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Peggiorate le condizioni di salute del capomafia
Si sono aggravate le condizioni di salute del boss Matteo Messina Denaro, detenuto al 41 bis nel supercarcere dell’Aquila. L’ex latitante, affetto da un tumore, è stato ricoverato nell’ospedale San Salvatore, nel capoluogo abruzzese. Il boss mafioso è stato trasferito dal carcere al reparto di chirurgia con imponenti misure di sicurezza.
Nelle scorse settimane il capomafia aveva subito un piccolo intervento per problemi urologici ed era però rientrato nell’istituto di pena in giornata.
Legale Messina Denaro, condizioni incompatibili con 41bis
Le condizioni di Messina Denaro “sono peggiorate e non sono compatibili con il carcere duro”. E’ quanto afferma l’avvocato del boss mafioso Alessandro Cerella sostenendo che “deve essere assistito 24 ore al giorno”. Cerella ha incontrato il boss nel carcere de L’Aquila a fine luglio. “A strettissimo giro – aggiunge – presenteremo istanza per il ricovero ospedaliero”.
Messina Denaro ai pm: m’avete preso per la malattia, non mi pentirò mai
“Io non mi farò mai pentito”: lo dice senza esitazioni il boss Matteo Messina Denaro interrogato dopo l’arresto dal procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido. L’interrogatorio in cui il boss nega di aver commesso stragi e omicidi e di aver trafficato in droga, ma ammette di aver avuto una corrispondenza con il capomafia Bernardo Provenzano, è stato depositato oggi. “Non voglio fare il superuomo e nemmeno l’arrogante, voi mi avete preso per la mia malattia”. Il capomafia ha raccontato che fin quando ha potuto ha vissuto rinunciando alla tecnologia, sapendo che sarebbe stato un punto debole. Ma poi ha dovuto cedere.
Ai magistrati, per spiegare il cambio di passo sulla gestione della latitanza il 13 febbraio scorso ha citato il proverbio ebraico: “se vuoi nascondere un albero piantalo in una foresta”. “Ora che ho la malattia e non posso stare più fuori e debbo ritornare qua…”, si è detto dopo aver scoperto di avere il tumore “allora – ha raccontato – mi metto a fare una vita da albero piantato in mezzo alla foresta, allora se voi dovete arrestare tutte le persone che hanno avuto a che fare con me a Campobello, penso che dovete arrestare da due a tremila persone: di questo si tratta”. Ma, ha precisato, in paese in pochi conoscevano la sua vera identità. “A Campobello mi sono creato un’altra identità: Francesco”. “Giocavo a poker, mangiavo al ristorante, andavo a giocare”, ha spiegato. Una vita normale per passare inosservato.
“Io mi sento uomo d’onore ma non come mafioso. Cosa nostra la conosco dai giornali”, ha detto Messina Denaro. “La mia vita non è stata sedentaria, è stata una vita molto avventurosa, movimentata”, ha detto ammettendo la latitanza e di aver comprato una pistola, ma di non averla mai usata e di non aver fatto omicidi e stragi.
“Una cosa fatemela dire. Forse è la cosa a cui tengo di più. Io non sono un santo…ma con l’omicidio del bambino non c’entro”: lo dice senza esitazioni il boss parlando dell’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito rapito e sciolto nell’acido.
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