Connect with us

Primo piano

LO SPORT IN ETA' EVOLUTIVA: COME SCEGLIERE?

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 5 minuti In età evolutiva lo sport può essere assimilato al gioco che può avere anche finalità agonistiche, ma che rappresenta un evento molto importante

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 5 minuti
image_pdfimage_print

Lo sport in età evolutiva: come scegliere?

A cura della Dottoressa Francesca Bertucci, Psicologa dell’età evolutiva– Mediatore familiare


Tale articolo nasce dall’esigenza di definire delle linee guida per l’utilizzo dello sport in età evolutiva, sperimentato nel mio vissuto lavorativo e formativo, in contesti sia terapeutici (cura del sintomo) sia non terapeutici (integrazione sociale e prevenzione della devianza giovanile).
Nelle situazioni di disabilità fisica e psicologica, momentanea dovuta ad un trauma o permanente, lo sport può avere un valore terapeutico, in quanto è un motore di crescita e di maturazione personale. In altri contesti invece, attraverso la relazione educativa, facilita la consapevolezza di ciò che si è e di ciò che avviene, delle sensazioni corporee e delle emozioni. Ciò contribuisce in modo sostanziale allo sviluppo psico-fisico, alla formazione di una personalità armonica e non da ultimo, allo sviluppo della socialità.


In età evolutiva lo sport può essere assimilato al gioco che può avere anche finalità agonistiche, ma che rappresenta un evento molto importante, in special modo se visto come fonte di divertimento, educazione e benessere psicofisico.
Nel gioco il livello motorio, emotivo-affettivo e cognitivo sono strettamente collegati, avendo un ruolo fondamentale nei processi di apprendimento, sviluppo ed adattamento. L'attività sportiva riveste una notevole influenza nello sviluppo del bambino e dell'adolescente ed è caratterizzata da forti finalità educative e formative, anche perché il corpo ed il movimento sono fonte e mezzo di apprendimento (Piaget, 1936) Inoltre, lo sport come attività ludica, come ho già accennato, può avere una funzione terapeutica, in alcuni casi facilitando l'espressione dei propri vissuti ed esperienze quotidiane, nei casi invece in cui processi di sviluppo sono turbati modificati ed alterati da difficoltà o da handicap, un’attività motoria ben condotta e consapevole può costituire un grosso motore di crescita e di maturazione personale proprio perché può favorire il recupero sensomotorio dello schema corporeo .


Le finalità di un’attività sportiva in età evolutiva sono diverse:

1. Costruire uno sviluppo armonico dell’individuo attraverso l’espressione delle competenze personali sia fisiche che psichiche, anche attraverso meccanismi compensatori di carenze e di disagi.
2. Disciplina: saper ascoltare e conoscere i propri ritmi, diventando consapevole delle proprie capacità e favorendo abitudini positive quali il sentirsi in forma e rispettare impegni e tempi.
3. Saper soffrire resistendo per il raggiungimento di un obiettivo, non fermandosi al primo ostacolo. Capacità di tollerare la frustrazione che può essere trasferita anche in altri contesti della propria vita.
4. Finalizzare in modo sano la competitività in un rapporto di complementarietà con la cooperazione e la condivisione.
5. Sviluppo del senso di appartenenza in un contesto sano.
6. Aumentare l’autostima come elemento basilare della sicurezza personale partendo dalla concretezza dell'io corporeo coinvolto e costruito nelle dinamiche di attaccamento.
7. Contenere l’aggressività e finalizzarla in modo relazionale costruttivo.
8. Attivare la capacità di porre, capire, rispettare le regole, in quanto insindagabili, perché per inserirsi nel gioco bisogna conoscere ciò che si può fare e ciò che non si può fare.
9. Sviluppo dell’autoefficacia attraverso il perfezionamento del gesto sportivo.
10. Integrazione sociale.
11. Attenzione alla salute divenendo più sensibile ai segnali del proprio corpo.

Quando si parla di attività sportiva in età evolutiva è importante fare una distinzione tra il bambino e l’adolescente.
Il bambino è per sua natura un essere psicosomatico ed il corpo è la base ed il luogo dell'esperienza di vita in un vissuto totale ed indifferenziato tra sensazioni ed emozioni che è difficilmente concepibile dall’adulto.
Nella fase dello sviluppo prima dell’adolescenza, lo sport soddisfa un bisogno fondamentale che è quello di giocare ed è una delle principali motivazioni per cui i bambini intraprendono un’ attività sportiva. Ed è per questo che un bravo allenatore o istruttore deve essere in grado di trasformare l’attività in gioco, in quanto facilita la comprensione del bambino.


Il gioco è ricerca di un piacere e uno sfogo di vitalità, ma anche uno strumento adatto alle necessità dello sviluppo.
Nella mia esperienza professionale mi è capitato di lavorare con bambini in contesti sportivi, osservando grandi risultati su diversi piani, sulla capacità relazionale, sul superamento di un trauma, sull’esplicitazione di un vissuto, sulla capacità di collaborare e condividere, sulla capacità di credere in se stessi, ma soprattutto sulla possibilità di credere e vivere contesti positivi molto distanti dal proprio vissuto.
Nella fase evolutiva dell’infanzia e della fanciullezza, diverse sono le attività sportive che si possono proporre. Prima fra tutti l’attività psicomotoria in quanto consente di mettere in moto contemporaneamente corpo, emozioni e pensieri in maniera fluida. Il bambino è posto nella condizione di sviluppare una consapevolezza del proprio corpo in relazione all’altro e all’uso degli oggetti. L’obiettivo è di permettergli di esplorare, sperimentare e approfondire la propria relazione con il mondo che lo circonda nella direzione di uno sviluppo psicofisico armonioso. Questa attività può agire in modo positivo anche sui bambini che hanno subito maltrattamenti o abusi, i quali hanno vissuti di corpo violato e ferito e di deprezzamento, rischiando una deformazione dello schema corporeo e quindi conseguenze allo sviluppo psicofisico, oltre ad evitare l’isolamento sociale. Inoltre, questo l’attività psicomotoria, può agire preventivamente sui soggetti che per particolari condizioni ambientali, familiari e sociali potrebbero presentare disturbi del comportamento.
L’altro sport che può avere effetti positivi sulla capacità di gestire e percepire il proprio corpo è il nuoto, che se utilizzato anche nei casi di abuso e maltrattamento può far vincere al bambino la paura di essere controllato dall’esterno attraverso il superamento della paura dell’acqua.
Un’attività sportiva che mi è capitato di sperimentare soprattutto con i bambini anche molto piccoli e che voglio prendere in considerazione è l’equitazione e il volteggio. Queste pratiche si sviluppano su diverse aree tra loro interagenti: quella dell’educazione fisica, rivolta all’acquisizione e allo sviluppo degli schemi motori di base; l’area pedagogica, che vede il gruppo come elemento cardine per lo sviluppo di capacità relazionali che presuppongono la collaborazione, il rispetto dell’altro, l’accettazione di regole e la condivisione; l’area della prevenzione sociale, che come per la psicomotricità agisce sui disturbi del comportamento. Nei casi di disabilità psichica o fisica, l’equitazione ha una funzione terapeutica attraverso la riabilitazione con il cavallo (ippoterapia) e da la possibilità a questi soggetti di uscire dalla dimensione dell’eterno assistito, emarginato in luoghi di cura chiusi e di recuperare il rapporto con l’ambiente naturale. Molti risultati si ottengono anche sull’autismo, in quanto questi bambini possono sperimentare attraverso il contatto e la relazione con il cavallo, vissuti specifici dell’infanzia e la possibilità di avere un tramite nella comunicazione con il mondo esterno, migliorando la capacità relazionale.
In adolescenza, lo sport assume anche la valenza del comunicare, come mezzo per sviluppare caratteristiche positive: la capacità di superare le difficoltà, la consapevolezza delle proprie possibilità e dei propri limiti, l’autonomia, la motivazione e la capacità di collaborare con gli altri.
È per questo che in tale momento evolutivo ritengo siano molto efficaci gli sport di squadra, non solo per l’importanza di sentirsi parte di un gruppo ma anche per le molteplici funzioni che svolgono. Si sviluppa la responsabilità, attraverso la coscienza degli effetti diretti e indiretti delle proprie azioni; l’autonomia, attraverso la presa di coscienza di sé e delle proprie caratteristiche personali; innalzamento dell’autostima, attraverso l’accettazione realistica dei propri limiti e la scoperta delle proprie potenzialità; la conoscenza e la fiducia negli altri; il rispetto degli avversari, fare risultato è meno importante dell’integrità fisica propria e degli altri; la capacità di cooperare, prendendo coscienza che il successo dipende dal fatto che ognuno svolga i suoi compiti; l’empatia; la condivisione, in quanto il raggiungimento delle mete personali è legato alla possibilità per gli altri di raggiungere le proprie mete; il rispetto delle norme e delle regole; la coordinazione e la mobilità.
Infine, è soprattutto in questa fase evolutiva che lo sport può essere utilizzato a fini preventivi, rispetto alla devianza e al disagio giovanile. Numerose sono le variabili che contribuiscono allo sviluppo della devianza: il legame debole con la società e la famiglia, i bisogni non appagati d’amicizia, di sicurezza affettiva e di rapporti gratificanti. Tra i fattori protettivi invece troviamo la partecipazione ad attività organizzate, oltre alla buona socializzazione e al buon rendimento scolastico.

Dott.ssa Francesca Bertucci
Psicologa dell’età evolutiva– Mediatore familiare

Cell 3345909764-dott.francescabertucci@cpcr.it
www.centropsicologiacastelliromani.it
piazza Salvatore Fagiolo n. 9 00041 ALBANO LAZIALE
 

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

Continua a leggere

Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

Continua a leggere

In evidenza

Roma, aggressioni e borseggi in metro. Riccardi (UdC): “Linea più dura per garantire la sicurezza pubblica”

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

“Ci troviamo ad affrontare un problema che il Governo non può più ignorare: i borseggiatori operano impuniti nelle metropolitane di Roma. Questa situazione è inaccettabile e richiede un intervento deciso e immediato. Ritengo che la sicurezza dei cittadini debba essere una priorità assoluta e che la moderazione non significhi inazione”.
È assai dura la reazione del commissario cittadino di Roma Capitale dell’UdC, il dottor Roberto Riccardi, circa le continue, ripetute aggressioni e borseggi nella Capitale.

Dottor Riccardi secondo Lei dove bisogna intervenire in fretta nella legislazione italiana in tale materia?
I recenti episodi di furto nei mezzi pubblici mettono in luce una legislazione troppo permissiva. La normativa attuale, che prevede l’intervento delle Forze dell’Ordine solo su querela dei borseggiati, è del tutto inefficace. Questo non solo rallenta l’intervento delle autorità, ma spesso disincentiva le vittime a denunciare, sapendo che le conseguenze per i borseggiatori saranno minime o inesistenti.
Le leggi attuali non sono sufficienti per contrastare efficacemente questo fenomeno. È necessario un cambio di rotta deciso.

il commissario cittadino UdC di Roma Capitale, dottor Roberto Riccardi

E cosa può fare in più, in questo frangente, l’organo giudiziario?
Bisogna smettere di essere troppo indulgenti con i delinquenti. Va adottata una linea più dura per garantire la sicurezza pubblica.
Lei rappresenta uno dei partiti di governo nazionale. Esiste una vostra “ricetta” in merito?
Ecco le misure che proponiamo; arresto obbligatorio per i borseggiatori con l’introduzione dell’arresto obbligatorio per chiunque venga colto in flagrante a commettere furti nei mezzi pubblici. Questo deterrente è essenziale per scoraggiare i delinquenti e proteggere i cittadini.
Modifica della normativa vigente; bisogna consentire l’intervento delle Forze dell’Ordine anche in assenza di querela da parte della vittima, permettendo un’azione tempestiva e decisa contro i borseggiatori.
Inasprimento delle pene ed introduzione di sanzioni più severe per i reati di furto, specialmente quando commessi in luoghi pubblici e affollati come le metropolitane.
Campagne di sensibilizzazione informando i cittadini sui loro diritti e sull’importanza di denunciare ogni atto di borseggio, contribuendo così a creare una comunità più sicura e coesa.
Ma Lei crede che con tali misure si possa mettere un argine alla questione che preoccupa non solo i romani ma le decine di migliaia di turisti che ogni giorno arrivano nella capitale?
Non possiamo più permetterci di essere indulgenti. Dobbiamo agire con fermezza per garantire la sicurezza di tutti i nostri cittadini.
Le Forze dell’Ordine devono essere messe nelle condizioni di poter agire senza ritardi e senza ostacoli burocratici.
Dobbiamo essere determinati nello spuntare le armi dei buonisti ed a ripristinare la legalità nelle nostre strade e nelle nostre metropolitane. Solo con un intervento deciso e risoluto potremo garantire una Roma più sicura e vivibile per tutti.

Risposte chiare e concrete quelle del commissario cittadino UdC di Roma Capitale Roberto Riccardi.
Ci auguriamo che questa volta la politica affronti davvero con tale determinazione questa assenza di sicurezza per i romani e per le migliaia di turisti che si apprestano a giungere nella Capitale per l’imminente apertura, il 24 dicembre 2024, dell’Anno Giubilare.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti