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di Angelo Barraco
Roma – L’Italia ha presentato alla sezione feriale della Corte Suprema indiana una richiesta per consentire un rientro rapido in patria del Fuciliere di Marina Salvatore Girone. La notizia è stata resa nota dalla Farnesina. La Corte Suprema indiana esaminerà la questione in data 26 maggio. La Farnesina spiega in una nota che secondo il Tribunale arbitrale, Italia e India sono chiamate a cooperare per stabilire condizioni e modalità per il rientro e per la permanenza nel nostro paese di Salvatore Girone.
Salvatore Girone sarà in Italia durante l’arbitrio. Massimiliano Latorre rimarrà in Italia fino al 30 settembre del 2016, lo ha deciso la Corte Suprema indiana che ha esteso la sua permanenza. La storia di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ha inizio il 15 febbraio 2012, quando due pescatori indiani, Valentie Jalstine e Ajesh Binki vengono uccisi da colpi di arma da fuoco, a bordo della loro barca, a largo delle coste del Kerala. I principali accusati per la loro morte sono Massimiliano Latorre e Salvatore Girone che prestavano servizio anti pirateria sulla petroliera Enrica Lexie. I due Marò sostengono di aver sparato in aria come avvertimento. Il fatto sarebbe avvenuto in acque internazionali a sud dell’India. Il 19 febbraio 2012 ai due marò scatta il fermo, per il governo indiano non vi è dubbio alcuno che, trattandosi di un peschereccio indiano e di due vittime indiane, si debba attuare la legge territoriale. Per l’ambasciatore Giacomo Sanfelice, l’episodio era avvenuto su una nave battente bandiera italiana, oltretutto l’episodio era avvenuto in acque internazionali. Il 20 febbraio 2012 il villaggio di Kollam, nel cuore dell’India del Kerala, diventa un’area piena di una folla inferocita e di militanti politici che inveiscono contro i Marò che giungono in quel villaggio per l’avvio del procedimento giudiziario. I militanti politici gridano “Italiani mascalzoni, dateci i colpevoli, giustizia per i nostri pescatori, massima pena per i marines”. Il 24 marzo 2012, la Corte del Kerala afferma che l’atto compiuto dai Marò “E’ stato un atto di terrorismo”, e tale affermazione accende la tensione tra Italia ed India. Il 10 aprile 2012, dall’India arriva la notizia che la perizia balistica andrebbe a sfavore di Latorre e Girone. Un responsabile del laboratorio di Trivandrum conferma che i proiettili sono compatibili con i mitragliatori usati da Latorre e Girone. Il 5 maggio 2012, dopo 80 giorni di sosta forzata presso il porto di Kochi, nel sud dell’India, la petroliera Enrica Lexie salpa dopo aver ottenuto i permessi. La nave fa rotta sullo Sri Lanka e con essa vi sono 24 uomini di equipaggio e 4 militari dell’unità antipirateria, non partono ovviamente Latorre e Girone. Il 13 maggio 2012 anche il sottosegretario agli esteri, Staffan De Mistura torna in India per proseguire l’azione per il rilascio dei Marò e afferma il suo essere ottimista e che non vi è alternativa al rilascio. Il 25 maggio 2012, dopo aver passato 3 mesi nel carcere indiano di Trivandrum, Latorre e Girone vengono trasferiti in una struttura a Kochi e viene loro concessa la libertà su cauzione e il divieto di lasciare la città. Il 20 dicembre 2012 la loro richiesta di poter avere un permesso speciale e poter trascorrere le festività natalizie in Italia viene accolta, con l’obbligo di tornare in India entro in 10 gennaio. Latorre e Girone atterrano il 22 dicembre a Roma e ripartono il 3 gennaio. Il 18 gennaio 2013 la Corte Suprema indiana stabilisce che il governo del Kerala non ha giurisdizione sul caso e chiede che il processo venga affidato ad un tribunale speciale da costituire a New Delhi. Il 22 febbraio 2013 la Corte Suprema indiana concede ai due Marò il rientro in Italia, per quattro settimane, per votare. Il 9 marzo 2013 il governo indiano avvia a New Delhi le procedure per la costituzione del tribunale speciale. L’11 marzo 2013 l’Italia decide che i due Marò non rientreranno in India perché New Delhi ha violato il diritto internazionale. Roma si dice disponibile a giungere ad un accordo. Il 12 Marzo 2013, New Delhi convoca l’ambasciatore italiano Daniele Mancini, esigendo il rispetto delle leggi. Il giorno successivo, 13 marzo, il premier indiano Manmohan Singh minaccia seri provvedimenti e vi sono anche le dimissioni dell’avvocato Marò in India, Haris Salve. Il 14 marzo 2013 la Corte Suprema indiana ordina all’ambasciatore italiano Mancini di non lasciare l’India. Vi è anche un intervento di Napoletano che propone una soluzione basata sul diritto internazionale. Tre giorni dopo la Corte Suprema indiana decide di non riconoscere l’immunità diplomatica di Mancini, la reazione che ha l’Italia è quella di accusare l’India di Evidente violazione della convenzione di Vienna. Il 20 marzo 2013, la procura militare di Roma sentirà i due Marò e riferisce che sono indagati per “Violata consegna aggravata”.
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