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di Angelo Barraco
Cidada Juarez (Messico)– In Messico l’ombra dei narcotrafficanti fa paura e lascia il segno, un segno che si chiama morte e che lascia la sua firma nel deserto. Un bambino di sei anni è stato torturato, lapidato, accoltellato e sepolto vivo, l’omicidio è stato compiuto da 5 ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 15 anni. L’omicidio è avvenuto a Ciudad Juarez, capitale dello Stato di Chihuahua. Il rinvenimento del cadavere della povera vittima è avvenuta grazie ai serrati interrogatori della polizia agli assassini, tra i killer vi sono anche due ragazzine di 13 anni. La vittima era loro vicina di casa scelto come obiettivo di un tragico gioco. Gli aguzzini lo hanno prelevato dalla sua abitazione e secondo le prime ipotesi pare che si stesse simulando un gioco: il sequestro dunque sarebbe la conseguenza di un piano che dall'irrealtà è sfociato nella tragica realtà.
Un numero sempre crescente di ragazzini americani perlopiù 13 enni, residenti in genere in Texas, vengono presi sotto l’ala dei narcotrafficanti messicani e assoldati come killer. Gli omicidi avvengono sia negli USA che in Messico e i ragazzini ricevono un contributo pari a 500 dollari a settimana e per omicidio ricevono persino 50 dollari. Un caso eclatante ai rigori della cronaca mondiale è quello di Rosario Reta di 13 anni che nel 2003 fu assoldato dal boss Miguel Trevino del cartello della droga. Il giovane rimase 6 mesi in un campo di addestramento, quando uscì dal campo di addestramento uccise la sua prima vittima e nel 2006 fu arrestato e fece una dichiarazione sconvolgete, dichiarò di aver commesso circa 30 omicidi. Ecco quanto allora dichiarò: “Mi fa sentire come Superman o come James Bond”. I ragazzini killer che lavorano per il cartello della droga e compiono omicidi, se sono fortunati continuano a vivere sotto la tirannia dei loro capi, macchiando la loro coscienza e mettendo a rischio la propria vita; altrimenti finiscono per essere uccisi e della loro vita non si saprà mai più nulla.
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