi (UdC): “Linea più dura per garantire la sicurezza pubblica”

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“Ci troviamo ad affrontare un problema che il Governo non può più ignorare: i borseggiatori operano impuniti nelle metropolitane di Roma. Questa situazione è inaccettabile e richiede un intervento deciso e immediato. Ritengo che la sicurezza dei cittadini debba essere una priorità assoluta e che la moderazione non significhi inazione”.
È assai dura la reazione del commissario cittadino di Roma Capitale dell’UdC, il dottor Roberto Riccardi, circa le continue, ripetute aggressioni e borseggi nella Capitale.

Dottor Riccardi secondo Lei dove bisogna intervenire in fretta nella legislazione italiana in tale materia?
I recenti episodi di furto nei mezzi pubblici mettono in luce una legislazione troppo permissiva. La normativa attuale, che prevede l’intervento delle Forze dell’Ordine solo su querela dei borseggiati, è del tutto inefficace. Questo non solo rallenta l’intervento delle autorità, ma spesso disincentiva le vittime a denunciare, sapendo che le conseguenze per i borseggiatori saranno minime o inesistenti.
Le leggi attuali non sono sufficienti per contrastare efficacemente questo fenomeno. È necessario un cambio di rotta deciso.

il commissario cittadino UdC di Roma Capitale, dottor Roberto Riccardi

E cosa può fare in più, in questo frangente, l’organo giudiziario?
Bisogna smettere di essere troppo indulgenti con i delinquenti. Va adottata una linea più dura per garantire la sicurezza pubblica.
Lei rappresenta uno dei partiti di governo nazionale. Esiste una vostra “ricetta” in merito?
Ecco le misure che proponiamo; arresto obbligatorio per i borseggiatori con l’introduzione dell’arresto obbligatorio per chiunque venga colto in flagrante a commettere furti nei mezzi pubblici. Questo deterrente è essenziale per scoraggiare i delinquenti e proteggere i cittadini.
Modifica della normativa vigente; bisogna consentire l’intervento delle Forze dell’Ordine anche in assenza di querela da parte della vittima, permettendo un’azione tempestiva e decisa contro i borseggiatori.
Inasprimento delle pene ed introduzione di sanzioni più severe per i reati di furto, specialmente quando commessi in luoghi pubblici e affollati come le metropolitane.
Campagne di sensibilizzazione informando i cittadini sui loro diritti e sull’importanza di denunciare ogni atto di borseggio, contribuendo così a creare una comunità più sicura e coesa.
Ma Lei crede che con tali misure si possa mettere un argine alla questione che preoccupa non solo i romani ma le decine di migliaia di turisti che ogni giorno arrivano nella capitale?
Non possiamo più permetterci di essere indulgenti. Dobbiamo agire con fermezza per garantire la sicurezza di tutti i nostri cittadini.
Le Forze dell’Ordine devono essere messe nelle condizioni di poter agire senza ritardi e senza ostacoli burocratici.
Dobbiamo essere determinati nello spuntare le armi dei buonisti ed a ripristinare la legalità nelle nostre strade e nelle nostre metropolitane. Solo con un intervento deciso e risoluto potremo garantire una Roma più sicura e vivibile per tutti.

Risposte chiare e concrete quelle del commissario cittadino UdC di Roma Capitale Roberto Riccardi.
Ci auguriamo che questa volta la politica affronti davvero con tale determinazione questa assenza di sicurezza per i romani e per le migliaia di turisti che si apprestano a giungere nella Capitale per l’imminente apertura, il 24 dicembre 2024, dell’Anno Giubilare.

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