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Modern Warfare 2, il reboot del capitolo più importante della serie Call of Duty

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Modern Warfare 2 è il sequel del titolo uscito nel 2019 (qui la nostra recensione) e segue la trama riscritta del secondo capitolo uscito nell’ormai lontano 2009. Il titolo è ovviamente disponibile su Pc, Xbox e PlayStation in due edizioni: la standard, che contiene il gioco base, e l’edizione “cassaforte” che comprende tutta una serie di bonus come ad esempio 4 skin del Tf-141 da sfoggiare nel multigiocatore, l’accesso al primo pass stagionale, 50 salti di livello e un progetto arma unico. L’offerta scelta per questa nuova versione del noto sparatutto targato Activision include una breve quanto spettacolare campagna, un corposo multiplayer, una modalità cooperativa e successivamente ospiterà Warzone 2, la nuova versione della famosissima modalità battle royale. Parlando della emozionante campagna, che solitamente viene fruita come antipasto prima di gettarsi a capofitto nell’offerta multigiocatore online, Call of Duty Modern Warfare 2 mette ancora una volta i giocatori nei panni della Task Force 141, dove fanno il loro ritorno i personaggi iconici del predecessore alle prese con nuove operazioni speciali, slegate dalle vicende precedenti. Al centro della narrazione vi sono i traffici loschi di Al-Qatala, una cellula terroristica che ha influenze in tutto il mondo, dove la squadra operativa capitanata dal baffuto John Price si dividerà i compiti, in un’alternanza di missioni dal tratto lineare e scenico come da tradizione. Non volendoci addentrare nel merito delle vicende narrate per evitare spoiler, possiamo affermare che la trama nonostante non brilli per originalità, riesce comunque a offrire un’ottima varietà di situazioni tanto da intrattenere adeguatamente per le circa 7/8 ore necessarie per il completamento al livello “veterano”. Ovviamente, trattandosi di un reboot, non mancano strizzate d’occhio alla nostalgia derivata dai vecchi capitoli del filone Modern Warfare appartenenti a due generazioni di console fa, mentre ci si adopera per portare qualcosa di nuovo all’interno dell’impianto narrativo, come la meccanica relativa ai dialoghi a scelta multipla, implementata timidamente e che sfocia nella possibilità di scegliere come agire in certe circostanze, fattore che comunque non altera la trama ma offre una visione diversa di alcune scene precise. Le 17 missioni che compongono la campagna di Call of Duty Modern Warfare 2 alternano sezioni più classiche ad alcune più peculiari, ambientate in diversi contesti bellici, talvolta dando al giocatore libertà di scelta negli approcci, che si concretizzano comunque nel classico e ottimo “gunplay” della serie. Su questo fronte, la formula frenetica e vincente che da sempre contraddistingue il kolossal di Activision non è cambiata, mettendo in scena nella fattispecie una riproposizione delle ultime iterazioni del sistema di shooting, il quale si riconferma una garanzia, anche in ottica multigiocatore. A nostro avviso, nonostante la grafica sia a dir poco sensazionale e in alcuni punti i colpi di scena riescano a dare grandi emozioni, a livello di campagna il nuovo titolo di Activision risulta più debole rispetto all’originale del 2009. Saranno la mancanza delle musiche del maestro Hans Zimmer, l’intreccio narrativo sicuramente meno articolato rispetto al passato e l’epicità poco marcata a farci dare questo giudizio, ma in ogni caso da veterani del brand possiamo dire che questo MW2 di nuova generazione non sorprende come fece il suo antenato. Intendiamoci, il gioco è assolutamente godibile e bello da giocare, soprattutto per l’impatto grafico vicinissimo al fotorealismo, ma non ci ha fatto scattare quella scintilla che scoccò due generazioni fa di console.

https://www.youtube.com/watch?v=_mHWYy37T7I

Parlando della componente online, vero cuore pulsante della produzione, diciamo che il multiplayer di questo nuovo Call of Duty continua sulla falsariga dei recenti predecessori, cross-play incluso, maggiormente su quella del reboot del 2019, proponendo le classiche modalità che da sempre contraddistinguono l’offerta della serie e un sistema di progressione storico basato sul grado del soldato e supportato dai battle pass stagionali, sistema che include anche la progressione delle oltre cinquanta armi disponibili per sbloccarne i relativi accessori. Sono presenti al lancio un totale di 16 mappe al servizio di dodici modalità, divise in 6 vs 6 e 32 vs 32, dove per la prima impostazione, tra le proprie proposte, troviamo i classici deathmatch a squadre, tutti contro tutti, dominio, cerca e distruggi e quartier generale, come vuole la tradizione e per la gioia dei fan storici. Sussiste anche la possibilità di giocare in terza persona in una specifica tipologia di gioco inedita che aggiunge al classico FPS una visione diversa del campo di battaglia, costringendo il giocatore a rivedere il proprio gameplay in funzione di una telecamera diversa. In Modern warfare 2 torna anche un’estrema personalizzazione delle classi, grazie a un numero elevato di modifiche possibili all’armamento, tra armi principali e secondarie, equipaggiamento tattico e da campo, serie di uccisioni e perk, dove quest’ultimi hanno ricevuto una sostanziosa modifica. Ora i giocatori possono scegliere una coppia fissa di vantaggi attivi fin da subito, mentre altri lo diverranno durante le partite grazie a uccisioni e altre azioni da punteggio che contribuiscono a velocizzarne l’attivazione. Per quanto riguarda le armi di Modern Warfare 2, queste beneficiano del nuovo Armaiolo, versione aggiornata del sistema di modifiche già sperimentato che vede l’incremento degli accessori selezionabili per cambiare drasticamente ogni armamento e permette di apportare anche degli accorgimenti statistici, testabili nel poligono di tiro dedicato alla prova del proprio arsenale. Per chiudere il discorso armi e bilanciamento, il time to kill è un fattore che distingue le diverse produzioni divise tra Infinity Ward, Treyarch e Sledgehammer Games, che in questo capitolo troviamo piuttosto soddisfacente, a patto di avere un’arma ben modificata, in un contesto dove, ribadiamo, il bilanciamento non è all’ordine del giorno, soprattutto se si prendono in esame gli scambi di colpi tra utenti, i quali possono attingere a un vastissimo arsenale. Come i più attenti noteranno, poi, i nomi di molte delle armi non corrispondono alla realtà nonostante il design sia lo stesso. Un vero peccato per chi era abituato ad avere anche da questo punto di vista un approccio che si avvicina alla realtà. Prima di passare al lato tecnico di Call of Duty Modern Warfare 2, è bene citare l’aggiunta di una modalità cooperativa al pacchetto classico che riprende alcuni scenari narrativi della campagna, in cui collaborare con un altro giocatore per raggiungere vari obiettivi bellici, fungendo da riempitivo all’offerta tradizionale della serie. Purtroppo tale modalità è funestata da molti bug e rende l’esperienza sicuramente meno emozionante di quanto si vive nella campagna.

https://www.youtube.com/watch?v=a1SN5Ljt4fk

Per quanto riguarda l’aspetto grafico, come già accennato qualche riga più in alto, la campagna di Call of Duty Modern Warfare 2 è davvero spettacolare. Ad averci sorpreso sono ancora una volta le movenze del personaggio, le cui animazioni sono realizzate meticolosamente e favoriscono l’immersione nel contesto bellico in cui si trova. Non da meno sono i volti di protagonisti e comprimari: l’espressività e il dettaglio grafico in questo caso sono notevoli, al punto da generare una sensazione di fastidio quando si notano piccole nonché sporadiche imperfezioni nelle animazioni dei personaggi. Mentre la campagna offre una resa grafica ottimale e di tutto rispetto in confronto a produzioni moderne, lo stesso non si può dire per il comparto multigiocatore, che presenta texture poco definite e una gestione dell’illuminazione poco convincente, laddove si poteva fare decisamente di più su PS5 ed Xbox Series X, piattaforme su cui è stata svolta la prova, che comunque garantiscono entrambe il frame rate ancorato a 60 fps in ogni occasione, con la possibilità di puntare ai 120 fps su schermi che supportano i 120 Hz. Il motore grafico IW 9.0 adottato per il nuovo titolo fa indubbiamente dei passi in avanti rispetto ai predecessori, ma non mancano delle imperfezioni abbastanza evidenti, come ad esempio qualche problema di pop-in e caricamento ritardato delle texture in multigiocatore. In termini di resa complessiva insomma, ci si poteva aspettare qualcosa in più rispetto alle ultime tre iterazioni, puntando magari su un’ottimizzazione migliore del software sulle nuove console. Tuttavia, molte sono le modifiche che è possibile apportare al gameplay e alla resa su schermo, che riconfermano una personalizzazione dell’esperienza meticolosa anche su console. Di splendida fattura il doppiaggio in italiano che come ci ha ormai abituato la saga si presenta molto bene, rendendo il brand accessibile al nostro pubblico e sfruttando a dovere l’ottima espressività dei personaggi. Peccato per le musiche che non sono assolutamente paragonabili a quelle del 2009 dirette da Hans Zimmer, ma nemmeno a quelle del 2019 di cui riprende il tema in alcuni frangenti ma non lo esalta assolutamente. Pollice assolutamente all’ingiù per quanto riguarda l’interfaccia dei menù, poco intuitiva a prima occhiata, che specialmente nel multiplayer richiede del tempo per la comprensione ottimale di tutte le sue componenti di navigazione. Si passa da una concezione delle schermate da verticale a orizzontale e questo cambiamento sicuramente darà fastidio agli appassionati della serie in quanto rende il tutto più caotico e meno ordinato. Tirando le somme possiamo sicuramente dire che questo Call of Duty Modern Warfare 2 si presenta all’appuntamento di fine anno con i suoi esigentissimi fan con una campagna di tutto rispetto, breve come di consueto ma varia e supportata dall’ottimo “gunplay” offerto da Infinity Ward, che si dimostra nuovamente il team di sviluppo attualmente più brillante della triade di Activision per il franchise di CoD. Il multiplayer, tra classicismi e alcune novità, non manca di dare il suo sostanzioso apporto al pacchetto come modalità fulcro dell’offerta, pur non risultando sempre all’altezza del proprio compito. Di contorno troviamo una modalità cooperativa completamente sciapa e che funge da riempitivo senza particolari meriti o demeriti. Un ennesimo appuntamento bilanciato insomma, da valutare attentamente in base alle proprie volontà rispetto alla serie, soprattutto con un Warzone 2 gratuito alle porte che con la modalità inedita DMZ promette una ventata d’aria fresca per il brand rispetto al classico pacchetto di tre modalità mirato perlopiù ad appassionati di vecchia data. In ogni caso attualmente Modern Warfare 2 rappresenta l’esperienza bellica in prima persona più appassionante e coinvolgente. Farselo scappare sarebbe un vero errore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 8,5

Gameplay: 9

Longevità: 9

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise

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Nobody Wants to Die, il videogame thriller in salsa cyberpunk

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Nobody Wants to Die, titolo sviluppato da Critical Hit Games disponibile su Pc, Xbox e PlayStation, è un’avventura di stampo noir ambientata nella città di New York del 2329. Protagonista dell’avventura è il detective James Karra che si trova a dover indagare su una serie di misteriosi omicidi. Il poliziotto però non è solo, ma dovrà affrontare le indagini assieme alla giovane collega Sara Kai, suo braccio destro nonché personaggio fondamentale nel corso della storia. Fin dai primi passi mossi in questo thriller decisamente molto curato per quanto riguarda l’aspetto grafico, siamo rimasti affascinati dall’atmosfera da detective story in stile Blade Runner, dove però il focus devia totalmente dalle dinamiche di combattimento che ci si aspetterebbe. Nel corso di tutta la durata di Nobody Wants to Die, infatti, non si incontrerà alcuna sequenza di combattimento. Un vero peccato perché a nostro avviso qualche sparatoria avrebbe sicuramente messo più pepe al tutto. Come si può intuire, quindi, i cardini della produzione sono racchiusi tutti in tre elementi: storia, personaggi e ambientazione. A livello narrativo l’avventura ha inizio con il detective James Karra che torna a lavorare in polizia dopo un recente incidente in seguito al quale sembra aver avuto delle conseguenze sulla sua salute psichica. Proprio nel suo giorno di riposo viene incaricato dal suo capo di indagare sul presunto suicidio di uno degli uomini più ricchi di New York, Edward Green. L’uomo si accorgerà ben presto però che il caso affidatogli non è quel che sembra e, in compagnia della sua collega, Sarah, si troverà invischiato in un intrigo politico estremamente pericoloso e complesso.

Fra livelli che si sviluppano in verticale man mano che aumenta il tenore di vita dei cittadini, auto volanti che affollano i cieli ed enormi insegne luminose a fendere l’oscura decadenza di una metropoli in cui piove sempre o quasi, l’ambientazione di Nobody Wants to Die si ispira in maniera palese a Blade Runner ed è ovviamente un peccato che la si possa solo ammirare da lontano. Sono presenti infatti sequenze in cui il protagonista si ritrova a contemplare il profilo della sua New York e il traffico che scorre fra i palazzi, magari mentre si affaccia dallo sportello aperto della sua stessa auto volante. Tuttavia, una volta messo in moto il veicolo, l’atto di viaggiare verso una qualsiasi destinazione viene rappresentato in maniera automatica, senza la possibilità di pilotare il mezzo. Di fatto i momenti in cui viene concesso di esplorare lo scenario sono pochi e limitati, a dimostrazione di come il contorno scenografico dell’avventura sia appunto questo: un semplice sfondo, pensato per arricchire e contestualizzare un gameplay che di fatto si limita all’analisi delle scene del crimine o ai puzzle che concludono un’indagine andando a sommare i vari elementi. A livello di giocabilità, una volta giunti sulla scena del crimine si può azionare un dispositivo in grado di “riavvolgere il tempo” e rivelare elementi da approfondire e visualizzare, ricorrendo anche ad apparecchi come la fotocamera, la lampada UV e il visore a raggi X per ricostruire di volta in volta ciò che è accaduto e chi ha fatto cosa. Questa parte dell’esperienza è piacevole e molto ben coreografata, ma come detto risulta parecchio guidata. L’interfaccia del gioco, infatti, dispensa suggerimenti in continuazione, al punto che la modalità di visualizzazione teoricamente deputata a fornire dei consigli si rivela inutile. Viene detto fino a dove far scorrere il tempo, che strumento utilizzare e quando, rendendo futile persino la ruota di selezione dei dispositivi; e così anche il gameplay stesso di Nobody Wants to Die si rivela semplicemente funzionale alla narrazione e nient’altro.

L’ambientazione oscura scelta dal team polacco è di certo la componente meglio riuscita dell’intera produzione perché, al netto delle sue evidentissime ispirazioni, riesce a far emergere una discreta personalità all’interno delle suggestioni cyberpunk grazie ad un retro-futurismo datato ma efficace: l’impatto scenografico prestato da Blade Runner è qui mescolato ad un’estetica anni Quaranta, generando una dose di malinconia mista a tristezza nell’osservare auto volanti e dal design antiquato sfrecciare tra le piogge acide di una notte perenne. La colonna sonora doom jazz accompagna le elucubrazioni di un protagonista costretto a vivere per sempre nonostante la mancanza di stimoli reali, tratteggiando i confini di un universo in cui l’immortalità non è un dono, ma una condanna a vivere con i propri rimorsi. L’Unreal Engine 5 è qui utilizzato per donare un elevato grado di dettaglio ad ambientazioni contenute e ben diverse tra di loro, con un preset “Qualità” che fa sfoggio di un ray tracing corposo e di un’illuminazione efficace, mentre quello “Prestazioni” – che mantiene stabilmente i 60 fps – smorza il colpo d’occhio facendo calare la definizione e riducendo i giochi di luce. Tirando le somme possiamo dire che questo Nobody Wants to Die è nel complesso un’avventura a base narrativa caratterizzata da un’affascinante ambientazione cyberpunk, che attinge a piene mani da alcune opere piuttosto celebri, come il già citato Blade Runner, per raccontare una storia interessante e coinvolgente, costruita interamente sui due protagonisti. È vero: il gameplay si limita all’analisi delle scene del crimine e gli sviluppatori non hanno osato sconfinare, infarcendo anzi le meccaniche investigative di suggerimenti contestuali che rendono l’esperienza parecchio guidata, ma non per questo meno piacevole. Se quello che si cerca è un titolo tranquillo, con un’ambientazione molto suggestiva e che sia privo di una componente action, allora Nobody Wants to Die è il titolo che fa per voi.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5
Sonoro: 8
Gameplay: 7
Longevità: 6,5

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise

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Threads in forte ascesa, superati i 200 milioni di utenti

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Threads, l’ultimo nato fra i social di Meta, ha superato il traguardo dei 200 milioni di utenti. Lo ha affermato con un post online Adam Mosseri, capo di Instagram, sulla cui rete Threads si basa. L’annuncio arriva un giorno dopo che Mark Zuckerberg aveva dichiarato durante una call sugli utili di Meta, che l’app stava per raggiungere i 200 milioni di utenti. In passato, il fondatore di Facebook ha più volte ipotizzato che Threads mira a diventare un social da un miliardo di iscritti. “La mia speranza è che Threads possa ispirare idee che uniscano le persone e che questa straordinaria comunità continui a crescere. Grazie a tutti per aver investito il vostro tempo e fornito feedback che rendono questo posto migliore per tutti” ha scritto Mosseri dal suo profilo su Threads. Come concorrente di X, l’app deve ancora risolvere alcune lacune che la differenziano ancora dal colosso guidato da Elon Musk. Come scrive Engadget, la stessa Meta è conscia del fatto che l’algoritmo che presenta i post in tempo reale di X sia molto più veloce di quello su Threads. “Non siamo ancora abbastanza veloci, e stiamo lavorando attivamente per migliorare” ha proseguito Mosseri. In ogni caso i numeri parlano chiaro, Threads in poco tempo sembra aver conquistato un elevato numero di utenti e sembra che il fenomeno sia destinato a crescere. Riuscirà a diventare la nuova punta di diamante di Meta? Lo scopriremo solo seguendo gli sviluppi e la crescita di questo giovanissimo social media.

F.P.L.

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Luigi’s Mansion 2 HD, il titolo icona del 3DS torna su Switch in alta definizione

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Luigi’s Mansion 2 ritorna, a più di 10 anni dalla sua uscita originale su Nintendo 3DS, in versione rimasterizzata per Nintendo Switch. Questa nuova edizione in alta definizione del piccolo capolavoro del colosso nipponico offre l’opportunità di rivivere una delle avventure più amate del fratello di Mario, con una veste grafica rinnovata e alcune migliorie tecniche. Ma come si comporta questo titolo del 2013 nel panorama videoludico attuale? Analizziamo nel dettaglio questa riedizione per scoprire se il fascino di Cupavalle resiste ancora alla prova del tempo oppure è destinato a soccombere sotto il peso degli anni. Seguendo in modo abbastanza diretto dal primo episodio, uscito su Game Cube nel lontano 2001, Luigi’s Mansion 2 HD (al tempo Luigi’s Mansion 2 o Luigi’s Mansion Dark Moon negli Usa) catapulta i giocatori nuovamente nell’avventura con un incipit decisamente semplice: dopo la vittoria dell’idraulico in verde nel primo capitolo, i fantasmi si sono acquietati e vivono in serenità con gli umani, permettendo al Professor Strambic di continuare i suoi studi con grande efficienza. Un “misterioso intervento esterno”, però, distrugge e frammenta la pietra a forma di luna che teneva sotto controllo gli spiriti, mandandoli in agitazione e costringendo lo scienziato a chiedere il soccorso del miglior acchiappafantasmi in circolazione. Così in men che non si dica quel fifone di Luigi si trova nuovamente impegnato a catturare spettri con aspirapolvere alla mano e gambe tremolanti. Questa volta però non si troverà più in una sola, vasta, magione, ma dovrà spostarsi in differenti aree per recuperare i pezzi del cristallo, scoprire chi si nasconde dietro le quinte e ripristinare tutto alla normalità, assicurandosi che nessuno dei suoi amici sia finito nei guai. Il tutto è possibile grazie al genio di Strambic, che oltre a essere il massimo esperto di fantasmi è anche riuscito a sviluppare una tecnologia chiamata “pixeltrasporto”, in grado di muovere Luigi da una parte all’altra del mondo sfruttando schermi e telecamere come veicolo. Da qui inizia un’avventura tendenzialmente in linea con gli altri episodi, che vede il buon Luigi esplorare ogni angolo delle location da lui visitate alla ricerca di tesori, chiavi, fantasmi e segreti: insomma, tutto il necessario per proseguire di livello in livello e soddisfare le richieste di Strambic. Idealmente la progressione ricorda un po’ quella di un metroidvania, in quanto c’è la libertà di muoversi in aree tutto sommato limitate, da sbloccare di volta in volta, mentre vengono mostrati al tempo stesso tanti passaggi apparentemente inaccessibili, muri misteriosi che sembrano nascondere qualcosa, stanze prive di accesso o sistemi di controllo che sembrano non rispondere alle sollecitazioni di chi gioca.

Luigi questa volta avrà insomma un bel da fare dovendo ripuloire ben cinque magioni infestate nel tentativo di ricomporre la pietra a forma di Luna e domare gli ectoplasmi aiutato dal fido aspirapolvere Poltergust 5000, versione potenziata del modello 3000 comparso in Luigi’s Mansion, e da una torcia multifunzione. Sulla carta per avere la meglio basterebbe “sparaflashare” gli evanescenti invasori per poi pescarli con l’aspirapolvere assecondando i loro movimenti. Nella pratica, però, i dispettosi fantasmi faranno di tutto per vendere cara la melma ricorrendo a trucchetti, armature o alla forza bruta: tutte cose che costringeranno i giocatori a indebolirli, aggirarli o quant’altro prima di poter procedere con la cattura. Su 3DS, come accennato, queste meccaniche soffrivano un poco i limiti del sistema di controllo, ma qui sono una vera goduria e bastano davvero pochi minuti per prenderci la mano e farsi trascinare dalla moltitudine di interazioni escogitata da Next Level Games e Nintendo per spremere fino all’ultima goccia le possibilità del Poltergust 5000 e il pensiero laterale dei giocatori. Il Poltergust 5000 nasce per aspirare i fantasmi, OK, ma nulla vieta di invertire il flusso e/o sfruttarlo per sollevare tappeti, afferrare tende, tovaglie e in generale passare al setaccio le magioni infestate svelandone i vari segreti o espugnandone le ricchezze in modo da potenziare il proprio arsenale. Sempre grazie all’aspirapolvere si può, ad esempio, afferrare oggetti congelati e trasportarli fino alla fiamma più vicina, oppure gonfiare dei palloncini e creare una piccola mongolfiera per raggiungere aree altrimenti inaccessibili; e queste sono solo alcune delle tante interazioni possibili per sfruttare o aggirare i limiti fisici del gioco. La torcia a sua volta non si limita a rendere vulnerabili gli spiriti ma consente di attivare interruttori e meccanismi, mentre l’Arcobaluce – sorta di versione “mariesca” degli ultravioletti – è in grado di svelare porte e oggetti nascosti aggiungendo di fatto una dimensione extra all’avventura, obbligando così il giocatore a prestare particolare attenzione a tubi mancanti, zerbini e persino ai complementi d’arredo apparentemente asimmetrici. Attorno a queste dinamiche gli sviluppatori hanno costruito un sistema di enigmi incredibilmente sofisticato; le missioni inizialmente appaiono circoscritte, ma col procedere del gioco diventano sempre più elaborate facendo “esplodere” il level design delle singole magioni e servendo alcune delle boss fight più creative mai viste in un videogioco Nintendo. Di contro il cuore dell’esperienza resta la caccia, e anche sotto questo aspetto dopo le prime semplici battute è necessario ricorrere all’astuzia e a tutte le opportunità offerte dai propri strumenti, senza contare le occasionali disinfestazioni da ragni, piante carnivore e altre simpatiche creaturine che infestano le aree di gioco.

Se il titolo originale ha proposto una più che discreta esperienza portatile, in questa occasione è opportuno chiedersi se e quanto abbia giovato la transizione a una nuova piattaforma. La risposta è a nostro avviso: decisamente più performante ma meno “peculiare” rispetto alla piccola console portatile della grande N. A livello puramente visivo, nulla da dire: pur non raggiungendo le vette di Luigi’s Mansion 3, questa edizione HD del secondo capitolo risulta comunque molto curata, potendo godere di modelli e texture ricreati da zero e un impatto scenico dovuto al cambio di proporzioni dello schermo decisamente più efficace. Molto bene invece per quello che concerne il lato controlli, che tornano a contemplare l’utilizzo dell’analogico destro (assente su 3DS) per rendere più agile il movimento che su portatile risultava piuttosto sacrificato. Forse il cambiamento più importante che il gioco ha vissuto in positivo. Esplorazione e combattimenti risultano quindi più fluidi e divertenti, così come tutte le prove “speciali” che vedono variare il gameplay. Dove si paga lo scotto è nella trasposizione dell’esperienza “stereoscopica” originale: in particolare basta vedere i boss, comunque tuttora apprezzabili, per cogliere come la messinscena sia frutto di un design collegato allo speciale effetto visivo offerto dallo schermo superiore di Nintendo 3DS, risultando sacrificata, se non quasi banalizzata, quando riprodotta in modo tradizionale. E’ necessario, quando si parla di Luigi’s Mansion 2 HD evidenziare due note sulla longevità e il multigiocatore. Per quanto concerne la durata, il titolo si assesta sui livelli del terzo capitolo, quindi intorno alle 10/15 ore per una partita classica, salendo se si va alla ricerca del completismo, sebbene il tutto possa risultare un po’ allungato per via del continuo “vai e vieni” dovuto alla struttura a missioni. Per quanto riguarda il multigiocatore tocca constatare come il tutto sia in linea con il titolo d’origine, mancando quindi di una modalità storia cooperativa e limitandosi invece alla Torre del Caos in cui collaborare fino a 4 giocatori, in wireless locale o online, per superare le tante e appassionanti sfide proposte. Tirando le somme, poter tornare a giocare a Luigi’s Mansion 2 HD è sempre un piacere, soprattutto perché in termini di level design, struttura degli enigmi e gestione dell’arsenale è sicuramente il capitolo più interessante della serie, persino al netto del terzo. In più il salto in avanti per quanto riguarda il sistema di controllo offerto a suo tempo da 3DS rappresenta una vera benedizione, persino più gradita del passaggio all’alta definizione. Certo, aggiornare anche il sistema dei salvataggi sarebbe stato un gradito cambiamento, ma tutto sommato non possiamo lamentarci. Tuttavia tra gioco base, contenuti extra e tutte le cose da fare per completare il titolo al cento per cento, ci sarà da spassarsela davvero per molte ore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

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