Castelli Romani
Monte Compatri: Tiro con l’arco il più antico degli sport moderni
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Alla scoperta dell’ASD Arcieri Tuscolani
Tra pochi giorni le olimpiadi torneranno ad infiammare il cuore di noi sportivi.
Un evento unico che affonda le sue radici nella storia della Grecia Antica.
Un momento che, al di là della competizione, sanciva una pace, quella olimpica, che purtroppo nel corso degli ultimi secoli, non è più stata osservata.
Tra le discipline che caratterizzano da sempre le Olimpiadi ce n’è una che affonda le sue radici nella storia antica del Mondo.
Alzi la mani chi non ricorda la freccia scagliata da Paride sul tallone di Achille, oppure Ulisse che, nei panni di un mendicante, tende il suo arco e scaglia frecce verso i suoi nemici.
Oppure Guglielmo Tell che accetta la scommessa e colpisce, con una freccia, la mela sulla testa del proprio figlio.
Esempi di una disciplina antica come il mondo che è passata da “strumento di battaglia” ad una delle discipline olimpiche più apprezzate: il tiro con l’arco.
Oggi non sono più i “nemici” l’obiettivo da colpire ma un “paglione” posto a varie distanze.
Non c’è più solo l’arco possente di Ulisse o quello leggero imbracciato dai nativi americani, i pellerossa, contro gli cowboy e Giuseppe Mastrofini, presidente della ASD Arcieri Tuscolani di Monte Compatri, in una serena domenica al campo di tiro a San Silvestro ci spiega le differenze: … esistono tre tipologie di archi. Partiamo dal più semplice, ci illustra con dovizia di particolari, il cosiddetto arco nudo senza alcun accessorio, monolitico, si dice in gergo. Minore precisione ma consente di praticare il tiro con l’arco come si faceva secoli fa.
Poi, aggiunge, al secondo gradino troviamo l’arco Compound, avete presente il film Rambo? Eccolo, quello li; composto di carrucole, doppi cavi, mirini di ingrandimento e sganci meccanici. Un capolavoro di precisione ma che poco c’azzecca con la tradizione dell’arco.
Poi visto che mi hai parlato di olimpiadi eccoti qui il cosiddetto arco olimpico; riser, l’impugnatura, i flettenti, la stabilizzazione, il mirino, il rest – il supporto dove appoggia la freccia -, il bottone – ammortizzatore quando la freccia viene scagliata-, ed il clicker cioè quell’elemento in genere formato da una linguetta metallica che scatta indietro al momento di rilasciare la freccia e che aiuta l’arciere ad ottenere un’azione uguale di freccia in freccia.
L’ arco olimpico, lo dico davvero con orgoglioso, dice ancora l’amico Giuseppe, rappresenta il giusto compromesso tra precisione e tradizione.
E poi ci invita a provare: … ricordate prima di tutto la sicurezza. Quindi prima di tutto il parabraccio, poi il paraseno, e non importa se si è uomini e donne, l’arco non fa distinzioni nel fare male, dice sorridendo.
Poi il guanto per proteggere mani ed unghie, il tab, ci tiene a precisare il nostro amico
Un vero e proprio lavoro di vestizione perché, aggiunge, non ci dimentichiamo che l’arco resta pur sempre un’arma e come tutte le armi va trattata con attenzione, cura e rispetto.
Una vera e propria lezione di sicurezza che dimostra, qualora ce ne fosse bisogno, l’attenzione che questa disciplina sportiva trasmette ai suoi praticanti.
È davvero una bellissima mattinata di sport: donne, uomini, molti ragazzi e bambini che apprezzano, con il sorriso sulle labbra, questa giornata all’aria aperta dove uno sport, poco noto, consente di rasserenare i propri animi e, soprattutto, permettere a noi stessi di avere un controllo maggiore dei nostri impulsi e nervi.
Poi Giuseppe Mastrofini, il “the president” sulla maglietta ricorda il suo ruolo, assieme a Claudio Bassani, “the little cop”, la traduzione del suo soprannome monticiano “sbirretto”, e Graziano Troiani, “the duke”, ci raccontano questo splendido gruppo che oggi conta più di 30 soci che serenamente, con dedizione e con molta goliardia portano avanti questa nobilissima disciplina sportiva.
Vedi, aggiunge Giuseppe – the president -, venire qui al campo per noi, al di là dell’allenamento è un momento di convivialità e di svago; una braciata in compagnia, una bruschetta, un bicchiere di vino ed una salsiccia e si fa comunità, si creano e si saldano quelle amicizie che diventano il viatico per una vita migliore.
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Ed anche oggi la mattinata si conclude con una eccellente bruschetta con i pomodori, una intrigante salsiccia ala griglia, sorseggiando un buon bicchiere di vino e ricordando che il prossimo 13 luglio per i vicoli di Monte Compatri si terrà la XII edizione della Gara di Tiro con l’arco “Tra i vicoli di Monte Compatri”.
Jim Rohn scriveva “Ci sono due cose che non tornano indietro: una freccia scagliata e un’occasione perduta”.
Quindi … non perdete questa occasione di scagliare una freccia!
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Frascati, Libri in Osteria: Angelo Polimeno Bottai presenta il libro “Mussolini io ti fermo”
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28 Giugno 2024![](https://www.osservatoreitalia.eu/wp-content/uploads/2024/06/presentazione-polimeno-bottai.jpg)
“O lo battezzate o ve lo riprendete. Io una bestia non l’allatto!”
Sono queste le parole che la balia frascatana Teresa rivolge ai genitori del piccolo Giuseppe Bottai contenute nel libro “Mussolini io ti fermo” che il nipote, Angelo Polimeno Bottai, presenta oggi nel salotto letterario di Emanuela Bruni, Libri in Osteria.
Sono l’incipit a questa serata che racconta, attraverso le pagine del libro, la storia e la vita di una delle figure che hanno rappresentato il ventennio fascista.
C’è un profondo legame tra Frascati e l’autore del libro in quanto la città tuscolana, dice, “è parte stessa della nostra vita, infatti mio nonno venne battezzato nella Cattedrale di San Pietro ed io, molti anni dopo, ricevetti nella stessa Chiesa la Prima Comunione”.
Figura molto controversa, Giuseppe Bottai, viene “raccontato” attraverso una attenta analisi storica proprio per evitare, come dice lo stesso Angelo Polimeno Bottai, che “gli affetti prendessero il sopravvento sulla verità storica … è stata davvero una grossa responsabilità”.
Il quadro che emerge dalle pagine del libro narra un giovane Bottai lontano, nei primi anni della giovinezza, dalla politica ma che poi, vivendo, con la sua famiglia, nello storico quartiere romano Macao, resta colpito dalla presenza e dalla prestanza dei militari.
Siamo a ridosso della Grande Guerra alla quale Giuseppe Bottai prende parte come volontario negli Arditi riuscendo a mettersi in luce per il suo ardimento che lo porterà a ricevere una medaglia d’argento ed una di bronzo al valor militare.
Alla fine della guerra conosce e frequenta Benito Mussolini “rimandone folgorato” – dice l’autore – legandosi a quello che diverrà il “duce” attraverso un “rapporto travagliato con quest’uomo non altissimo di statura ma imponente nel carattere e nel modo di essere”
Un legame che può essere racchiuso nel titolo della rivista che Giuseppe Bottai fonda nel 1922, Critica Fascista, (da ricordare che tra gli abbonati di tale rivista figura Antonio Gramsci) proprio a sancire un atteggiamento molte volte contrario dello stesso Bottai ad alcune scelte che condurranno quella che originariamente vuole essere una rivoluzione che vuole riportare ordine e legalità in un paese, l’Italia, attraversato da molteplici attività anarchico socialiste che portano a terre occupate e centinaia di scioperi, ad una vera e propria dittatura.
“Ci sono due anime nel fascismo: quella che incarna mio nonno, i revisionisti, e quella che fa capo a Roberto Farinacci, gli irriducibili” spiega con estrema chiarezza Angelo Polimeno Bottai precisando che l’intento della “fazione” a cui fa capo il nonno cerca di convincere il Duce a mettere le mani nelle riforme necessarie allo sviluppo del paese per farlo risorgere da quella vittoria dimezzata che è stata la fine del Primo Conflitto Mondiale.
Ed una profonda frattura, spiega ancora, avviene immediatamente dopo la notizia del rapimento del deputato socialista, Giacomo Matteotti, definito da Giuseppe Bottai il “più efferato, inumano e stupido delitto che si potesse commettere verso un uomo di parte avversa e contro l’idea che anima la nostra parte”; una vera e propria condanna che culmina nella frase “bisogna trovare i responsabile anche se fossero nelle alte sfere”.
Questo, ovviamente, come riportano le pagine del libro, pone lo stesso Giuseppe Bottai ai margini del regime che sta nascendo che non è “inviso alle grandi potenze”, spiega Angelo Polimeno Bottai, ma che non pensa minimamente ad una alleanza con la Germania che sta divenendo hitleriana.
Addirittura, spiega, “ci sono liti profonde tra la stampa italiana e quella tedesca” fino al punto che alla cacciata degli ebrei dalla Germania molti di questi addirittura arrivano nel nostro Paese ed è la guerra d’Etiopia, nella quale Giuseppe Bottai si arruola, diventa il “punto di non ritorno” che segna in modo inesorabile l’alleanza italo/tedesca.
Le sanzioni permettono ad Hitler di legare con un patto economico e sodale l’Italia di Mussolini determinando il fatto che, spiega l’autore, “l’innamoramento di Giuseppe Bottai verso il duce si incrina ma rimane una lealtà critica che non determina affatto la rottura del rapporto”.
Ed è in questo momento che la frattura con l’area degli irriducibili di Farinacci raggiunge punti davvero enormi arrivando all’approvazione delle Leggi Razziali.
Lo stesso Roberto Farinacci fa girare la voce che Bottai sia d’origine ebraica per estrometterlo ed il risalto che questa notizia ha a livello internazionale diventa sempre più grande (addirittura si trova in molti giornali francesi e tedeschi).
La scelta di Giuseppe Bottai, divenuto Ministro dell’Educazione, di applicarla in maniera dura diventa, al tempo stesso, “un’angoscia” ed una “responsabilità” necessaria.
La prova di questo suo momento difficile si ritrova nella corrispondenza riportata tra le pagine del libro ove un carteggio con l’allora vicepresidente dell’Unione delle Comunità Israelitiche d’Italia, l’avvocato Aldo R. Ascoli mostra l’apertura di Bottai verso gli ebrei italiani valuta la possibilità concreta di “concedere particolari benemerenze a famiglie di ebrei in cui qualcuno abbia acquisito meriti particolari, militari o civili”.
“Due parti in commedia” spiega Angelo Polimeno Bottai dimostrando, ancora una volta, il forte attaccamento di Giuseppe Bottai all’origine rivoluzionaria del fascismo di cui resta innamorato.
Le contrapposizioni con Farinacci aumentano esponenzialmente: Bottai redige, durante il mandato che lo vedo governatore della Capitale, i piani per la creazione di EUR 42, l’Esposizione Universale di Roma che si sarebbe tenuta nel 1942 (a ragione si crede che nessuno nei primi anni del ’30 pensasse ad una Guerra Mondiale), ed in antitesi al premio Cremona, Bottai da vita dapprima al premio Bergamo e successivamente manda in stampa la rivista Primato che diviene uno dei capisaldi della cultura italiana del momento.
Sulle pagine del “Primato. Lettere e arti d’Italia” scrivono le firme italiane più eccellenti, da Nicola Abbagnano a Galvano della Volpe, da Walter Binni a Mario Praz, da Dino Buzzati a Vasco Pratolini, passando per Quasimodo, Montale, Ungaretti, Guttuso ed un giovanissimo Eugenio Scalfari ebbe a dire “su il Primato potevo scrivere liberamente mettendo alle corde Farinacci”.
Un’oasi culturale che dimostra la libertà di pensiero di Giuseppe Bottai ed il suo vano tentativo di riportare il fascismo a quegli albori che erano rimasti nel suo animo rivoluzionario.
Oasi che, attraverso poi l’emanazione di quella che divenne la legislazione per la difesa delle opere d’arte italiane fino alla creazione dell’Istituto Centrale del Restauro, porta alla salvezza di un enorme patrimonio artistico del nostro paese grazie anche alla collaborazione di personalità del calibro di Giulio Caio Argan, in chiave e funzione antinazista concretizzandosi anche sul piano prettamente pratico.
Il libro si conclude con i tragici momenti che portarono al famoso 25 luglio 1943 dove una “dittatura” decreta una successione, una piena antitesi al concetto stesso di dittatura.
Giuseppe Bottai è uno di quelli che votarono a favore dell’Ordine del giorno Grandi e per questo, condannato in contumacia, dai tribunali della Repubblica Sociale, dapprima si rifugia in Vaticano fino a giungere poi sotto il falso nome di Andrea Battaglia a combattere vestendo la divisa della Legione Straniera per la liberazione della Provenza dalle truppe naziste.
Due momenti importanti da sottolineare orchestrati da due ex sindaci della città di Frascati: Roberto Eroli e Stefano Di Tommaso.
Quest’ultimo, attento ricercatore, legge una lettera scritta dal Ministro della Cultura Popolare, Alessandro Paolini, ed indirizzato al ministro dell’Educazione Giuseppe Bottai.
Roberto Eroli invece esorta Angelo Polimeno Bottai a ricercare, tra i diari del nonno Giuseppe, informazioni che possano fare ulteriore luce sul tragico bombardamento effettuato dagli alleati l’8 settembre 1943 della città di Frascati.
Una serata che ha riportato i tantissimi presenti nei giorni ancora vivi di quel Ventennio Fascista.
Colpisce, e non poco, la frase dell’ultima di copertina del libro nella quale, Angelo Polimeno Bottai, scrive “Nato pochi mesi dopo la sua morte, Giuseppe Bottai purtroppo non l’ho mai incontrato. Un doppio dispetto del destino: come nipote e come giornalista. In questa seconda veste, tuttavia, posso raccontare chi è stato l’uomo che più di tutti ha rappresentato ragione e coscienza del 25 luglio 1943”.
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Ad Ariccia i Concerti Brandeburghesi di Bach nella Sala Maestra di Palazzo Chigi per “I Concerti dell’Accademia degli Sfaccendati”
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25 Giugno 2024da
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L’Orchestra Progetto Syntagma, formata da 2 flauti dolci – 3 oboi – fagotto – 2 corni – tromba – 3 violini – viola – violoncello – contrabbasso e clavicembalo, violino solista e direttore Gabriele Pro, eseguirà dei Six concerts avec plusieurs instruments, che Philipp Spitta nel 1873 denominerà Concerti Brandeburghesi, il n.1 in fa maggiore BWV 1046, il n.4 in sol maggiore BWV 1049 e il n.2 in fa maggiore BWV 1047.
Ascoltare la sublime bellezza di questi capolavori assoluti della storia della musica in una sala d’epoca dall’acustica perfetta è un’esperienza unica e indimenticabile.
I Concerti dell’Accademia degli Sfaccendati sono realizzati dalla COOP ART di Roma (Socio AIAM) con il contributo del Ministero della Cultura, della Regione Lazio e del Comune di Ariccia.
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Lazio, all’Ospedale di Frascati la prima cistifellea asportata in anestesia locale
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25 Giugno 2024![](https://www.osservatoreitalia.eu/wp-content/uploads/2024/06/frascati.jpeg)
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