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Editoriali

Ma chi c’è al governo?

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È bastato il discorsetto, prolisso ma diligentemente recitato alla Camera dal nostro ministro della Salute, con la sua aria da ginnasiale ripetente e impreparato, a far crollare le quotazioni della borsa di Milano di quasi il 5%, con improvviso rialzo dello spread e conseguente aumento degli interessi sui nostri titoli di Stato, e del nostro debito pubblico.

Si sa che quando la Borsa fa su e giù c’è gente che guadagna senza muovere un dito. Di solito queste manovre sono propiziate da discorsi come quello del nostro Roberto Speranza (la speranza vera, tanto per fare una battuta, è che presto lasci il posto a chi è qualificato a quell’incarico), che non possiamo tacciare di insider trading, data la sua posizione e la sua evidente buonafede. Possiamo pensare però, legittimamente, che qualcuno gli abbia messo in mano quei fogli: non è credibile che il ministro Speranza abbia fatto tutto da solo. Magari ha voluto ricalcare le dichiarazioni dell’esperto americano Antony Fauci; quello che non si riesce a comprendere è il perché lo abbia fatto, e perché lo abbia fatto proprio in questo momento. In più, si parla di una ‘recrudescenza’ ipotetica e lontana nel tempo: cioè di una condizione che, se avverrà, – e voci più autorevoli sia di quella di Fauci, sia di quella di Speranza, lo negano – avverrà quando ormai saremo preparati e informati certamente più di ieri, cioè nel 2021, verso l’autunno, più di un anno ancora per ricominciare a vivere.

Dicevamo un discorsetto piuttosto prolisso, infarcito di ovvietà, di espressioni che si possono definire banali e allarmanti senza motivo. Citiamo a caso: “Ci vuole misura nelle nostre affermazioni (e ci mancherebbe, ma è proprio quella che è mancata) e non dobbiamo mai dare dichiarazioni (o notizie?) contraddittorie ai cittadini. Una seconda ondata o una recrudescenza è possibile. (possibile è anche che gli asini volino, ma non è probabile). L’intervista di ieri di Antony Fauci è molto chiara. (abbiamo bisogno di supporto per dichiarare ai cittadini ciò che si considera ’possibile’? Oppure possiamo ipotizzarlo da soli? E chi è Antony Fauci? L’oracolo?) L’epidemia non è conclusa, ci sono ancora focolai attivi (di solito se si fanno certe affermazioni bisogna anche rispondere a quattro domande: quando, dove, come e perché. E magari anche ‘chi’: se fosse un giornalista sarebbe bocciato) il virus continua a circolare (questa sarebbe comica, se non si trattasse del virus che ha fatto centinaia di migliaia di vittime in tutto il mondo: ma è proprio così?). Siamo sulla strada giusta, ma il nemico non è vinto (con un rigurgito di patriottismo, sembra di sentire la canzone del Piave, e gli austriaci che sul Carso continuano a sparare cannonate contro i nostri soldati)”.

Risparmio ai lettori – e al ministro – le susseguenti banalità, che servono solo ad allungare il brodo di un discorso che pronunciato a braccio, ove mai Speranza ne fosse avvezzo – non è Sgarbi! – avrebbe comportato pochi minuti di eloquio, lascio a voi giudicare di che livello. Evidentemente, una laurea in Scienze Politiche – se non vado errato, altrimenti accetto correzioni – non è sufficiente a supportare il peso di un ministero, e la responsabilità di interventi parlamentari.  “Molte regioni sono a zero, o prossime allo zero”, “convivendo con il Covid […] ne deriva inevitabilmente il moltiplicarsi delle probabilità di incontrare il virus”. Mascherine, igiene personale, quarantena, “E’ con le misure che governo e regioni hanno adottato che ‘abbiamo’ salvato la vita a migliaia di persone…”. Insomma, come si dice in altre occasioni ‘un intervento a tutto campo’, sinteticamente aria fritta.

A smentire cotante affermazioni, leggiamo un articolo che riporta l’intervista ad un premio Nobel per la medicina nel 2011, l’americano Bruce Beutler, il quale dichiara: “La seconda ondata non ci sarà”. Né, secondo il prof. Beutler, il vaccino sarà risolutivo, nonostante la pubblicità che i nostri governativi gli vogliono assolutamente fare, né si sa se la sua presunta azione immunitaria durerà nel tempo. “E’ molto probabile che solo un vaccino efficace potrà sconfiggere la pandemia” dichiara Beutler, e non citando altre fonti, ma di suo. Insomma, vaccino sì, ma è presto per fare previsioni: una seconda ondata è improbabile, dato che ormai si è sviluppata quella che si chiama ‘immunità di gregge’. Ed è anche presto – il vaccino ancora non è pronto, né se ne conoscono le caratteristiche – per fare previsioni a proposito dell’eliminazione dei rischi. Comunque una seconda ondata non è assolutamente nelle previsioni. Il solo e unico effetto che ha avuto il discorso del ministro è stato quello di spaventare – sono molto impressionabili – le Borse internazionali. E visto che già abbiamo, o abbiamo avuto una fama di untori, tutti si sono affrettati a vendere i nostri titoli, fagocitati avidamente da chi gioca al ribasso. Oggi, 12 giugno, si manifesta un timido accenno di ‘rimbalzo’, ed era normale che ciò accadesse. I titoli di Stato italiani sono sempre stati oggetto degli investimenti esteri, particolarmente da parte di banche di Stati che notoriamente mostrano poca stima nei nostri confronti. Ma gli investimenti sono sempre stati remunerativi, ancor di più quando una circostanza malaugurata innalza lo spread e aumenta il rendimento.

Su di un altro fronte, il premier Conte va avanti con i suoi DPCM, senza rendersi conto del fatto che questo comporta: ormai il Presidente del Consiglio è l’unico a legiferare in questo paese, a prendere decisioni che diventano legge, l’uomo forte al potere. Bisogna dire che la parte che si è autoattribuita rende, specialmente quando è propagandata da una tv pubblica che è fortemente ‘governativa’: cioè sinistrorsa. Di una ‘sinistra’ che in nome dell’attaccamento alle sedie riesce a tener buone le anime discordanti e minoritarie dei Cinquestelle. Pare infatti da sondaggi effettuati, e senza dei quali ormai i nostri politici non possono andare avanti, che Giuseppi abbia un gradimento espresso da parte degli Italiani del 58%. Conte sarà oggi interrogato dal Procuratore aggiunto di Bergamo, Maria Cristina Rota, e con lui il ministro dell’Interno Lamorgese e il ministro della Salute Roberto Speranza – a proposito della mancata istituzione della ‘zona rossa’ a Nembro e ad Alzano Lombardo – come persone ‘informare sui fatti’: lui si è detto ‘sereno’, nel solco della tradizione da Andreotti in poi – e non solo. Siamo sereni anche noi: perché agitarsi, sappiamo tutti come andrà a finire, visto l’attacco politico rivolto alla destra in generale e a Fontana in particolare.

Non ci è dato di sapere invece quale sia il gradimento di colui che si considera – riflessivo: lui considera sé stesso – il prossimo Presidente del Consiglio dopo Conte, cioè Giggino Di Maio. Il quale si è trovato coinvolto in una ‘grezza’ di portata internazionale nei confronti dei genitori di Giulio Regeni, con la vendita all’Egitto di Al Sisi di due navi da guerra della Fincantieri, tanto da ricevere ‘minacce di morte’ ed essere prontamente fornito di scorta: lui che diceva che “I cittadini sono la mia scorta”. Incredibile! Né Giggino – non più ‘bibitaro’ – poteva fare diversamente. L’Egitto è uno dei paesi esteri con cui l’Italia ha un commercio fondamentale per la nostra economia, e le due navi non sono certamente l’unica pietra dello scandalo. Lo scandalo sarebbe venire a conoscenza dell’entità delle esportazioni di prodotti della nostra industria bellica. Scandalo, naturalmente, per gli italici pacifisti; come fu in passato, quando si scoprì che i milioni di pezzi di piccole mine antiuomo disseminate in Iraq, e che causavano ferite invalidanti non solo ai soldati, ma anche ai bambini che giocando le raccoglievano – erano sparse dall’alto, con aerei militari – erano di fabbricazione italiana. Tanti a cui oggi mancano un piede, una gamba, un occhio o una mano, devono dire grazie al nostro italico ingegno. Per ciò che riguarda la famosa ‘verità’ sul caso Regeni, penso che ormai lo abbiamo capito tutti. Chiedere ad Al Sisi chi abbia torturato e ucciso Giulio è come chiedere all’oste se il vino è buono.

Intanto i ‘Soliti idioti’ se la prendono con le statue. Mutuando l’idiozia dall’estero, dove hanno cancellato il Film ‘Via col Vento’ e gettato giù la statua di Cristoforo Colombo, adesso in Italia vogliono rimuovere quella di Indro Montanelli, famoso razzista e schiavista odiatore dei ne(g)ri (!). Tutto questo nell’ottica della protesta per la morte di George Floyd, il quale in vita mai avrebbe sognato d’avere tanti onori. Non era un angioletto, George Floyd, e nella circostanza aveva anche resistito all’arresto: non per questo avrebbe meritato quella fine, certo. Ma sfruttare l’onda per combattere una battaglia politica a favore di Joe Biden contro Trump, e di conseguenza contro la destra anche nelle nostre strade, è assolutamente fuori luogo. Specialmente quando anche una Boldrini si inginocchia platealmente in aula, seguita da altri. Di persone di colore uccise dai poliziotti americani ne abbiamo viste ancora, nel tempo, ora che tutti hanno in tasca uno smartphone. L’esplosione del caso di George Floyd è soltanto propaganda politica, e noi ci prestiamo a questo perché Trump – nel bene o nel male, poco importa – è l’anti-Europa. Ci chiediamo per l’ennesima volta: ma chi c’è al governo?

P. S. della faccenda di Bonafede e dei trecento e rotti mafiosi messi fuori dal 41 bis non se n’è saputo più nulla. Qualcuno ha notizie?

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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