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Editoriali

Montecitorio all’ombra delle procure

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Si parla di burocrazia, di macchina farraginosa dello Stato, di lentezza della giustizia e di una classe politica distratta dai propri privilegi e a tal punto scollata dal sentire del Paese. La gente per strada non parla d’altro. A cosa vale avere la “Costituzione più bella del mondo” se poi si lascia in mano a degli improvvisati che, c’è da scommettere, molti di loro non l’hanno mai letta tutta da cima in fondo?

Un groviglio di Stato, Regioni, Province e Comuni con annessi tanti conflitti d’interesse

Istituzioni zavorra ai piedi della cittadinanza, un intero apparato ormai genuflesso all’ombra delle procure. Il 27 agosto scorso, Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia, intervistato da La7 sulla vicenda “Diciotti” aveva rilasciato la seguente dichiarazione: “Non si può processare una linea politica, alla fine Salvini sarà prosciolto dal tribunale dei ministri e diventa solo uno scontro propagandistico che non risolve il problema vero, né quello dell’immigrazione né quello della separazione dei poteri”, aggiungendo poi, “La vicenda pone con forza il problema della riforma della giustizia; non possiamo più perdere tempo.” La dichiarazione di Tajani racchiude in sintesi le anomalie che rallentano la giustizia, screditano l’autorevolezza di Montecitorio e rendono il paese ingovernabile.

“Le leggi vanno applicate e non interpretate”

Commentando a Ofcs report, la decisione del gip di Agrigento che aveva rilasciato il capitano della Sea Watch, Carola Rackete, il delegato Cocer Carabinieri, Antonio Tarallo, ha detto : “Quanto accaduto con la Sea Watch dimostra quanto sia difficile per le forze dell’ordine far rispettare le leggi dello Stato Italiano e quanto sia sempre più ampia la distanza tra chi opera e chi giudica. Le leggi vanno applicate e non interpretate, altrimenti il caos ci travolgerà e noi poveri uomini in uniforme saremo sempre più vittime della delinquenza”.

Oramai è una cosa risaputa, cioè la pessima qualità dei provvedimenti legislativi, mancano di chiarezza e il più delle volte sono di difficile applicazione e oserei dire interpretazione. Il legislatore così abdica ai suoi doveri a favore del potere giudiziale e smarrisce il comune sentire del popolo italiano.

Separazione di poteri

E’ il gatto che si morde la coda. Come si può parlare di separazione di poteri quando Montecitorio è invaso da ex pm ed ex giudici e peggio ancora giudici in aspettativa? Parla bene Tajani. Ci vuole una “vera” riforma della giustizia. Ci si domanda, però, a chi affidarla? Chiedere all’oste se il vino è buono non è MAI una buona idea e così non è altrettanto buono chiedere ai giudici se la riforma della giustizia sia buona. Per fortuna in Italia ci sono tanti professori del diritto, famosi costituzionalisti, stimatissimi giuristi, perché non si affida a loro?

Il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, a gennaio 2018, auspicava la creazione di una commissione per il disboscamento normativo per alleggerire quella superproduzione di leggi, spesso mal fatte e in contraddizione tra di loro, riducendo l’efficienza amministrativa e rendendosi, in parte, causa della corruzione.

Il sistema italiano si regge sul potere legislativo, che dovrebbe essere campo esclusivo del parlamento, il potere esecutivo, prerogativa del governo e il potere giudiziario, regno indiscusso della magistratura.

I poteri del sistema politico nascono per essere indipendenti l’uno dall’altro. In effetti, però, questa indipendenza ed autonomia l’hanno persa. Da quando, sia per leggi cattive, sia per la troppa discrezionalità concessa ai giudici, sia per gli interventi della Corte costituzionale e persino per le tante contestazioni da parte della magistratura ordinaria, Montecitorio soventemente si vede smontare quanto viene legiferato in nome del popolo italiano. Caso classico dell’inadempienza del Parlamento è il caso odierno che getta onta e vergogna su tutta la classe politica. Alla Corte Costituzionale viene chiesto di supplire a quanto non è stato capace di fare in sei anni Montecitorio. La Consulta decide sul fine vita al posto di un parlamento inetto e indeciso.

Viene naturale addebitare a quanto sopra la causa di questo sfilacciamento del sistema che sta rendendo la rappresentanza parlamentare sempre più somigliante a qualcosa di virtuale, vuota da qualsiasi valore. La gente è smarrita e male informata. Si abbevera alle reti tv per colmare la loro curiosità di sapere. L’informazione è monopolio del quarto potere, sistema che cresce e vegeta succhiando linfa dai tre poteri istituzionali.
Ogni telegiornale ha la sua bandiera, il suo colore, i suoi condimenti e quindi la stessa notizia viene “cucinata ” e guarnita con gli ingredienti che passa il maitre della testata.

Per un attimo e solo per un attimo si crede di avere capito tutto ma poi quando si spegne l’apparecchio, come succede a Montecitorio, sul paese torna il buio, l’ombra del dubbio, s’attorcigliano le idee e si smarriscono i pensieri.

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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