Costume e Società
Monte di Procida e dolci natalizi: Enrico Schiano e quelle tradizioni d’altri tempi
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MONTE DI PROCIDA – A rendere il periodo natalizio speciale sono le tradizioni insieme agli addobbi, le luci e le serate in casa in compagnia con i familiari o con gli amici, a rendere ancor di più speciale tutto il periodo sono anche i dolci natalizi che vengono gustati, l’Italia la ha una tradizione dolciaria ricca e ogni regione ha le sue prelibatezze.
Sulle tavole partenopee nel periodo natalizio non possono mancare i dolci tipici napoletani, la scelta è talmente vasta ed inimitabile da suscitare l’imbarazzo quando si hanno davanti un vassoio ripieno di questi dolci, dai famosissimi susamielli ai roccocò per poi passare ai mustacciuoli, struffoli, raffiuoli, divinamore ed infine la pasta reale, zeppole e sapienze. L’usanza prevede che si debbano gustare rigorosamente insieme ai familiari o con gli amici a partire dal giorno in cui si festeggia l’Immacolata Concezione dell’8 dicembre fino alla fine delle festività del 6 gennaio il giorno dell’Epifania.
Il profumo e il loro sapore rievocano a chi li gusta ricordi passati, con il tempo tradizione ed innovazione si sono abbracciati e i maestri pasticcieri offrono con la loro arte delle prelibatezze dal sapore unico ed inconfondibile. I dolci partenopei hanno origini lontanissime e a quanto pare ad inventarli siano state per una buona parte le suore di Napoli e dintorni che con la loro laboriosità e creatività hanno lasciato un’eredità ricca di sapori ai napoletani e a tutti noi.
Nelle zone turistiche grazie alla richiesta dei turisti è possibile trovare questi dolci tutto l’anno in modo da dare un’indelebile ricordo al turista.
Tutti i dolci napoletani natalizi hanno origini secolari e molti sono nati nel centro storico della città di Napoli, ad esempio Il dolce che ha il nome di roccocò addirittura risale al 1320, ad opera delle monache del Real Convento della Maddalena, l’etimologia deriva dal francese rocaille perché ricorda la forma barocca tondeggiante come la conchiglia, l’odore delle mandorle, dei canditi e del pisto napoletano rendono davvero unico questo dolce, è un biscotto tipicamente duro e va gustato bagnandolo con il vermut, spumante o vino bianco, ma esiste anche la versione morbida grazie ad un’aggiunta in più di miele nell’impasto.
Anche i famosissimi struffoli contribuiscono ad un felice Natale tipico partenopeo, si tratta di palline fritte ricoperte di miele, canditi e da confettini che vengono chiamati dal nome simpatico di diavolilli, le sue origini sono antichissime, forse greche, oppure risalgono al medioriente, e a quanto pare sono state sempre le suore dei vari ordini a diffondere gli struffoli come regalo di Natale.
I mustacciuoli hanno questo nome perché ricordano i mustacchi, i vistosi e folti baffi che si portavano alla fine dell’Ottocento, le sue origini blasonate e di corte la si nota con l’uso di spezie ed ingredienti costosi come richiede la ricetta originaria.
Ad inventare i raffiuoli sono state le suore del settecento del monastero di San Gregorio Armeno nel famoso centro storico della città, si tratta di un dolce a base di pan di Spagna ricoperto di marmellata e glassa su una base di zucchero, esiste anche la versione “a gassata” ripiena di ricotta, cioccolata, zucchero, canditi, cannella maraschino e vaniglia.
Il nome del dolce “Divinamore” prende il nome del luogo dove è stato inventato nel Convento del Divino Amore presso Spaccanapoli, le sue origini risalgono addirittura al XIII secolo, le suore lo inventarono in onore di Beatrice di Provenza madre del re di Carlo II d’Angiò, si tratta di un dolce a forma ovale di cui l’impasto è composto da uova, zucchero, acqua e mandorle, arricchiti con canditi, vaniglia, scorza di limone e ricoperte di ostia, marmellata di albicocca e ghiaccia rosata.
Il “ re Lazzarone” così soprannominato il re Ferdinando IV apprezzò subito la pasta reale quando gli venne offerta come vuole la leggenda dalle suore del Convento di San Gregorio Armeno, gli ingredienti per la pasta sono mandorle, succo di limone, cannella, ostie, uova e bicarbonato. Ed infine le famosissime zeppole simile agli struffoli che vengono preparati al centro Italia, ne esiste una versione anche sorrentina come i susamielli che hanno una forma ellitttica mentre i susamielli napoletani hanno una forma ad “S” e con molta probabilità furono inventati dalle clarisse del Convento di Santa Maria della Sapienza a Napoli già intorno al XV secolo.
L’Osservatore d’Italia ha voluto intervistare il titolare e figlio d’arte Enrico Schiano della storica e conosciutissima in tutta la zona flegrea PASTICCERIA E CAFFETTERIA BAR PINA di Monte di Procida (NA) attività che venne fondata negli anni cinquanta dal padre Valentino, che con passione e volontà ebbe subito successo fin dagli inizio in un piccolo laboratorio, nel 1955 divenne anche caffetteria. Il nome della pasticceria fu dedicato alla moglie Giuseppina che insieme ai figli hanno dedicato la loro vita al lavoro.
1)L’impasto dei dolci segue la ricetta originaria o ha subito variazioni?
La produzione dei dolci natalizi, praticamente, a parte leggere varianti, si è mantenuta alla ricetta
tradizionale dei suoi inventori, per cui possiamo gustare gli stessi dolci di tanti anni fa, io tengo
gelosamente conservate le ricette di nostro padre Valentino.
2) Esiste un dolce preferito?
Non esistono dolci preferiti a Natale, infatti chi imbandisce la tavola natalizia, è solito mettere un grande
vassoio completo con tutti i dolci natalizi. In più viene messo il panettone milanese che oramai è prodotto
in tutta Italia ed anche noi lo produciamo.
3) I dolci natalizi napoletani vengono prodotti in tutto l’anno?
La produzione dei dolci tipici Campani ed in particolare i Napoletani (come il dolce che ha il nome di
LINGUA a Procida e Monte di Procida, la famosissima pastiera che oramai si mangia tutto l’anno non solo a
Pasqua, il Babà a Napoli, i taralli a Castellammare, e tanti altri vengono prodotti durante tutto l’anno e
anche esportati in altre regione. Diversa cosa è invece i dolci stagionali, in particolare quelli NATALIZI che
vengono prodotti esclusivamente in quel periodo o quando richiesti.
Giuseppina Ercole
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Costume e Società
Il magico Maestro della Pizza a Fregene: un tributo di Francesco Tagliente a un pizzaiolo straordinario
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15 Luglio 2024![](https://www.osservatoreitalia.eu/wp-content/uploads/2024/07/IMG_5243.jpeg)
Il Prefetto Francesco Tagliente ha recentemente condiviso sulla sua pagina Facebook una commovente testimonianza, raccontando l’incredibile esperienza culinaria vissuta al ristorante Back Flip Da Moisè di Fregene. Questo racconto non è solo un omaggio a una pizza straordinaria, ma anche un tributo a Michelangelo, il pizzaiolo settantaquattrenne la cui dedizione e passione hanno trasformato un semplice piatto in un’opera d’arte.
Seduto al ristorante con sua moglie Maria Teresa, Tagliente ha descritto la pizza come “la migliore che abbia mangiato negli ultimi cinquant’anni”. Tuttavia, ciò che ha reso questa esperienza davvero speciale è stata la scoperta della storia dell’uomo dietro la pizza. Michelangelo, un ex contadino che si sveglia ogni mattina all’alba per curare il suo orto, dedica le prime ore del giorno alla coltivazione delle piante e alla cura della famiglia. Solo dopo queste attività, si prepara per andare al ristorante e mettere tutto se stesso nella preparazione della pizza.
L’Arte di Michelangelo: Tradizione e Passione
Michelangelo non è solo un pizzaiolo, ma un vero e proprio maestro dell’arte culinaria. La sua vita semplice e laboriosa, fatta di dedizione e umiltà, è un esempio di come l’amore per il proprio lavoro possa trasformare un piatto comune in un’esperienza indimenticabile. La sua capacità di fondere la tradizione contadina con la sapienza artigianale nella preparazione della pizza è un’arte rara e preziosa.
Tagliente ha scritto: “La dedizione e l’umiltà di quest’uomo, che dalla vita contadina riesce a creare una delle migliori pizze che abbia mai assaggiato, mi hanno colpito profondamente. Il suo nome rimane anonimo, ma la sua storia di passione e impegno è qualcosa che merita di essere raccontata.”
L’Umanità di Francesco Tagliente
Il racconto del Prefetto Tagliente non solo mette in luce le straordinarie qualità culinarie di Michelangelo, ma riflette anche le qualità umane dello stesso Tagliente. Conosciuto per la sua sensibilità e il suo impegno sociale, Tagliente ha sempre dimostrato un profondo rispetto per le storie di vita quotidiana e per le persone che con il loro lavoro contribuiscono a rendere speciale ogni momento.
La sua capacità di cogliere e apprezzare la bellezza nascosta nei gesti quotidiani e nelle storie semplici rivela un’anima attenta e sensibile, sempre pronta a riconoscere il valore degli altri. Il tributo a Michelangelo è un’ulteriore testimonianza della sua umanità e del suo desiderio di dare voce a chi, con passione e dedizione, arricchisce la vita di chi lo circonda.
Un Esempio di Vita
La storia di Michelangelo, come raccontata da Tagliente, è un potente promemoria di come la passione e l’impegno possano elevare il lavoro quotidiano a forme d’arte. “La sua pizza è un capolavoro che continuerà a risuonare nei miei ricordi, così come la sua storia di dedizione e umiltà,” ha scritto Tagliente, riconoscendo il valore di un uomo che, nonostante l’età e la fatica, continua a regalare momenti di gioia e piacere attraverso la sua cucina.
Questo tributo non è solo un omaggio a un pizzaiolo straordinario, ma anche un invito a riflettere sull’importanza del lavoro fatto con passione e amore. Grazie, Michelangelo, per averci mostrato che dietro ogni grande piatto c’è una grande storia, fatta di lavoro, passione e amore per la semplicità. E grazie, Francesco Tagliente, per aver condiviso con noi questa storia ispiratrice, ricordandoci di apprezzare le piccole grandi cose della vita.
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