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Editoriali

MARIA ELENA BOSCHI: “LA MOGLIE DI CESARE DEVE NON SOLO ESSERE ONESTA, MA ANCHE SEMBRARE ONESTA.”

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Tempo di lettura 3 minutiChi comanda è don Matteo, da non confondere con il gentile personaggio della televisione.

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di Roberto Ragone

Nel decimo capitolo della vita di Giulio Cesare Plutarco ci riferisce che, in occasione di una festa esclusivamente femminile, dedicata alla dea Bona, Pompea, moglie di Cesare, introdusse nella sua abitazione un certo Clodio, suo spasimante, travestito da donna. L’inghippo fu scoperto, Clodio trascinato in tribunale e Cesare citato come testimone. Alle domande del Pubblico Ministero, l’Imperatore rispose che non conosceva Clodio e che nulla sapeva dei suoi inganni. Il magistrato, non soddisfatto dalla risposta, lo pregò di essere più chiaro. A questa domanda Cesare rispose che la moglie dell’Imperatore doveva essere al di sopra di ogni sospetto, privilegiando l’apparenza piuttosto che la realtà dei fatti.

La vicenda del ministro, anzi della ‘ministra’ – pessimo neologismo – Maria Elena Boschi, sembra ricalcare proprio la vicenda narrata da Plutarco nelle sue ‘Vite’. La mozione di sfiducia presentata in Parlamento e poi al Senato è stata respinta per chiari motivi di opportunità politica, essendo la ‘ministra’ uno dei cardini del mai eletto governo Renzi.

La vicenda della Banca Etruria in altri tempi avrebbe travolto non solo la ‘ministra’, ma anche il governo in carica. Oggi invece la resistenza a queste faccende rasenta l’arroganza del Marchese del Grillo, con la sua famosa frase: “Io so’ io e voi nun sete un c…”  Insomma chi comanda è don Matteo, da non confondere con il gentile personaggio della televisione. Che la mozione di sfiducia sarebbe stata respinta erano tutti ben coscienti, sia nel PD che nei suoi comprimari, convocati alla conta dei voti con frenesia. Fatto sta che la faccenda è stata volutamente ingarbugliata, tanto da non capirci più nulla probabilmente neanche loro. Non vogliamo qui fare la conta degli elementi che porterebbero a condannare Maria Elena Boschi, c’è già chi se n’è occupato. La nostra è una questione di etica. Un pubblico funzionario non dovrebbe solo essere onesto, ma anche tale apparire.

Le dimissioni, in attesa di chiarimenti da parte della Magistratura, dovrebbero essere doverose: ma già, questo è un governo speciale, quello che cambierà l’Italia, e staremo a vedere come. L’impressione che se ne ricava è che tutta la polvere che viene sollevata serva a nascondere le vere intenzioni non solo del governo, ma di chi lo guida. Ricordiamo perfettamente come egli sia arrivato dopo Monti e Letta – durato meno di Giovanni Paolo I^ – incaricato dall’Internazionale che fa capo a Rockfeller e alle banche americane e non, tramite una Merkel che oggi si è sentita rinnegare. Delirio di onnipotenza, o ripicca per non essere stato invitato all’ultimo consesso politico? Forse il Pierino della situazione era scomodo, e comunque ricordiamo benissimo quando e come è arrivato al potere. Un giorno – erano i primi tempi – tutti rimanemmo piacevolmente impressionati, –  ancora non conoscevamo le potenzialità dell’ex sindaco, –  disse che ‘sulla questione della Salerno-Reggio Calabria ci metto la faccia’. Meno male che ci ha messo solo quella.

Ora, è da tempo davanti agli occhi di tutti la situazione di vitalizio mafioso di quella superstrada, veramente super, visto come vanno le cose. Quindi, a rigor di logica o di etica, la Boschi avrebbe già dovuto dimettersi per allontanare da sé ogni sospetto di colpa nella situazione di banca Etruria, che vede coinvolto il padre della Boschi, suo fratello, sua cognata e lei stessa come azionista; si è invece preferito resistere e andare avanti. Abbiamo in questo un illustre precedente del giudice Paolo Borsellino, del quale voglio riportare per intero uno scritto. Prendiamo esempio da queste persone, lui come il giudice Falcone, loro sì, persone veramente al di sopra di ogni sospetto. Per non creare equivoci, dico subito che nessuno vuole accusare nessuno d’esser mafioso o vicino ai mafiosi. La lezione che ne dobbiamo trarre è quella di cui sopra: non bisogna solo essere onesti, bisogna anche apparire onesti. In ossequio a quella trasparenza di cui tanto grida in Parlamento Matteo Renzi.

 “L’equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E no! Questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest’uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati." Paolo Borsellino.
 

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