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di Silvio Rossi
Nella notte, nella sua casa di Los Angeles, è morto all’età di 71 anni, Keith Emerson, il più eclettico tastierista che la storia del rock mondiale abbia conosciuto. Il suo nome è legato al trio che ha stravolto il progressive rock dei primi anni settanta: “E, L & P”, assieme a Greg Lake, chitarrista e Carl Palmer, batterista.
Il corpo di Emerson è stato trovato dalla compagna con un colpo alla testa, le forze dell’ordine hanno formalizzato l’ipotesi di suicidio. La star soffriva di una forte depressione, a causa della tendinite che lo colpiva da anni, e ne ha condizionato la carriera.
L’immagine di Emerson resta legata alla superband, formata nel 1970, e al concerto “Picture at an esibition”, registrato l’anno successivo, che ha rappresentato la più interessante rivisitazione in chiave rock di un concerto di musica classica (la suite “Quadri a un esposizione” di Modest Musorgskij), un esperimento di virtuosismo che esaltava le grandi qualità strumentali dei tre musicisti britannici. Nei concerti del gruppo, l’immagine di Emerson appare, coi suoi lunghi capelli biondi, spesso seminascosta da enormi sintetizzatori Moog, composti da centinaia di manopole abilmente manomesse dal tastierista, per la riproduzione di originali suoni che hanno caratterizzato la loro musica. Dopo la conclusione dell’esperienza con gli ELP, Keith ha continuato la carriera da solista, alternata da una serie di reunion con i suoi compagni, che non sono mai riuscite però a ricostituire gli antichi fasti. Nel nostro paese, il grande successo commerciale arrivò nel 1976, quando la sua incisione di un brano del 1927 di Meade Lux Lewis fu utilizzata come sigla del programma televisivo “Odeon – tutto quanto fa spettacolo”. Honky tonk train blues, questo il titolo del pezzo, è diventato, nella versione di Emerson, una vera e propria palestra per centinaia di pianisti.
Personalmente abbiamo visto Emerson tre anni fa, ospite della trasmissione di Carlo Conti “I migliori anni”. Durante le prove, nonostante l’immagine non era più certo quella dei primi anni, e la tendinite alla mano destra che si portava dietro da una ventina d’anni, nel momento in cui le sue dita hanno iniziato a sfiorare i tasti del pianoforte, tutto lo studio si è bloccato per ammirare la tecnica sopraffina che non ha mai abbandonato il musicista proveniente dallo Yorkshire.
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