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Editoriali

LOMBARDIA E NDRANGHETA, COSCA PAPALIA: SCATTATE LE MANETTE A MILANO, PAVIA E REGGIO CALABRIA

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Tempo di lettura 2 minuti Emersi importanti ed inediti elementi riguardo le motivazioni che condussero all'omicidio del Brigadiere dei carabinieri Antonino Marino

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Redazione

Milano, Reggio Calabria e Pavia – I Carabinieri del Comando Provinciale di Milano hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Milano nell’ambito dell’operazione convenzionalmente denominata “Platino” che ha permesso di fissare l’attualità della penetrazione nel territorio lombardo della ‘ndrangheta nella sua articolazione della cosca Papalia originaria di Platì (RC).

In particolare, le risultanze hanno permesso di documentare le modalità di infiltrazione della ‘ndrangheta nel tessuto economico-imprenditoriale nel territorio dei comuni di Corsico, Buccinasco e Trezzano sul Naviglio. Inoltre in forma inedita sono emersi significativi elementi in direzione delle motivazioni poste alla base dell’assassinio del Brigadiere dei Carabinieri Antonino Marino. Nel corso, infatti, di una conversazione ambientale sono stati acquisiti dettagli relativi all’omicidio del sottufficiale dell’Arma.

Agostino Catanzariti e Michele Grillo (due soggetti legati alla malavita calabrese a Milano) mentre conversano fanno commenti sulla vicenda di 23 anni fa sottolineando i motivi che portarono al vile attentato … “perché dice che, nel paese, che perseguitava la famiglia BARBARO e menava sopra i “Castanu” e sopra di lui e di suo padre… che dopo è stato… deciso per ammazzarlo, l’hanno trasferito e dopo… e là…”  dando, quindi, ulteriore conferma dell’operato del Brigadiere che, come indicato nelle motivazioni del conferimento della Medaglia d’Oro al Valor Civile alla memoria, “…operava con eccezionale perizia, sereno sprezzo del pericolo e incondizionata dedizione, fornendo determinanti contributi alla lotta contro efferate organizzazioni criminali… poste in essere a Platì (RC) da parte della cosca Barbaro – ‘ndrine “Castanu” e “Nigru”, storiche alleate alla ‘ndrina Papalia oggi oggetto delle ordinanze”.

Il Brigadiere Antonino Marino è stato Comandante della Stazione di Platì dal 1 ottobre 1983 al 4 febbraio 1988 data in cui, fu trasferito alla Stazione di San Ferdinando di Rosarno. Nel periodo al Comando della Stazione di Platì, egli profuse notevole impegno nella lotta alla criminalità organizzata che in quei territori risponde, per caratura e imponenza, al cognome Barbaro la cui “declinazione” forse più autorevole è “Castanu”.

L’omicidio fu perpetrato intorno alle ore 00:40 del 9 settembre 1990 a Bovalino Superiore ove il Sottufficiale si era recato, unitamente alla moglie ed al figlio Francesco di appena un anno (nel frattempo divenuto ufficiale dell’Arma), per partecipare ai festeggiamenti religiosi in occasione della festività dell’Immacolata.
Dopo la mezzanotte la folla che gremiva le vie del paese si spostava verso la periferia per assistere ai fuochi pirotecnici mentre il Brigadiere, con il suo nucleo familiare ed alcuni conoscenti, rimaneva nella piazza del paese, nei pressi del locale pubblico gestito dai suoceri. D’improvviso un uomo si avvicinò al Brigadiere e, da una distanza di alcuni metri, gli esplose contro numerosi colpi di pistola. Attinto, in varie parti del corpo, da dieci proiettili, il Brig. Marino decedeva in ospedale alle successive ore 13:45. Nell’azione di fuoco sono rimasti feriti anche la moglie ed il figlio Francesco.
Le indagini riaprono una ferita ancora fresca nella storia dell’Arma nella provincia di Reggio Calabria consegnando il ricordo del giovane Brigadiere Marino all’immagine più bella di servitore dello Stato e difensore di quelle genti oneste che non lo hanno mai dimenticato.
 

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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