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Cronaca

Milano, annullato atto di nascita di una coppia di papà

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Il Tribunale di Milano ha annullato la trascrizione dell’atto di nascita del figlio di una coppia di uomini nato con la maternità surrogata.

Mentre ha stabilito che per chiedere l’annullamento della trascrizione dei riconoscimenti dei figli di tre coppie di donne, nati all’estero con procreazione assistita, serve un altro “procedimento” di “rimozione dello stato di figlio”.

Lo ha deciso il Tribunale civile, al quale la Procura milanese aveva chiesto di annullare, sulla base della sentenza della Cassazione dello scorso dicembre, le registrazioni all’anagrafe del Comune di Milano dei figli di quattro coppie omogenitoriali. 

Il Tribunale di Milano, si legge in un comunicato che riporta i motivi delle decisione, era stato “chiamato a decidere su 4 impugnazioni proposte dalla Procura della Repubblica”.

In sostanza, il pm Rossana Guareschi del dipartimento guidato dall’aggiunto Letizia Mannella aveva chiesto di cancellare le registrazioni di quelle trascrizioni e iscrizioni effettuate dal Comune dopo il deposito del verdetto della Suprema Corte, sulla base del quale anche la Prefettura, lo scorso marzo, aveva inoltrato una circolare relativa all’interruzione della registrazione dei figli di coppie omogenitoriali e proprio alla luce delle “impugnative” avviate dalla Procura a febbraio. “In un procedimento – chiariscono i giudici – è stato chiesto l’annullamento della trascrizione dell’atto di nascita, riportante l’indicazione sia del genitore biologico sia del genitore intenzionale, relativo a un minore nato all’estero da due cittadini italiani, coppia omogenitoriale, con gestazione per altri/maternità surrogata”.

Giudici Milano, non possiamo rettificare riconoscimenti figli Il Tribunale di Milano ha ritenuto “inammissibile il procedimento di rettificazione degli atti dello Stato Civile utilizzato dalla Procura della Repubblica per chiedere l’annullamento della trascrizione dell’atto di riconoscimento del figlio, già riconosciuto dalla madre biologica, da parte della madre intenzionale”. Lo spiegano in una nota, che riassume l’esito e il contenuto delle decisioni, il presidente facente funzione Fabio Roia e il presidente dell’ottava sezione civile Giovanni Battista Rollero, a proposito, in particolare, della decisione sul caso dei figli di tre coppie di donne nati all’estero con procreazione assistita. “Il Collegio, fatta una puntuale disamina della natura dell’atto di riconoscimento e dei suoi effetti, ha ritenuto che l’annullamento della trascrizione del riconoscimento non possa essere realizzato attraverso il procedimento di rettificazione – scrivono i giudici – ma che sia invece necessaria l’istaurazione di una vera e propria azione volta alla rimozione dello stato di figlio”. L’ufficiale dello Stato Civile “può, infatti, rifiutare di accettare una dichiarazione di riconoscimento del figlio, ma una volta che la dichiarazione sia stata accettata, anche se per compiacenza, per errore o in violazione di legge, e sia stata annotata in calce all’atto di nascita del minore, il riconoscimento effettuato non potrà essere contestato e quindi rimosso attraverso una rettificazione, ma sarà necessario ricorrere al modello di tutela che il nostro ordinamento prevede per rimozione dello status di figlio (impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, disconoscimento di paternità, contestazione di stato)”. Ovvero “un procedimento svolto secondo le forme e con la pienezza di garanzie del procedimento contenzioso di cognizione e con la specifica garanzia della nomina di un curatore speciale del minore onde tutelare il relativo interesse nell’ambito della procedura”. 
Se un “Ufficiale dello Stato Civile” ha “ritenuto di poter ricevere la dichiarazione della parte interessata – spiegano i giudici -, non ritenendola in contrasto con il nostro ordinamento e abbia consentito la trascrizione nell’atto, i suoi effetti non potranno non prodursi e l’eliminazione della validità-efficacia della dichiarazione resa non potrà non avvenire se non con gli strumenti ordinari, ossia con le previste azioni di stato”. I giudici nelle 11 pagine del provvedimento, citando diverse sentenze della Cassazione, chiariscono che “lo status di figlio è infatti provato dal suo atto di nascita ove il riconoscimento è trascritto e non potrà essere superato se non da un accertamento di grado superiore”. In questo caso, tra l’altro, spiega il Tribunale, non si discute di “un errore di diritto” o di una “violazione di legge”.

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