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Monte Compatri, caso Tekneko: il sit-in dei Cobas in piazza Marco Mastrofini

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Marco, il lavoratore che ha rischiato di morire, visibilmente commosso durante la manifestazione

Stamattina piazza Marco Mastrofini era uno sventolare di bandiere dei Cobas.
La manifestazione organizzata dal Sindacato tesa a far valere i diritti dei lavoratori della Tekneko si è svolta un clima estremamente pacifico alla presenza di decine di persone accorse sulla piazza.
Presenti, ovviamente, Domenico Teramo, responsabile Cobas Igiene Ambientale, Marco, il lavoratore che il 24 aprile ha rischiato di morire, Claudio Betti, consigliere nazionale e presidente dell’ANMIL, l’associazione nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi, di Roma.
A loro abbiamo rivolte le nostre domande
Presidente la sua presenza è estremamente importante in questa manifestazione. Lei rappresenta tutte le vittime dei Lavoratori Mutilati ed Invalidi. Si parla molto, oggi di sicurezza sul lavoro. Di incidenti ne vediamo, purtroppo, molti; assistiamo, me lo consenta, troppe volte, alla “conta dei morti”.

Claudio Betti, consigliere nazionale e presidente dell’ANMIL di Roma.

Lo scorso anno sono morte 1041 persone sul lavoro. Ma questo numero corrisponde solo ai morti sul lavoro ed in itinere. Ci dimentichiamo troppe volte delle malattie professionali che sono, in maniera, esponenziale in aumento. Si muore maggiormente in conseguenza ad una malattia professionale in un anno che sui cantieri, nelle fabbriche, negli uffici.
Quindi Lei dice che è questa il fatto che viene maggiormente sottovalutato?
Vero! Oltre la sicurezza, manca la salute nei luoghi di lavoro. Le faccio un esempio: noi abbiamo il 10-15% di scuole dove troviamo amianto.
Cosa si può fare?
Noi andiamo avanti per la nostra strada. Il nostro obiettivo è la tutela di chi ha subito infortuni o malattie professionali. Andiamo nei cosiddetti “palazzi del potere” a dire ciò: mettere in sicurezza ed in salute tutti i luoghi di lavoro.
Il nostro lavoro è “disseminare” la cultura della sicurezza raccontando le storie del nostro vissuto.

Domenico Teramo, lunedì ci siamo incontrati sempre qui a Monte Compatri: sembra che qualcosa si muova visti gli ultimi due comunicati di Tekneko e del Comune. C’è uno spiraglio nella possibilità di un colloquio?

Domenico Teramo, responsabile Cobas Igiene Ambientale

Ma in realtà, come facciamo sempre, in occasione di iniziative come queste, una richiesta d’incontro al Sindaco, perché pensiamo che lui debba dedicare il suo tempo a queste cose che riguardano i cittadini di Monte Compatri però per risposta, ovviamente, abbiamo messo per conoscenza la società Tekneko, e abbiamo ricevuto una comunicazione di disponibilità all’incontro per il 6 di giugno (da parte di Tekneko nds) però subordinata alla non presenza in piazza.
Mi spieghi cosa significa?
Un tentativo di dire “parliamo con Voi solo se non rendete pubblico quello che sta succedendo”.
Ma è già pubblico dopo la nostra intervista?
Certo che è pubblica. Ma un conto una manifestazione di piazza che rende plateale di fronte alla cittadinanza tale situazione specie per una cittadina come Monte Compatri dove basta una piccola iniziativa per far diventare importante il caso.
Monte Compatri ha “raramente” ospitato situazioni come questa. Te lo ripeto come ci siamo detti la volta scorsa: si sta scoperchiando un vaso di Pandora?
Certo e non si vuole scoprirlo o perlomeno si sta provando a richiuderlo però in modo maldestro perché non è nostro uso revocare il giorno prima un’iniziativa, tra l’altro a scatola chiusa. Che questa iniziativa si svolgesse è notorio da tempo, se l’azienda voleva ci convocava prima dell’incontro e li si sanano le divergenze e le criticità: non abbiamo nessun interesse a fare “casino” per il gusto di farlo.
Dal famoso vaso di Pandora uscì per ultima la speranza. Oggi qual’è la speranza per questa vertenza?
La nostra speranza e che si inizino ad utilizzare i ragionamenti congrui specie quando si amministra una città come Monte Compatri perché obbligo per il primo cittadino occuparsi di queste problematiche. Quindi non avremmo neanche dovuto neanche chiedere la convocazione. Ci doveva essere, da parte del sindaco, almeno una convocazione dei lavoratori, qualora non si volesse parlare con l’organizzazione sindacale . Dire invece che oggi si è occupati per altri impegni quando si sa che c’era questa iniziativa è una scelta di non essere presenti. Noi saremo qui fintanto la situazione non si risolva.
E con molta emozione incontriamo Marco, il protagonista involontario di questa brutta storia. Da parte nostra c’è emozione nel guardare questo ragazzo che pochi giorni fa ha rischiato di morire.
Marco, la nostra prima domanda, te la sei vista brutta?

Marco, il lavoratore che ha rischiato di morire, visibilmente commosso durante la manifestazione

Si, e non capisco per quale motivo . Io non so mai tirarmi dietro perché ho una famiglia da portare avanti, una figlia, con dei problemi importanti, da crescere. Non mi posso permettere di buttarmi fuori dal lavoro perché per me è tutto. Sono innamorato del mio lavoro. Per me ogni giorno è come una finale quando inizio a lavorare. Per me è passione e non capisco e non accetto questo accanimento nei miei confronti e spero che venga fuori la verità.
Traspare emozione dalle tue parole, caro Marco, l’emozione di un papà. Hai rischiato di divenire, dicevo prima al presidente Betti un loro associato?
Io lo sono già. Una manovra sbagliata nel posto di lavoro nel giro di raccolta ho avuto un incidente importante per il quale sono stato operato ad una gamba ma sono sempre rientrato senza farne un problema con la società perché la mia passione per il lavoro è più forte delle vicissitudini. Adesso, però, siamo arrivati al limite massimo ed ho dovuto per forza scendere in piazza perché non accetto più tutto questo.
Stai chiedendo i tuoi diritti, o sbaglio?
Non posso pensare che non ci sia più tutela per un ragazzo che purtroppo è invalido permanente, è una categoria protetta sul posto di lavoro e non posso pensare che un ordine di servizio piova dal cielo così senza una valida motivazione ed io venga messo a rischio vita da parte della società e da parte del capocantiere che ha addirittura firmato questo ordine di servizio. Ho provato a chiedere il perché non ho mai ricevuto risposta e mi piange il cuore …
L’intervista si interrompe perché l’emozione di Marco traspare sempre di più.


Sul palco improvvisato si alternano gli interventi di Domenico Teramo, del presidente Claudio Betti e di Marco stesso tra gli applausi dei presenti.
Le richieste restano le stesse dell’intervista che il responsabile Cobas ci aveva comunicato:
un incontro tra le parti e quella censura all’atteggiamento del sindaco, ripetendo le parole di Domenico Teramo durante l’intervista “per le mancate risposte sia perché, incomprensibilmente, si è schierato da una parte, quella della società, e in questo abuso dei social su un commento del capo cantiere, evidentemente indirizzato e critico al lavoratore che si era sentito male”.


Ed alla fine abbiamo rivolte un paio di domande all’ex sindaco di Monte Compatri, attuale consigliere, l’avvocato Marco de Carolis.
Consigliere de Carolis, a suo avviso, cosa sta mancando in questa situazione?
Una posizione dell’amministrazione comunale, la quale non ha detto nulla seppure investita del compito di vigilare su quello che sta accadendo ed intervenire, laddove possibile, compatibilmente verificare il rispetto del contratto di appalto, verificare che tutto avvenga a norma. Tutto ciò non è accaduto.
Lei è stato per un decennio sindaco di Monte Compatri. Si è trovato mai in situazioni analoghe e se si come ne è uscito fuori, Ricordiamoci che fu accusato molte volte di essere “un uomo solo al comando” (il consigliere de Carolis sorride alla nostra affermazione) consigliere meglio sorridere in queste occasioni concorda?
Sembra che i risultati mi abbiano dato ragione. In una circostanza analoga a questa mi chiesero un appuntamento, li ho ricevuti, abbiamo parlato e abbiamo chiarito.
Mi permetta la battuta “non l’hanno mangiata”?
No, no! Non mi hanno mangiato
Mi scusi l’ironia ma credo sia meglio prenderla a sorridere perché la questione è assai grave.
(sospira) Questo continuo nascondere la testa sotto la sabbia è sinonimo di paura, di mancanza di vicinanza ai problemi del territorio, perché questo è un fenomeno che coinvolge il territorio e quindi il sindaco avrebbe dovuto intervenire e verificare quello che stesse accadendo, trovando soluzioni compatibilmente alla possibilità di trovarle.
Le faccio una domanda: oggi noi potevano essere qui a piangere la morte di Marco; secondo Lei ci si è resi davvero conto della gravità della situazione?
Il problema è che l’amministrazione comunale questa cosa non la sa e non l’ha voluta sapere. Perché quando Marco è stato ricoverato avrebbero dovuto verificare le condizioni di salute, soprattutto sotto il profilo umano … un minimo di sensibilità umana oltre che istituzionale avrebbe dovuto suggerire all’amministrazione di prendere contatti e quali fossero le condizioni, E poi verificare in quel frangente se era stato rispettato il contratto o se c’erano delle anomalie. Verificare la possibilità di trovare una sintesi. Invece ci si è chiusi nelle stanze, barricati, paura del confronto ed è questa la situazione drammatica.
Presente alla manifestazione anche la consigliere Agnese Mastrofrancesco che dal palco dice di essere qui a titolo personale e nel suo ruolo di consigliere comunale.
Consigliere Mastrofrancesco, Lei è sempre molto attiva sui social ma Lei per rispetto ha evitato di innescare una discussione politica per rispetto ai fatti accaduti a Marco. Sul palco ha parlato della grande importanza di questi lavoratori. Ci dica un suo pensiero
Ho parlato da persona che mette al centro la dignità dell’essere umano. Perché al di là dei colori politici, dei colori delle bandiere che oggi sono qui, quello che va rispettato è l’essere umano ed in questa circostanza sia emerso tutt’altro piuttosto che il rispetto della persona stessa.
Lei è sempre molto attenta al rispetto delle persone e questa amministrazione, a parole ha sempre predicato il rispetto. A suo avviso cosa sta succedendo?
Non ha mai predicato a parole questo rispetto. Forse lo faceva prima l’ex consigliere Francesco Ferri quando strillava dai banchi della minoranza per avere, diciamo, più popolarità. Perché da quando siede, da primo cittadino, a Palazzo Borghese tutta questa umanità verso i suoi lavoratori non è apparsa mai non l’abbiamo mai riscontrata. E la cosa mi dispiace, ci dispiace molto perché è il solito “predicare bene e razzolare male”. In questa circostanza il proverbio calza a pennello. Ripeto, ce ne dispiaciamo perché fare propaganda politica indossando i guanti per pulire il muro per far vedere che c’erano dei rifiuti e tacere, invece, ignorare e omettere nel comunicare quello che è successo, lo trovo alquanto grave sia come amministratore sia come cittadino.
Un’ultima domanda, la stessa che ho fatto al consigliere De Carolis: Marco poteva morire, ci si è resi conto di tutto ciò?
Io si! Solo un folle non lo capirebbe. Quello che mi dispiace è che nessuno abbia alzato il telefono o abbia preso la macchina per andare a trovare questo ragazzo. Di dodici persone (i componenti di magggioranza in Consiglio Comunale a Monte Compatri nds) nemmeno una. È questa la cosa più grave e non va assolutamente sottovalutata.

Ricordiamo che la nostra testata ha ripetutamente chiesto e all’amministrazione comunale ed alla società Tekneko un incontro per comprende le ragioni di questi fatti.
Restiamo a completa disposizione in quanto il ruolo che l’informazione riveste, da sempre, è quello di consentire a tutti di poter esporre le proprie ragioni ed i propri pensieri nella speranza che su questi fatti si faccia presto chiarezza.

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Frascati, Libri in Osteria: Angelo Polimeno Bottai presenta il libro “Mussolini io ti fermo”

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“O lo battezzate o ve lo riprendete. Io una bestia non l’allatto!”
Sono queste le parole che la balia frascatana Teresa rivolge ai genitori del piccolo Giuseppe Bottai contenute nel libro “Mussolini io ti fermo” che il nipote, Angelo Polimeno Bottai, presenta oggi nel salotto letterario di Emanuela Bruni, Libri in Osteria.
Sono l’incipit a questa serata che racconta, attraverso le pagine del libro, la storia e la vita di una delle figure che hanno rappresentato il ventennio fascista.

Emanuela Bruni ed Angelo Polimeno Bottai

C’è un profondo legame tra Frascati e l’autore del libro in quanto la città tuscolana, dice, “è parte stessa della nostra vita, infatti mio nonno venne battezzato nella Cattedrale di San Pietro ed io, molti anni dopo, ricevetti nella stessa Chiesa la Prima Comunione”.
Figura molto controversa, Giuseppe Bottai, viene “raccontato” attraverso una attenta analisi storica proprio per evitare, come dice lo stesso Angelo Polimeno Bottai, che “gli affetti prendessero il sopravvento sulla verità storica … è stata davvero una grossa responsabilità”.
Il quadro che emerge dalle pagine del libro narra un giovane Bottai lontano, nei primi anni della giovinezza, dalla politica ma che poi, vivendo, con la sua famiglia, nello storico quartiere romano Macao, resta colpito dalla presenza e dalla prestanza dei militari.
Siamo a ridosso della Grande Guerra alla quale Giuseppe Bottai prende parte come volontario negli Arditi riuscendo a mettersi in luce per il suo ardimento che lo porterà a ricevere una medaglia d’argento ed una di bronzo al valor militare.
Alla fine della guerra conosce e frequenta Benito Mussolini “rimandone folgorato” – dice l’autore – legandosi a quello che diverrà il “duce” attraverso un “rapporto travagliato con quest’uomo non altissimo di statura ma imponente nel carattere e nel modo di essere”
Un legame che può essere racchiuso nel titolo della rivista che Giuseppe Bottai fonda nel 1922, Critica Fascista, (da ricordare che tra gli abbonati di tale rivista figura Antonio Gramsci) proprio a sancire un atteggiamento molte volte contrario dello stesso Bottai ad alcune scelte che condurranno quella che originariamente vuole essere una rivoluzione che vuole riportare ordine e legalità in un paese, l’Italia, attraversato da molteplici attività anarchico socialiste che portano a terre occupate e centinaia di scioperi, ad una vera e propria dittatura.
“Ci sono due anime nel fascismo: quella che incarna mio nonno, i revisionisti, e quella che fa capo a Roberto Farinacci, gli irriducibili” spiega con estrema chiarezza Angelo Polimeno Bottai precisando che l’intento della “fazione” a cui fa capo il nonno cerca di convincere il Duce a mettere le mani nelle riforme necessarie allo sviluppo del paese per farlo risorgere da quella vittoria dimezzata che è stata la fine del Primo Conflitto Mondiale.
Ed una profonda frattura, spiega ancora, avviene immediatamente dopo la notizia del rapimento del deputato socialista, Giacomo Matteotti, definito da Giuseppe Bottai il “più efferato, inumano e stupido delitto che si potesse commettere verso un uomo di parte avversa e contro l’idea che anima la nostra parte”; una vera e propria condanna che culmina nella frase “bisogna trovare i responsabile anche se fossero nelle alte sfere”.
Questo, ovviamente, come riportano le pagine del libro, pone lo stesso Giuseppe Bottai ai margini del regime che sta nascendo che non è “inviso alle grandi potenze”, spiega Angelo Polimeno Bottai, ma che non pensa minimamente ad una alleanza con la Germania che sta divenendo hitleriana.
Addirittura, spiega, “ci sono liti profonde tra la stampa italiana e quella tedesca” fino al punto che alla cacciata degli ebrei dalla Germania molti di questi addirittura arrivano nel nostro Paese ed è la guerra d’Etiopia, nella quale Giuseppe Bottai si arruola, diventa il “punto di non ritorno” che segna in modo inesorabile l’alleanza italo/tedesca.
Le sanzioni permettono ad Hitler di legare con un patto economico e sodale l’Italia di Mussolini determinando il fatto che, spiega l’autore, “l’innamoramento di Giuseppe Bottai verso il duce si incrina ma rimane una lealtà critica che non determina affatto la rottura del rapporto”.
Ed è in questo momento che la frattura con l’area degli irriducibili di Farinacci raggiunge punti davvero enormi arrivando all’approvazione delle Leggi Razziali.
Lo stesso Roberto Farinacci fa girare la voce che Bottai sia d’origine ebraica per estrometterlo ed il risalto che questa notizia ha a livello internazionale diventa sempre più grande (addirittura si trova in molti giornali francesi e tedeschi).
La scelta di Giuseppe Bottai, divenuto Ministro dell’Educazione, di applicarla in maniera dura diventa, al tempo stesso, “un’angoscia” ed una “responsabilità” necessaria.
La prova di questo suo momento difficile si ritrova nella corrispondenza riportata tra le pagine del libro ove un carteggio con l’allora vicepresidente dell’Unione delle Comunità Israelitiche d’Italia, l’avvocato Aldo R. Ascoli mostra l’apertura di Bottai verso gli ebrei italiani valuta la possibilità concreta di “concedere particolari benemerenze a famiglie di ebrei in cui qualcuno abbia acquisito meriti particolari, militari o civili”.
“Due parti in commedia” spiega Angelo Polimeno Bottai dimostrando, ancora una volta, il forte attaccamento di Giuseppe Bottai all’origine rivoluzionaria del fascismo di cui resta innamorato.
Le contrapposizioni con Farinacci aumentano esponenzialmente: Bottai redige, durante il mandato che lo vedo governatore della Capitale, i piani per la creazione di EUR 42, l’Esposizione Universale di Roma che si sarebbe tenuta nel 1942 (a ragione si crede che nessuno nei primi anni del ’30 pensasse ad una Guerra Mondiale), ed in antitesi al premio Cremona, Bottai da vita dapprima al premio Bergamo e successivamente manda in stampa la rivista Primato che diviene uno dei capisaldi della cultura italiana del momento.
Sulle pagine del “Primato. Lettere e arti d’Italia” scrivono le firme italiane più eccellenti, da Nicola Abbagnano a Galvano della Volpe, da Walter Binni a Mario Praz, da Dino Buzzati a Vasco Pratolini, passando per Quasimodo, Montale, Ungaretti, Guttuso ed un giovanissimo Eugenio Scalfari ebbe a dire “su il Primato potevo scrivere liberamente mettendo alle corde Farinacci”.
Un’oasi culturale che dimostra la libertà di pensiero di Giuseppe Bottai ed il suo vano tentativo di riportare il fascismo a quegli albori che erano rimasti nel suo animo rivoluzionario.
Oasi che, attraverso poi l’emanazione di quella che divenne la legislazione per la difesa delle opere d’arte italiane fino alla creazione dell’Istituto Centrale del Restauro, porta alla salvezza di un enorme patrimonio artistico del nostro paese grazie anche alla collaborazione di personalità del calibro di Giulio Caio Argan, in chiave e funzione antinazista concretizzandosi anche sul piano prettamente pratico.

Il libro si conclude con i tragici momenti che portarono al famoso 25 luglio 1943 dove una “dittatura” decreta una successione, una piena antitesi al concetto stesso di dittatura.
Giuseppe Bottai è uno di quelli che votarono a favore dell’Ordine del giorno Grandi e per questo, condannato in contumacia, dai tribunali della Repubblica Sociale, dapprima si rifugia in Vaticano fino a giungere poi sotto il falso nome di Andrea Battaglia a combattere vestendo la divisa della Legione Straniera per la liberazione della Provenza dalle truppe naziste.

Due momenti importanti da sottolineare orchestrati da due ex sindaci della città di Frascati: Roberto Eroli e Stefano Di Tommaso.
Quest’ultimo, attento ricercatore, legge una lettera scritta dal Ministro della Cultura Popolare, Alessandro Paolini, ed indirizzato al ministro dell’Educazione Giuseppe Bottai.

Stefano Di Tommaso con in mano la lettera indirizzata da Alessandro Paolini a Giuseppe Bottai

Roberto Eroli invece esorta Angelo Polimeno Bottai a ricercare, tra i diari del nonno Giuseppe, informazioni che possano fare ulteriore luce sul tragico bombardamento effettuato dagli alleati l’8 settembre 1943 della città di Frascati.

nella foto, da sx, Angelo Polimeno Bottai, Roberto Eroli ed Emanuela Bruni

Una serata che ha riportato i tantissimi presenti nei giorni ancora vivi di quel Ventennio Fascista.

Colpisce, e non poco, la frase dell’ultima di copertina del libro nella quale, Angelo Polimeno Bottai, scrive “Nato pochi mesi dopo la sua morte, Giuseppe Bottai purtroppo non l’ho mai incontrato. Un doppio dispetto del destino: come nipote e come giornalista. In questa seconda veste, tuttavia, posso raccontare chi è stato l’uomo che più di tutti ha rappresentato ragione e coscienza del 25 luglio 1943”.

il direttore de “Il Tuscolo” ed amico Fabio Polli con Angelo Polimeno Bottai

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Ad Ariccia i Concerti Brandeburghesi di Bach nella Sala Maestra di Palazzo Chigi per “I Concerti dell’Accademia degli Sfaccendati”

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Domenica 30 giugno, alle ore 20:30, nella barocca Sala Maestra di Palazzo Chigi ad Ariccia appuntamento da non perdere con il secondo e conclusivo concerto dell’esecuzione integrale dei Concerti Brandeburghesi di J.S. Bach.
L’Orchestra Progetto Syntagma, formata da 2 flauti dolci – 3 oboi – fagotto – 2 corni – tromba – 3 violini – viola – violoncello – contrabbasso e clavicembalo, violino solista e direttore Gabriele Pro, eseguirà dei Six concerts avec plusieurs instruments, che Philipp Spitta nel 1873 denominerà Concerti Brandeburghesi, il n.1 in fa maggiore BWV 1046, il n.4 in sol maggiore BWV 1049 e il n.2 in fa maggiore BWV 1047.
Ascoltare la sublime bellezza di questi capolavori assoluti della storia della musica in una sala d’epoca dall’acustica perfetta è un’esperienza unica e indimenticabile.
I Concerti dell’Accademia degli Sfaccendati sono realizzati dalla COOP ART di Roma (Socio AIAM) con il contributo del Ministero della Cultura, della Regione Lazio e del Comune di Ariccia.



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Lazio, all’Ospedale di Frascati la prima cistifellea asportata in anestesia locale

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Il primo intervento chirurgico nella Regione Lazio di asportazione della cistifellea in anestesia locale è avvenuto con successo all’Ospedale di Frascati nel territorio della Asl Roma 6.
 
Si tratta di una rivoluzione nell’ambito della chirurgia generale che supera la rigida “condicio sine qua non” che per eseguire una procedura di laparoscopia, è necessario eseguire un’anestesia generale con intubazione.
 
Ora nel Lazio è possibile e si apre un nuovo percorso di presa in carico di pazienti con quadri clinici complessi per cui l’anestesia generale risulterebbe molto rischiosa.
Ma veniamo ai fatti. Al San Sebastiano è stata effettuata una colecistectomia laparoscopica in anestesia locoregionale a una signora di 74 anni, già plurioperata all’addome e con diverse comorbilità tra cui cardiopatia ischemica ed ipertensiva, insufficienza respiratoria e inoltre impossibilitata a camminare a causa di una grave forma di artrosi.
 
Proprio In considerazione del quadro di salute complesso della paziente, e delle continue coliche epatiche di cui soffriva sfociate in una una colecistite, l’equipe chirurgica ed anestesiologica dell’ospedale, avendo già maturato esperienza in interventi laparotomici di chirurgia maggiore in anestesia locoregionale, ha deciso si non sottoporre la signora a un intervento in anestesia generale, bensì locale, pur trattandosi di intervento laparoscopico.
 
Grande soddisfazione, in merito alla tecnica Anestesiologica, è stata espressa sia dalla paziente che dal chirurgo Dr. Massimiliano Boccuzzi, Direttore della UOC di Chirurgia Generale e dal suo aiuto Dr Angelo Torcasio insieme al direttore del servizio anestesia dott. Benedetto Alfonsi.
 
L’intervento è durato 60 minuti ed è stato effettuato con un pneumoperitoneo ridotto da 12mmHg ad 8mmHg, di conseguenza con un campo lievemente ridotto e senza curarizzazione, tutto ciò ha richiesto esperienza nella tecnica laparoscopica e affiatamento tra equipe anestesiologica, chirurgica ed infermieristica.
 
Di fatto operare in laparoscopica in anestesia locale evita il presentarsi delle complicazioni dovute all’operazione chirurgica  con anestesia generale, c’è una minore occupazione della sala operatoria e i tempi di ripresa del paziente si accorciano.
 
La signora infatti ha avuto una ottima ripresa post operatoria ed è stata dimessa il secondo giorno. A distanza di meno di un mese dall’operazione è in buona salute.
 
Grazie alla tecnologia e la fiducia messa a disposizione dalla direzione strategica della Asl Roma 6,l’ Unità Operativa Complessa (Uoc) di Chirurgia Generale dell’Ospedale San Sebastiano di Frascati ha dato inizio, per la prima volta nella Regione Lazio a un innovativo studio prospettico per le colecistectomie laparoscopiche con comorbilità eseguite in anestesia locoregionale. 
 
“Da diversi anni – dichiara il dottor Massimiliano Boccuzzi – presso il nostro presidio ci siamo prodigati, Chirurghi ed Anestesisti, all’affinamento di tecniche, che ci possano condurre ad una sensibile riduzione dei rischi operatori e delle complicanze, nei pazienti anziani e nei pazienti con gravi comorbilità, con il fine di raggiungere questo traguardo. Un grande ringraziamento agli anestesisti, ai miei chirurghi ed alla professionalità e all’affiatamento degli infermieri ed OSS del blocco operatorio e del reparto di degenza dell’area chirurgica che con competenza e grande umanità seguono i pazienti nel blocco operatorio e nel reparto di degenza”.
 
Non sono mancati i complimenti della direzione della Asl Roma 6: ”Siamo orgogliosi – hanno detto il Commissario Straordinario della Asl Roma 6 dott. Francesco Marchitelli e il Direttore Sanitario dott. Vincenzo Carlo La Regina – per l’importante traguardo raggiunto qui all’ospedale di Frascati che servirà per rivoluzionare questa tipologia di interventi chirurgici riuscendo a curare anche pazienti con quadri molto complessi. Adesso è necessario continuare a coltivare questa tecnica e trasmetterla per garantire un nuovo futuro approccio chirurgico in questo campo”.

 



 
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