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Editoriali

M5s, “Luigi il Magnifico” e la cena delle beffe

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La tavola è imbandita. Si festeggia la vittoria del 4 marzo. L’oste è Luigi Di Maio, impeccabile ed impietrito, con un sorriso plastico e sguardo d’autosufficienza. Per annunciare la sua cena delle beffe fa largo uso di tutti i media, incurante se questi siano proprietà esecrante e grondante di conflitto di interessi; non prova alcun fastidio. Nella lista degli invitati di “Luigi il Magnifico”, Silvio Berlusconi alias “il male assoluto”non figura affatto. Quest’ultimo è stato “preso di mira con pesanti scherzi e provocazioni di crescente crudeltà, infierendo tanto più quanto meno il rivale sia capace di reagire agli insulti ed ai tiri mancini di cui è vittima”. Così avrebbe detto di lui l’autore del poema drammatico Sem Benelli, di cui il titolo di questo articolo..

Ma Silvio si è molto risentito reagendo con parole dure “ A Mediaset i M5S pulirebbero i cessi”

Ebbene, non si può dire che non si parli di contenuti. Si tratta di una cena intima, un’ incontro a due e l’invito è solamente rivolto a uno dei due Matteo, Salvini o Renzi. Il primo ad arrivare prenderà il posto a tavola e può, fortuna l’aiuti, avere l’onore di firmare il menù – contratto- Cananea, preparato con ingredienti della piattaforma Rousseau-Casaleggio, cotto nei forni delle cinque stelle e servito da, niente poco di meno che lo stesso premier in pectore Luigi Di Maio. Non è un invito amichevole – di alleanza, nient’affatto, è semplicemente una gentile offerta “disinteressata” ad assicurare al governo M5S la fiducia, tutto qui e nient’altro. Cosa si vuole di più dalla vita? Ingratitudine della sorte! La lega, alle condizioni di Di Maio non ci sta ed il tentativo esplorativo della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati abortisce alle prime luci dell’alba. Un successivo incarico al presidente Roberto Fico da parte del presidente Mattarella non poteva non esserci, questione di protocollo, e Fico tenta il triplo salto mortale, scende nella cittadella agitata e confusa del PD. L’oggetto della contesa, il piatto forte, sarebbe quel contratto “misterioso” già offerto a Salvini e per motivi ancora da scoprire, arenato sul più bello, quando si vedevano dei barlumi di speranza.

Molti sono gli esclusi da questa cena delle beffe

A tavola non c’è posto per “Più Europa” e questa volta, Emma, la radicale, si duole di non essere stata convocata. Le sarebbe bastato l’assaggio degli aperitivi, lei che ha sempre una ragione per ogni problema. I socialisti poi aspettavano alla porta, attirati dal profumo del menu-contratto e delusi di non aver potuto neanche stare in piedi in fondo alla sala, si sono ritirati in corridoio tenendo il broncio. Grasso e la Boldrini sperano in un futuro più conciliabile, aspettando il loro turno. Di Maio è perentorio. Dice con tanta ingenuità: noi di cinque stelle siamo generosi, permettiamo a chiunque di votarci, di applaudirci, di darci la fiducia , persino non obiettiamo se ci vogliono dare affetto, accetteremo carezze e baci, ma non permettiamo a nessuno di mettere il naso nei nostri affari, di manomettere il nostro contratto in dieci punti preparato dallo studio di Giacinto della Cananea, con il suo punto fermo, capo saldo: Di Maio for president!

C’è chi giura di aver sentito Di Maio anagrammare la famosa frase, felice memoria di Amadeo Nazzari : chi non firma il nostro contratto, peste lo colga. Sembra un’esagerazione, però più chiaro di così ci sarebbe solamente la notte fonda e poco a poco ci stiamo arrivando.

Emanuel Galea

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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