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Mato Anomalies, il “Jrpg” cyberpunk dall’atmosfera unica

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Mato Anomalies è un “Jrpg” sviluppato dallo studio cinese Arrowiz e fortemente ispirato alle ambientazioni cyberpunk. Il titolo, come i più attenti potranno notare dopo poche ore di gioco, si ispira chiaramente a produzioni quali Shin Megami Tensei e soprattutto al suo spin-off Persona, soprattutto sul piano dell’impostazione narrativa e tematica. La città fittizia di Mato colorata, ricca di “vita” e densa di persone, che si susseguono con fare scanzonato e assolutamente ignaro sui freddi cocci di una strada apparentemente ricca di vita, nasconde più di un misterioso e tetro segreto. Nascosti nei meandri dell’oscurità si annidano infatti tantissimi punti oscuri, che proprio come in Persona, e in particolare Persona 5, la fanno da padrona nell’economia generale della trama. I desideri, l’odio, la sede di potere, la voglia di sovrastare a ogni costo il prossimo: questi sono tutti i temi che ruotano intorno alla giostra narrativa di Mato Anomalies, di cui il mondo di gioco ne è lo scenario perfetto. In questo complesso universo si va a incastonare il protagonista della storia, ossia il Detective Doe, trovatosi, suo malgrado, imbrigliato in un susseguirsi di eventi che vanno ben al di là della sua comprensione. Proprio come accade nei lavori di Atlus, la città di Mato è soltanto la parte visibile di un mondo oscuro che si cela in profondità, dominato dalle più terribili delle emozioni umane, che prendono forma in molteplici modi, sotto lo sguardo ignaro della gente comune. Insomma: la città di Mato ha un disperato bisogni di aiuto, così come lo stesso protagonista, che appare sin dalle prime battute un personaggio fragile ma che cerca in tutti i modi di fare la cosa giusta. Proprio il poter contare sul prossimo rappresenta infatti un altro passo in termini di caratterizzazione del mondo in cui si svolge la storia, e tal proposito diventa fondamentale il discorso dei comprimari, Genma su tutti, che entrano via via in contatto con il protagonista e lo aiutano, anche per motivi strettamente personali, a tentare di far luce sull’oscurità che sembra destinata a prendere il sopravvento su una città sempre più in balia della perdizione, ma soprattutto su chi trama dietro tutto questo. Complice un cast ben caratterizzato e discreto esercizio di worldbuilding, il canovaccio narrativo di Mato Anomalies è complessivamente interessante, soprattutto nel caso in cui il giocatore apprezzi il paranormale e le tematiche mature, angoscianti e attuali quali la lotta alla corruzione e al potere esercitato dalle grandi aziende e dai gruppi malavitosi, la tendenza del governo a insabbiare gli incidenti, e via discorrendo. A non funzionare, però, è l’esposizione del racconto, che a causa degli odiati dialoghi prolissi in stile visual novel e di un’abbondante dose di backtracking, rallenta enormemente lo sviluppo degli eventi. Se i primi 15 minuti della campagna inondano l’utente con una valanga di informazioni confuse e che cominciano ad avere un minimo di senso solo col passare del tempo, le successive 30 ore necessarie per giungere ai titoli di coda ci sono sembrate molto più lente del dovuto.

Se l’impianto narrativo non è esattamente il punto di forza di di Mato Anomalies, bisogna riconoscere che il titolo si comporta molto meglio sul piano ludico, anche perché gli sviluppatori – pescando nuovamente da Persona 5 – hanno suddiviso il gameplay in due fasi ben distinte, realizzando un vero e proprio mix di generi. Ambientate nel mondo umano, le sequenze che vedono per protagonista Doe chiedono al giocatore di perlustrare le strade di Mato per raccogliere indizi sugli incidenti avvenuti in città e parlare con gli NPC per estorcere loro qualche segreto, mentre quelle incentrate su Grim si consumano nei labirinti dell’altro mondo, dove l’esorcista e gli altri combattenti reclutabili nel corso della campagna sono chiamati ad affrontare in battaglia la Marea Funesta. Benché inizialmente ci stessero convincendo più delle seconde, le prime sono le sequenze che alla lunga abbiamo apprezzato di meno, poiché la raccolta di prove e informazioni costringe il giovane detective a spostarsi continuamente da un luogo all’altro della città e a tornare anche moltissime volte in posti già visitati fino allo sfinimento, nella speranza che gli abitanti abbiano qualche nuovo indizio utile alla causa. Tenendo presente che la città di Mato non è poi tanto vasta e che nella prima parte dell’avventura le location accessibili sono molto poche, le fasi dedicate al cammino di Doe risultano assai ripetitive e monotone. Per ravvivare ciò, pero, gli sviluppatori di Arrowiz hanno dotato l’investigatore di un potere sovrannaturale attraverso il quale può letteralmente entrare nella mente del proprio interlocutore e persuaderlo a collaborare. Instaurata una connessione mentale, il detective gioca fondamentalmente una partita a carte con l’interrogato di turno, dove lo scopo è quello di azzerare i suoi punti salute. Per riuscire in tale impresa, il giocatore è chiamato a scegliere uno dei vari mazzi posseduti da Doe, ognuno dei quali favorisce un diverso tipo di approccio: se per esempio il primo è indicato agli scontri uno contro uno, il secondo favorisce l’eliminazione di più bersagli, anche perché nella maggior parte delle persuasioni bisogna vedersela non solo con l’interrogato, ma anche con qualche demone intenzionato a far fallire l’operazione. Seppur simpatica, la trovata di Arrowiz convince solo a metà, in quanto il segreto per vincere le sfide neurali non risiede tanto nella strategia o nella personalizzazione dei mazzi, quanto nella casualità: se con alcuni deck è praticamente impossibile ottenere la vittoria in determinati duelli, ve ne sono altri in cui sembra quasi di avere il pilota automatico. Selezionare il giusto mazzo all’inizio dello scontro è insomma l’unico vero requisito per completare l’intrusione mentale con successo. Per la gioia di coloro a cui non piacciono i card game, lo studio Arrowiz ha comunque abilitato la possibilità di saltare gli scontri neurali dopo tre fallimenti, senza incappare in alcuna penalità o malus. Per quanto riguarda il combattimento vero e proprio di Mato Anomalies, esso sarà disponibile una volta individuate nuove fenditure dimensionali. Infatti a questo punto le fasi investigative cedono il passo all’esplorazione dei dungeon, che fondamentalmente consistono in lunghi corridoi abbastanza lineari e stracolmi di nemici visibili a schermo da abbattere per potersi spianare la strada verso l’uscita e l’immancabile boss del Covo. La fight avviene rigorosamente a turni e il sistema di combattimento consente di schierare in campo un massimo di quattro lottatori, i cui punti salute sono però condivisi. Anziché avere tre barre HP distinte, la squadra ne ha una soltanto, e dal momento che l’utilizzo delle tecniche speciali non richiede alcun punto magia, ma è soggetto a tempi di cooldown talvolta anche lunghi, è molto importante pianificare le proprie mosse e scegliere il momento adatto per ricorrere alle abilità di guarigione. Dovendo prestare attenzione a debolezze e resistenze di ciascun nemico, Mato Anomalies offre insomma una apprezzabile quanto impegnativa componente strategica, che se sfruttata a dovere semplifica persino gli scontri sulla carta più impegnativi. A questo proposito segnaliamo che lo studio cinese ha preferito implementare un selettore di difficoltà, che permette di modificare in qualsiasi momento il livello di sfida e adattarlo alle necessità del giocatore. Fra le tre opzioni disponibili (Facile, Normale e Difficile), durante la nostra lunga prova su Xbox Series X abbiamo scelto il livello intermedio, che solo in poche occasioni è incappato in qualche picco di difficoltà neanche troppo elevato. Peccato soltanto che la rosa degli antagonisti sia abbastanza carente dal punto di vista della varietà, ragion per cui purtroppo ci si ritroverà a dover affrontare legioni di nemici comuni quasi sempre uguali.

Sul piano artistico e tecnico, Mato Anomalies vive di un dualismo costruttivo difficile da non individuare praticamente subito. Il lavoro svolto dai ragazzi di Arrowiz è molto interessante sul piano dell’ispirazione e delle concezione artistica. Da vedere, infatti, Mato Anomalies è un prodotto che funziona, pur senza alcun tipo di magia creativa, che fa del “dualismo” cromatico la sua arma migliore, un dualismo generato dalla continua mescolanza tra l’oscurità di una città che sembra bloccata in una notte continua, illuminata però dalle luci dei negozi e delle case che hanno un peso specifico diametralmente opposto all’oscurità di cui parlavo poco sopra. Questa scelta di art design viene appoggiata anche dalla scelta di avvalersi di un cel-shading che funziona molto bene e che, anzi, riesce ad amplificare ancora di più il contrasto tra i colori forti dei personaggi e delle strutture in generale rispetto agli sfondi più oscuri e meno “violenti” sul piano cromatico. Anche il design dei cast è molto interessante. Arrowiz ha svolto un ottimo lavoro in tal senso, creando un insieme di personaggi, sia tra quelli principali sia tra i comprimari e tra gli antagonisti, che non hanno nulla da invidiare alle migliori produzioni animate. Da questo punto di vista, per quanto le mappe siano comunque molto piccole e poco “aperte” il lavoro svolto dal team di sviluppo è decisamente vincente, soprattutto se si considera la parte più “umana” del mondo e non quella cognitiva. Nel mondo “nascosto”, infatti, si ha la sensazione che i covi e in generale le mappe siano troppo ripetitive e poco ispirate, così come il design dei mostri che vivono al loro interno, tutti complessivamente abbastanza anonimi e poveri di particolari. La complessiva buona riuscita del comparto artistico, però, si scontra con quella tecnica, che non ci ha entusiasmato particolarmente. Per quanto complessivamente “stabile” nella sua fruizione, Mato Anomalies è un prodotto tecnicamente superato e poco performante. Tempi di caricamento lunghi e molto frequenti, anche per effettuare piccoli spostamenti, e in generale una povertà complessiva in termini di pixel danneggiano Mato Anomalies mettendo a nudo il suo sviluppo “limitato”. Purtroppo è un peccato, anche perché la scelta di affidarsi a una sorta di stile “manga” in alcune cutscene e nelle fasi di dialogo è sicuramente una trovata molto originale e che si sposa alla grande con lo stile anime dell’opera, ma che viene in qualche modo messo in cattiva luce proprio dalla veste eccessivamente minimal ed essenziale del resto del pacchetto. Discorso molto simile anche per il comparto sonoro, che risulta essere troppo anonimo. Le tracce che accompagnano il viaggio di Doe si contano sulla punta delle sita e sono sempre poco ispirate. Sufficiente il doppiaggio inglese, che non si eleva verso nessuna vetta clamorosa e che si limita a svolgere in maniera discreta il proprio compito, senza alcun tipo di picco o colpi di genio vari. Buoni i sottotitoli in italiano che faranno la gioia di chi non mastica la lingua d’oltre Manica. In conclusione, Mato Anomalies nonostante i difetti sopra elencati e un comparto tecnico decisamente vecchio, riesce a difendersi grazie a una buona giocabilità e a una narrativa tanto criptica quanto capace di incuriosire. La doppia anima un po’ gioco di carte, un po’ Jrpg con tantissimi dialoghi e le innumerevoli tematiche mature, sono gli ingredienti che riescono a mantenere Mato Anomalies su buoni livelli nonostante una grafica nata vecchia e un sonoro fin troppo anonimo. Insomma, ci troviamo dinanzi a un titolo in grado sicuramente d’intrigare ma che non riesce a stupire del tutto.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7,5

Sonoro: 7,5

Gameplay: 8

Longevità: 7,5

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise

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Harry Potter Campioni di Quidditch, sfide fra i cieli a caccia del boccino d’oro

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Da sempre chi ama l’universo di Harry Potter sogna di poter prender parte a una partita di Quidditch, lo sport che vede maghi e streghe affrontarsi in una partita, simile a un misto di calcio e rugby, con la differenza che si “corre” a cavallo di un manico da scopa. Ebbens, grazie a Harry Potter Campioni di Quidditch, nuovo videogame per Pc, Switch, Xbox e Playstation, tutto questo è finalmente possibile. Annunciato nel 2023, il titolo si presenta principalmente come un gioco multiplayer competitivo basato sullo sport ideato da J.K. Rowling. Il gioco permette ai giocatori e alle giocatrici di sfidarsi in squadre, prendendo parte a partite di Quidditch nei diversi ruoli tradizionali del gioco: Cacciatore, Battitore, Portiere e Cercatore, e proprio come nei libri e nei film bisognerà schivare i bolidi, fare gol con la pluffa e acchiappare l’inafferrabile boccino d’oro. Ovviamente, trattandosi di un videogioco, per rendere l’esperienza più godibile sono state apportate alcune modifiche al regolamento: primo fra tutti il punteggio, la partita infatti non finisce automaticamente con la cattura del boccino d’oro, e quest’ultimo vale solo 30 punti, contro i 150 canonici. Inoltre, il boccino può apparire più volte durante una partita, in genere due o tre volte, trasformandolo sì in un momento di gioco entusiasmante, ma non così decisivo da ribaltare completamente le sorti di una partita con un singolo colpo di scena. Ciò conferisce ai Cacciatori un ruolo di maggiore importanza, permettendo loro di accumulare punti con costanza e di contribuire al risultato della squadra in modo sostanziale. Le partite durano solo 6 minuti e il cap del punteggio è fissato a 100. Anche la presenza di un solo Battitore per squadra, invece dei due canonici, è una modifica importante: il Battitore rimane una figura potente, in grado di mettere fuori gioco temporaneamente un avversario con un colpo ben assestato, ma senza monopolizzare la dinamica della partita. Questo consente agli altri ruoli di brillare maggiormente, rendendo ogni singola azione importante per aggiudicarsi la vittoria. Sicuramente, dal punto di vista del bilanciamento del gioco ai fini videoludici della competizione, questi cambiamenti non solo rendono le partite più bilanciate, ma evitano anche situazioni in cui una cattura del boccino annullerebbe tutto il lavoro fatto dalla squadra fino a quel momento. Insomma, il titolo è molto simile a quanto descritto nei romanzi e a quanto visto nei film, ma trattandosi di un videogame differisce in qualcosa.

Harry Potter: Campioni di Quidditch punta tutto sulle abilità con la scopa, esattamente come ci si aspetterebbe da un gioco dedicato allo sport ufficiale di maghi e streghe. La sensazione di librarsi in aria su una scopa è davvero sensazionale, e la precisione dei controlli è notevole. La velocità di volo è ben bilanciata, permettendo di sentirsi rapidi e agili senza mai perdere il controllo del personaggio, il che rende ogni partita dinamica e coinvolgente. Il boost poi è un’aggiunta graditissima, perfetta per sfrecciare a tutta velocità dietro alla pluffa o al Boccino d’Oro, mentre le schivate permettono di creare movimenti fluidi e coreografici che risultano davvero spettacolari, soprattutto quando si riesce a schivare un bolide all’ultimo secondo o ci si infila abilmente tra i difensori avversari mettendo a segno un punto. In Harry Potter: Campioni di Quidditch ogni ruolo ha una sua specifica funzione divertente e tendenzialmente utile. Tutto questo rende il gameplay divertente e vario, almeno per le prime ore di gioco. Giocare come cercatore, per esempio, rimane una delle esperienze più appaganti, soprattutto per chi ama la caccia al boccino d’oro. Anche se la piccola sfera è stata “depotenziata a livello di punti” rispetto alle versioni canoniche del Quidditch, il fascino di inseguire quella palla magica scintillante e velocissima rimane inalterato, e la sensazione di vittoria quando lo si afferra è impagabile. Ma anche gli altri ruoli sono interessanti: i cacciatori ad esempio hanno un compito dinamico e complesso, costantemente impegnati con gli avversari in scontri frenetici per rubarsi la pluffa, scattando avanti e indietro per il campo e ovviamente affrontando il Portiere con tiri precisi e potenti. E poi c’è il battitore, un ruolo sostanzialmente di controllo da non sottovalutare, perché può fare davvero la differenza: lanciare un bolide al momento giusto può interrompere l’azione del cercatore avversario proprio quando sta per catturare il boccino, può fermare un cacciatore o addirittura neutralizzare il portiere. Per quello che concerne la gestione del menù di gioco e delle meccaniche di progressione, Harry Potter: Campioni di Quidditch sembra seguire la scia dei titoli free-to-play, nonostante il prezzo di lancio sia di circa 40 euro. Questo si riflette soprattutto nella possibilità di sbloccare personaggi iconici del mondo magico come Harry, Ron, Draco Malfoy e Angelina Johnson, il che dà sicuramente una marcia in più al senso di immersione per i fan della saga. Tuttavia, il sistema di sblocco appare più vicino a quello di giochi con microtransazioni, e la progressione potrebbe risultare lenta per chi non è abituato a questo tipo di dinamica.

La modalità per giocatore singolo di Harry Potter: Campioni di Quidditch si presenta come un’esperienza piacevole, ma piuttosto breve e lineare. Diciamo che è come un lungo tutorial che prepara i giocatori al multiplayer, che è di fatto il cuore pulsante della produzione. La modalità permette di partecipare a quattro tornei, dove ogni competizione si articola in una serie di partite che culminano nella possibilità di vincere la tanto ambita coppa del mondo di Quidditch. Tuttavia, questa modalità di gioco è tutt’altro che un lungo e impegnativo viaggio verso la gloria sportiva, infatti, in una manciata di ore si diventerà già campioni. Letteralmente. Il ritmo incalzante delle partite e la semplicità con cui si possono superare gli avversari rendono questa modalità adatta a chi cerca un passatempo senza troppo impegno o a chi vuole imparare i rudimenti del gioco. Il cuore strategico del gioco risiede nella composizione della squadra, che è formata da sei giocatori, ognuno con le proprie abilità e peculiarità. Questo aspetto tattico offre delle possibilità interessanti per i match, ma è nel multiplayer 3 vs 3 che il gioco dà il meglio, con ogni giocatore che deve scegliere due ruoli tra i quattro disponibili (Cacciatore, Cercatore, Battitore, Portiere) e alternarsi tra essi durante la partita. In teoria, questo dovrebbe garantire varietà e frenesia nelle partite online, ma nella pratica non riesce a raggiungere quel livello di divertimento che ci si aspetterebbe da un titolo dedicato al Quidditch. Sebbene le partite siano frenetiche e competitive, manca quel qualcosa in grado di catturare l’attenzione del giocatore per ore. Un’altra nota dolente è l’assenza totale di una modalità 6 contro 6, una caratteristica che, per un gioco basato sul Quidditch, è una pecca piuttosto grave. La presenza di soli tre giocatori per squadra limita in parte il potenziale strategico e la complessità delle partite, riducendo anche il coinvolgimento che si potrebbe avere con una squadra in cui ogni ruolo è ricoperto da un giocatore umano. Questo potrebbe far storcere il naso ai fan più esigenti, che si aspettano di poter vivere una vera e propria esperienza da stadio, dove ogni ruolo è coperto e ogni azione ha un impatto diretto sull’esito del match. Speriamo che Unbroken Studios intervenga al più presto con aggiornamenti che possano risolvere queste mancanze, magari introducendo proprio la modalità 6 contro 6 tanto desiderata, perché al momento questa assenza si fa sentire e riduce il potenziale del titolo. A livello tecnico/grafico, Harry Potter Campioni di Quidditch riesce a valorizzare l’esperienza di gioco. Le animazioni dei giocatori mentre sfrecciano sulle scope, inseguono la pluffa o si scontrano coi bolidi sono fluide e convincenti, conferendo al gioco una dinamica visiva accattivante. I movimenti risultano naturali, e ogni azione sul campo di gioco ha una sua soddisfazione estetica. Anche il comparto sonoro è di buon livello: gli effetti sonori delle scope che sfrecciano, le magie e i rumori di fondo del pubblico riescono a dare vita a una partita di Quidditch entusiasmante. La colonna sonora, pur non essendo memorabile quanto quella presente nei film, accompagna efficacemente l’azione senza mai risultare invadente. Insomma, tirando le somme, se si è amanti dell’universo di J.K. Rowling e si è disposti ad accettare qualche compromesso, Harry Potter Campioni di Quidditch è un titolo che ha tutte le carte in regola per offrire forti emozioni e divertimento di alto livello.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8
Sonoro: 8
Gameplay:8
Longevità:8

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise

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iPhone 16 Plus, prestazioni di alto livello che si avvicinano al modello Pro

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Negli ultimi anni, le versioni base degli iPhone sono rimaste più di un passo indietro rispetto alle più costose e prestanti versioni Pro. Bene, questo trend è destinato a cambiare in questo 2024, con la presentazione degli iPhone 16. Sia l’omonimo telefono che la variante Plus possono infatti contare su un comparto hardware in grado più di ieri di dare del filo da torcere ai top di gamma dell’azienda, votati ad un utilizzo da parte dei professionisti di foto e video. Di fatto, l’iPhone 16 Plus può rappresentare una valida alternativa, anche in termini di prezzo, ai modelli più costosi della Mela. Le funzionalità premium un tempo esclusive dei modelli iPhone Pro si concentrano sul pulsante Azione, la fotografia macro e il ray tracing per i giochi. Apple ha inoltre dato a iPhone 16 Plus nuove funzionalità e miglioramenti, come il pulsante “Controllo fotocamera” e la ricarica MagSafe più veloce. Non manca Apple Intelligence, con le funzionalità di intelligenza artificiale, che però non sono disponibili nel nostro Paese e nel resto d’Europa. La speranza è di vederle più avanti nel corso del 2025. In aggiunta a ciò, una fotocamera ultra-grandangolare migliorata e stili fotografici da aggiungere dopo aver scattato una foto, con i modelli base di iPhone 16 che continuano a sfumare il confine tra le opzioni entry-level e quelle Pro. Unico appunto è il display “obsoleto” da 60 Hz, visto che i pannelli ad alta frequenza restano una caratteristica dei modelli Pro. L’ iPhone 16 Plus ha un design più simile all’iPhone 15. Tuttavia, l’isola della fotocamera sul retro è ora un ovale a forma di pillola con due lenti che ricorda l’iPhone X e l’iPhone XS. Questo allineamento consente all’iPhone 16 di girare video spaziali stereoscopici per la visualizzazione con il visore Apple Vision Pro. Il colosso di Cupertino ha introdotto inoltre due nuovi pulsanti nei modelli base di iPhone 16: il pulsante Azione, adottato dai modelli Pro e che sostituisce l’interruttore suoneria/silenzioso, e un nuovissimo pulsante di controllo della fotocamera, presente in tutta la serie iPhone 16. Il pulsante Azione è una scorciatoia per funzioni e caratteristiche utili, come l’attivazione/disattivazione della torcia o una modalità Focus che limita le distrazioni. È più utile del vecchio interruttore Modalità silenziosa anche se può essere confuso con il pulsante di aumento del volume. Cuore pulsante dell’iPhone 16 Plus è il processore A18, che diventa “Pro” sulle versioni top di gamma. Cambia qualcosa ma non in maniera rivoluzionaria: le prestazioni sono tali da permettere di eseguire qualsiasi app o gioco senza alcun intoppo. Specialmente per il gaming, il processore A18 è abbastanza potente da supportare titoli di gioco di livello alto, in precedenza esclusivi dei modelli iPhone 15 Pro. Inoltre, iPhone 16 Plus è il primo telefono base di iPhone a supportare il ray tracing per una migliore grafica di illuminazione. Quelli fino ad ora elencati sono aggiornamenti interessanti ma, come anticipato, bisogna accontentarsi di uno schermo con una frequenza di aggiornamento di 60 Hz anziché 120 Hz, come i modelli iPhone 16 Pro e tutti gli iPhone Pro a partire dalla serie iPhone 13. C’è una differenza innegabile: le animazioni sono molto più fluide a 120 Hz e anche alcuni giochi che supportano 120 frame al secondo (fps) possono essere eseguiti in modo ottimale. In confronto, le animazioni su un display a 60 Hz sembrano discontinue, dando l’impressione che le prestazioni del telefono siano lente, il che non è assolutamente il caso dell’iPhone 16. Per quello che concerne le fotocamere, il sensore principale, da 48 megapixel dell’iPhone 16, è identico a quello dell’iPhone 15 ma c’è un dettaglio. Il sensore, ora chiamato Fusion, evidenzia l’opzione di zoom ottico 2x e la nuova funzione di filtri che regolano tinta e tonalità con consapevolezza contestuale. Ad esempio, uno stile vibrante potrebbe saturare profondamente i colori, ma lo farà in modo più delicato per i volti. Ci sono 11 nuovi stili e controlli migliorati per adattare ogni stile all’aspetto desiderato. La parte migliore di questo aggiornamento è l’opportunità di aggiungere e regolare stili fotografici dopo aver scattato una foto. Lo zoom 2x non è esteso quanto lo zoom 5x sui modelli iPhone 16 Pro, ma è comunque una buona opzione per avvicinarsi un po’ di più ai soggetti. L’iPhone 16 Plus ha inoltre una nuova fotocamera ultrawide che può catturare più luce rispetto ai precedenti iPhone, e si nota soprattutto negli scatti in condizioni di scarsa illuminazione. Il nuovo allineamento verticale consente all’iPhone 16 di scattare foto e video spaziali per la prima volta in un modello base. A livello di miglioramenti la novità clou è la ricarica MagSafe da 25 W più veloce con il nuovo caricabatterie MagSafe rispetto alle velocità da 15 W dell’originale. È più o meno veloce quanto la ricarica cablata con la porta Usb-c, con Apple che sottolinea come entrambe possano ricaricare l’iPhone 16 Plus al 50% in 35 minuti. L’azienda non ha aggiornato la porta di alimentazione per supportare velocità di trasferimento più elevate ma non un fattore decisivo, poiché il trasferimento di dati da e verso un altro dispositivo non è così comune come una volta. Tirando le somme possiamo dire che l’iPhone 16 Plus è portatore di diversi aggiornamenti chiave che lo rendono il migliore “melafonino” entry-level dell’azienda di Cupertino. Il pulsante Azione, il Camera Control, il processore A18 di nuova generazione, una fotocamera ultrawide migliorata, la fotografia macro sono solo alcuni. E quando arriverà Apple Intelligence, si aprirà un mondo ulteriore di possibilità creative e di ottimizzazione, grazie alle potenzialità dell’IA generativa. Insomma, mai come quest’anno è consigliabile acquistare una versione Plus.

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Ace Attorney Investigation Collections, è ora di rimettere la toga

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Dopo anni di attesa, arrivano finalmente entrambi gli Ace Attorney Investigations anche in occidente, grazie a un’interessante raccolta per Pc, Switch, Xbox e PlayStation. Questi due titoli hanno da sempre occupato un posto particolare nel cuore dei fan, ma fino ad ora era l’ultimo tassello mancante nel mosaico dei titoli della serie non ancora rimasterizzati per le console di attuale generazione. La sua assenza si faceva sentire, soprattutto considerando le difficoltà che accompagnarono il lancio originale su Nintendo DS: un rilascio che fu caratterizzato da diverse limitazioni, tra cui la scarsità di copie fisiche disponibili sul mercato e la mancanza di una localizzazione adeguata per diverse lingue, il che ne limitò fortemente l’accessibilità a un pubblico internazionale. Con questa Ace Attorney Investigations Collection, Capcom ha cercato di colmare queste lacune, offrendo finalmente una versione migliorata e accessibile di questi rari titoli a un pubblico più vasto e su piattaforme moderne. La raccolta, infatti, non si limita a essere una semplice operazione nostalgia, ma rappresenta un vero e proprio sforzo di rimasterizzazione e localizzazione, con l’obiettivo di restituire ai giocatori e alle giocatrici un’esperienza di gioco che rispetti la qualità e il fascino originali, arricchiti però da una veste grafica del tutto nuova e da alcune significative migliorie tecniche. Tuttavia, non tutto è privo di ombre: nonostante il notevole lavoro svolto per rendere questa collezione accessibile a un pubblico globale, i fan italiani potrebbero sentirsi delusi/e dalla mancanza dei sottotitoli nella loro lingua. Questa assenza rappresenta un limite significativo, soprattutto per coloro che non sono completamente a proprio agio con l’inglese e che avrebbero apprezzato la possibilità di godere appieno delle intricate trame e dei dialoghi ricchi di sfumature che da sempre caratterizzano questa serie. Pur trattandosi di spin-off, i due titoli della saga Investigations introducono alcune novità nella classica ricetta di Ace Attorney che riescono a movimentare un po’ le acque rispetto alla serie principale. La novità più rilevante sul piano delle meccaniche è il Logic System. Questa nuova modalità va ad affiancarsi alla classica raccolta di indizi sparsi per lo scenario da collegare tra di loro per tramutarli in prove. In questa occasione, durante i sopralluoghi sulla scena del crimine, il protagonista può rilevare anche fatti e situazioni fuori posto, che forniscono indicazioni sullo svolgersi degli eventi. Unendo tra loro due deduzioni logiche si possono dunque eliminare dal campo d’esame ricostruzioni incongruenti e far avanzare la trama lungo i giusti binari.

Questa nuova modalità di indagine si inserisce all’interno di un’altra novità per la serie, ovvero l’esplorazione tridimensionale degli ambienti. Se nei capitoli principali si dovevano esaminare nel dettaglio schermate statiche in cerca di elementi fuori posto, nei due episodi di Investigations questi momenti si affiancano ad altri in cui muovere Miles per lo scenario in cerca di punti di interesse. Dal punto di vista pratico non cambia molto, bisogna pur sempre esaminare il luogo del delitto e raccogliere elementi utili a incastrare il colpevole. L’esplorazione in terza persona, però, contribuisce ad aggiungere profondità narrativa al racconto grazie alle costanti interazioni tra i personaggi in scena che esaltano il pregio migliore della saga, ovvero quella capacità di mischiare dramma e commedia dell’assurdo, momenti di disperazione che si alternano a scenette comiche. Ulteriore aggiunta che fa la sua comparsa nel secondo episodio di Investigations e che lega insieme i due aspetti citati poc’anzi è il Mind Chess. Questa nuova meccanica fa la sua comparsa all’interno di alcuni dialoghi e gioca con la passione di Miles Edgeworth per gli scacchi, che il gioco furbescamente non perde occasione di ricordare. Essa non modifica il duello verbale e la sua evoluzione, ma sovrappone a questo un nuovo livello di lettura, con la schermata della scacchiera che appare a mostrare graficamente l’evoluzione del confronto. Una volta distrutti tutti i pezzi dell’avversario, il duello è vinto e la trama può procedere. Se poi si è stanchi di presentare prove durante la parte strutturalmente più ripetitiva, la Collection offre la possibilità di attivare una modalità storia che risolve automaticamente gli enigmi. Ovviamente tale feature non permette di ottenere achievement ed elimina ogni elemento di gameplay, ma almeno migliora lo scorrere delle fasi meno riuscite del primo gioco. Inoltre nel caso si voglia solo giocare specifiche parti di ogni caso, è possibile accedere ad ogni fase liberamente nella selezione capitoli. Insomma le opzioni aggiuntive a questa raccolta non mancano. E dal punto di vista tecnico? Beh, gli Ace Attorney Investigations erano giochi per Nintendo DS, quindi non bisogna attendersi miracoli: restano comunque giochi 2D, con artwork dei personaggi scarsamente animati durante i dialoghi e un quantitativo limitato di doppiaggi. Ciò nonostante, Capcom ha fatto un ottimo lavoro su questa collection, non solo riarrangiando la colonna sonora (l’originale è comunque selezionabile dalle opzioni), ma ridisegnando anche ogni singolo sprite con cura. Persino l’intervento del team sull’interfaccia risulta estremamente solido, cosa non scontata se si considera che in origine i due giochi facevano uso di uno schermo touch aggiuntivo. In parole povere, un ottimo lavoro generale, ben curato, con un po’ di sana “quality of life” aggiuntiva che non fa mai male. Peccato solo, come già detto, per la totale assenza della lingua italiana. Uno scoglio che per alcuni potrebbe tradursi nel mancato acquisto del titolo.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8
Sonoro: 7,5
Gameplay:7
Longevità: 7

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise

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