Connect with us

Cultura e Spettacoli

LITFIBA: GHIGO RENZULLI IN ESCLUSIVA PER L’OSSERVATORE D’ITALIA

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 4 minuti “Il Rock in Italia, a livello mediatico, non esiste piu’, solo Pop, Rap & Hipop.”

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 4 minuti
image_pdfimage_print

di Angelo Barraco
 
I Litfiba sono uno dei gruppi rock più importanti della scena italiana e non solo, nati nel 1980 dalla mente del chitarrista Ghigo Renzulli e dell’allora bassista Gianni Maroccolo a cui si aggiunsero successivamente membri storici come Antonio Aiazzi, che ha collaborato con la band malgrado vi siano stati cambi di formazione, il compianto Ringo De Palma e il carismatico ed energico cantante Piero Pelù. Hanno pubblicato tanti album, tanti sono stati i concerti che hanno infiammato i palchi d’Italia e non solo e tante sono state le scelte stilistiche fatte dalla band per cambiare e rinnovarsi. Noi abbiamo realizzato un’intervista proprio al fondatore della band, Ghigo Renzulli, e non abbiamo parlato dei Litfiba, come molti sicuramente si aspetteranno, ma siamo partiti dall’origine, soffermandoci sulla musica vissuta prima della scalata al successo dei i Litfiba, della scena musicale in Italia oggi, i giovani in Italia oggi e il loro approccio con la musica. Ecco l’intervista con Ghigo Renzulli, buona lettura.
 
Intervista:
 
– Ciao Ghigo, grazie per averci concesso l’intervista, è un onore per noi de L’Osservatore D’Italia
 Ma figurati !….e’ sempre un piacere fare una chiaccherata
 
– La musica suppongo sia un elemento chiave della tua vita, quali sono state le tappe significative della tua carriera? Mi riferisco anche agli esordi…
 La musica e’ sempre stata basilare per me, a cominciare da quando da ragazzino suonavo la racchetta da tennis come se fosse una chitarra. Da li’ al mio primo vero strumento, alle prime lezioni, al primo gruppo, alle prime esibizioni il passo e’ stato abbastanza breve. Il mio primo amore e’ stato il Blues, sia elettrico che acustico con la tecnica del Finger Picking, poi seguito dal Folk, dal Country e da tutti i generi di derivazione Blues che andavano tanto durante il periodo della mia gioventu’. Anche adesso non ho abbandonato le mie radici…Il Blues e’ presente, magari anche in sottofondo, in tutto quello che suono.
 
– Tutti ti conosciamo per essere una delle colonne portanti dei Litfiba, ma pochi conoscono la band che avevi formato precedentemente insieme a Raf, i Cafè Caracas. Quanto è stata importante questa esperienza per te? Come è nata questa band e quanto ha influito sul tuo percorso musicale?
 I Cafe’ Caracas, nei fine anni ’70, primi ’80,  sono stati la mia prima Band che ha raggiunto, all’epoca, un pubblico al di fuori della sala prove e del circuito Fiorentino… Ci eravamo fatti un bel nome,  ci chiamavano “ I Police Italiani”, facevamo concerti in mezza Italia e suonammo anche come gruppo spalla Italiano al mitico concerto dei Clash in piazza Maggiore a Bologna. Chiaramente una forte esperienza che ha segnato pesantemente il mio percorso artistico successivo.
 
– Con l’avvento dei social abbiamo potuto vedere la tua interazione con i fans, condivisione di spartiti, foto di vecchi tour e talvolta anche di brani inediti, come reputi il mezzo internet?
 Internet con i suoi Pro e i suoi Contro e’ stato un grande traguardo dell’umanita’. Mi piacciono i Social e cerco di utilizzarli nel pieno significato del loro nome…”Sociale” e non come una semplice vetrina pubblicitaria.
 
– Pensi che il rapporto di un artista con i propri fans sia cambiato rispetto a 10 o 20 anni fa rispetto ad oggi? Quanto ha influito internet secondo te?
 Certo che e’ cambiato….20 anni fa c’era piu’ distacco tra l’artista e i fans. Oggi si puo’ interagire e anche la rapidita’ di informazione ne ha guadagnato.
 
– Con i tuoi fans hai condiviso anche delle demo, del materiale inedito, come mai hai deciso di pubblicarlo? Chi o cosa ti ha dato l’input?
 Qui si entra nel campo dei punti di vista, non tutti fanno come Me…si sta parlando di materiale che in ogni caso non ha la necessaria qualita’ di realizzazione per essere commercializzato…non si possono mettere in vendita i provini…quello lo fanno gli strozzini che vendono illegalmente, a prezzi da veri ladri,  materiale inedito ai collezionisti. A differenza di altri artisti, io non ho nessun problema a mettere in giro gratuitamente questo materiale e non desidero portarmelo nella tomba, ne’ ho paura che la gente scopra una mia veste piu’ umana e intima e meno di facciata…non ho bisogno di dimostrare niente a nessuno.  Cosi’ facendo contribuisco ad eliminare questo squallido mercato nero e rendo pubblico del materiale che in ogni caso fa piacere a molte persone, soprattutto ai fans piu’ sfegatati.
 
– Via de Bardi è diventato un luogo di culto a Firenze, i fans lasciano i loro ricordi sul portone, fanno foto e dediche. Avresti mai immaginato tutto ciò? Cosa provi quando passi da quel portone?
 Ci sono passato pochissimo tempo fa…nonostante che i proprietari ogni tanto rivernicino la facciata, le scritte e le dediche magicamente ritornano in pochi giorni, e tutto ritorna come prima. Hai detto bene te… e’ diventato un luogo di culto.
 
– Secondo te il rock in Italia viene valorizzato?
 Ma figurati ! il Rock in Italia, a livello mediatico, non esiste piu’, solo Pop, Rap & Hipop . Esiste solo  in qualche realta’ che si e’ fatta il nome nei periodi passati e che ha dimostrato di esserlo. Per i giovani e le nuove realta’ esiste solo il livello di nicchia.
 
 
– Che consiglio daresti ad un giovane musicista che cerca di sbarcare il lunario?
 La musica ha perso tanto interesse nelle nuove generazioni, non e’ piu’ un arte primaria ,ma sta diventando un sottofondo alla vita quotidiana. Mi dispiace dirlo ma sta andando drammaticamente cosi’…Spero che questa tendenza si inverta. Con il senno di oggi, non mi sento piu’ di consigliare ai giovani musicisti moderni ( cioe’, non di musica classica che fanno conservatorio ) di rischiare come ho fatto io. Consiglio di cercarsi un lavoro normale che permetta di avere una base di sostentamento e continuare a suonare e a fare arte come secondo lavoro. E’ difficile venire fuori al giorno d’oggi ,e nella scelta,  e’ molto meglio saper comporre che saper suonare ( Di bravi compositori ce ne sono pochi, di musicisti bravissimi e’ pieno il mondo e la concorrenza e’ tanta…anzi, troppa ). Chi canta chiaramente ha qualche possibilita’ in piu’, e se sa scrivere canzoni originali e con personalita’. e non e’ solo un semplice esecutore, e’ meglio…ma e’ difficile in ogni caso…
 
– Siamo abituati a vederti su di un palco, ma Ghigo oltre la musica com’è? Hai altre passioni? Come passi il tuo tempo libero?
 Io sono fatto a modo mio….mi reputo molto Mr.Hyde…qualche anno fa ho anche fatto una canzone con questo titolo in un album dei Litfiba anni ’00.  Forte, Rock e aggressivo nella musica e rilassato e gentile nella vita privata. Nel poco tempo libero che ho a disposizione amo stare con la mia famiglia oppure andare a Pesca in Mare.
 
– Grazie per l’intervista Ghigo!
 Grazie a voi…ciao a tutti

Continua a leggere
Commenta l'articolo

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Cronaca

Martina Franca, torna l’appuntamento con la fotografia d’arte di Marcello Nitti

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

Ritornata anche questa estate in Valle d’Itria, ricca di iniziative culturali come il suo famoso Festival, l’attesa mostra fotografica di Marcello Nitti, che, continuando nella sua indagine espressiva, espone una serie di fotografie con titolo “Impressionism love”, ‘amore per l’impressionismo’. L’autore pugliese spiega come questa sua nuova fatica sia “il frutto di una ricerca intesa ad indagare le romantiche possibilità fotografiche di restituire immagini che possano aiutare il sogno. Le fotografie di “Impressionism love” sono il risultato di ricerca, sperimentazione e di affermazione dell’amore nel campo fotografico. Le fotografie sono realizzate in pellicola e senza aiuti digitali con Hasselblad 500 C/M e le foto sono realizzate con pellicole a colori e B/N Kodak”. Il tutto visibile durante questa estate a Martina Franca in Vico IV Agesilao MIlano 7.
 
All’inaugurazione, presente l’autore, ha svolto una rapida introduzione critica il curatore artistico Pio Meledandri ed anche quest’anno, insieme alle foto sono esposte alcune poesie di Barbara Gortan.
 
Per Meledandri “L’esposizione di Martina Franca, che l’Autore ha intitolato “Impressionism love”, è un viaggio interiore alla ricerca dell’Arte. Una dichiarazione d’amore nei confronti dell’impressionismo che gli fa prediligere i soggetti del mondo naturale e guardare all’”attimo luminoso” capace di modificare le fisionomie degli oggetti, creando forme e cromie nuove. La sensibilità e soprattutto la creatività lo portano ad un fantastico gioco di pareidolia così come da bambini riconoscevamo nelle nuvole forme simili a uomini e animali, a draghi, principesse e castelli. …Tutte le immagini assecondano il sentimento romantico dell’Autore la cui narrazione è fantasia, sogno, mistero, emozione e passione, tutti elementi con cui il Romanticismo si è contrapposto alla cultura Illuminista determinando una sua fisionomia nelle arti visive, nella musica, nella letteratura e nel pensiero filosofico”.
 
Nitti ha ringraziato quindi il pubblico che da anni segue questo suo originale percorso fotografico “per il sostegno che mi avete donato nelle mostre precedenti e vi ringrazio per l’entusiasmo che mi infondete a continuare a creare nuove immagini nel mondo magico e sognante che si chiama ‘Fotografia’”.
Privo di virus.www.avast.com

Continua a leggere

Cultura e Spettacoli

Tivoli, al via il festival della cultura giapponese

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

Nei giorni 4,5 e 6 luglio si svolgerà a Tivoli la Prima Edizione del Festival della Cultura Giapponese, nell’ambito del rapporto di gemellaggio che lega Tivoli alla città giapponese di Yugawara.
Questo appuntamento si inserisce nel complesso dei rapporti istituzionali che collegano le due comunità e vuole rappresentare anche un ponte tra due culture millenarie che sembrano distanti e che invece hanno molti punti di contatto.
All’iniziativa hanno dato il proprio Patrocinio Gratuito i Comuni di Tivoli e di Guidonia Montecelio, L’Istituto Va-Ve, Villae Tivoli, la Fondazione Italia-Giappone, la DMO di Tivoli e Valle dell’Aniene Terre di Otium e la Presidenza del Consiglio Regionale del Lazio che ha erogato anche un contributo finanziario a sostegno dell’iniziativa.
Numerosi sono stati gli sponsor privati del territorio che hanno voluto supportare l’evento.
Il Comitato promotore del Festival è composto dall’Associazione Tivoli Città della Cultura, Tivoli ONLUS, LUIG (Libera Università Igino Giordani) e Agenzia del Viaggiatore-CTS.
Il programma allegato è ampio e denso di eventi ed è finalizzato a far conoscere alcuni aspetti della cultura giapponese con l’intento di rafforzare i rapporti anche dal punto di vista istituzionale e degli scambi commerciali.
Una delegazione della Città di Yugawara sarà ospite della nostra Città negli stessi giorni in cui si svolgerà il Festival e visiterà molti luoghi e strutture sia di Tivoli sia di Guidonia Montecelio.
Il Sindaco di Tivoli accoglierà la Delegazione il 4 luglio presso Palazzo San Bernardino per i saluti e lo scambio dei doni
istituzionali.
Particolarmente significativo ed evocativo sarà l’evento del 6 luglio, alle ore 17,00, presso le Scuderie Estensi.
In quell’occasione si celebrerà il primo Raid aereo Roma-Tokyo del 1920 e si commemorerà la figura dell’Ufficiale Pilota Arturo Ferrarin che compì la trasvolata. Per l’occasione, il giorno 5 luglio alle ore 9,30, il 60° Stormo dell’Aeronautica Militare di stanza presso l’Aeroporto di Guidonia Montecelio, sorvolerà la Città di Tivoli per omaggiare la memoria del
pilota italiano, la sua impresa, la Delegazione giapponese e la città di Tivoli.
A Yugawara è presente uno dei più grandi biscottifici del Giappone intitolato alla città di Tivoli, così come un grande Centro Commerciale, inaugurato nel 2017, dove insiste un’ampia zona in cui è possibile trovare prodotti alimentari italiani, in particolare di Tivoli e della Valle dell’Aniene.

Continua a leggere

Castelli Romani

Frascati, Libri in Osteria: Angelo Polimeno Bottai presenta il libro “Mussolini io ti fermo”

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 6 minuti
image_pdfimage_print

“O lo battezzate o ve lo riprendete. Io una bestia non l’allatto!”
Sono queste le parole che la balia frascatana Teresa rivolge ai genitori del piccolo Giuseppe Bottai contenute nel libro “Mussolini io ti fermo” che il nipote, Angelo Polimeno Bottai, presenta oggi nel salotto letterario di Emanuela Bruni, Libri in Osteria.
Sono l’incipit a questa serata che racconta, attraverso le pagine del libro, la storia e la vita di una delle figure che hanno rappresentato il ventennio fascista.

Emanuela Bruni ed Angelo Polimeno Bottai

C’è un profondo legame tra Frascati e l’autore del libro in quanto la città tuscolana, dice, “è parte stessa della nostra vita, infatti mio nonno venne battezzato nella Cattedrale di San Pietro ed io, molti anni dopo, ricevetti nella stessa Chiesa la Prima Comunione”.
Figura molto controversa, Giuseppe Bottai, viene “raccontato” attraverso una attenta analisi storica proprio per evitare, come dice lo stesso Angelo Polimeno Bottai, che “gli affetti prendessero il sopravvento sulla verità storica … è stata davvero una grossa responsabilità”.
Il quadro che emerge dalle pagine del libro narra un giovane Bottai lontano, nei primi anni della giovinezza, dalla politica ma che poi, vivendo, con la sua famiglia, nello storico quartiere romano Macao, resta colpito dalla presenza e dalla prestanza dei militari.
Siamo a ridosso della Grande Guerra alla quale Giuseppe Bottai prende parte come volontario negli Arditi riuscendo a mettersi in luce per il suo ardimento che lo porterà a ricevere una medaglia d’argento ed una di bronzo al valor militare.
Alla fine della guerra conosce e frequenta Benito Mussolini “rimandone folgorato” – dice l’autore – legandosi a quello che diverrà il “duce” attraverso un “rapporto travagliato con quest’uomo non altissimo di statura ma imponente nel carattere e nel modo di essere”
Un legame che può essere racchiuso nel titolo della rivista che Giuseppe Bottai fonda nel 1922, Critica Fascista, (da ricordare che tra gli abbonati di tale rivista figura Antonio Gramsci) proprio a sancire un atteggiamento molte volte contrario dello stesso Bottai ad alcune scelte che condurranno quella che originariamente vuole essere una rivoluzione che vuole riportare ordine e legalità in un paese, l’Italia, attraversato da molteplici attività anarchico socialiste che portano a terre occupate e centinaia di scioperi, ad una vera e propria dittatura.
“Ci sono due anime nel fascismo: quella che incarna mio nonno, i revisionisti, e quella che fa capo a Roberto Farinacci, gli irriducibili” spiega con estrema chiarezza Angelo Polimeno Bottai precisando che l’intento della “fazione” a cui fa capo il nonno cerca di convincere il Duce a mettere le mani nelle riforme necessarie allo sviluppo del paese per farlo risorgere da quella vittoria dimezzata che è stata la fine del Primo Conflitto Mondiale.
Ed una profonda frattura, spiega ancora, avviene immediatamente dopo la notizia del rapimento del deputato socialista, Giacomo Matteotti, definito da Giuseppe Bottai il “più efferato, inumano e stupido delitto che si potesse commettere verso un uomo di parte avversa e contro l’idea che anima la nostra parte”; una vera e propria condanna che culmina nella frase “bisogna trovare i responsabile anche se fossero nelle alte sfere”.
Questo, ovviamente, come riportano le pagine del libro, pone lo stesso Giuseppe Bottai ai margini del regime che sta nascendo che non è “inviso alle grandi potenze”, spiega Angelo Polimeno Bottai, ma che non pensa minimamente ad una alleanza con la Germania che sta divenendo hitleriana.
Addirittura, spiega, “ci sono liti profonde tra la stampa italiana e quella tedesca” fino al punto che alla cacciata degli ebrei dalla Germania molti di questi addirittura arrivano nel nostro Paese ed è la guerra d’Etiopia, nella quale Giuseppe Bottai si arruola, diventa il “punto di non ritorno” che segna in modo inesorabile l’alleanza italo/tedesca.
Le sanzioni permettono ad Hitler di legare con un patto economico e sodale l’Italia di Mussolini determinando il fatto che, spiega l’autore, “l’innamoramento di Giuseppe Bottai verso il duce si incrina ma rimane una lealtà critica che non determina affatto la rottura del rapporto”.
Ed è in questo momento che la frattura con l’area degli irriducibili di Farinacci raggiunge punti davvero enormi arrivando all’approvazione delle Leggi Razziali.
Lo stesso Roberto Farinacci fa girare la voce che Bottai sia d’origine ebraica per estrometterlo ed il risalto che questa notizia ha a livello internazionale diventa sempre più grande (addirittura si trova in molti giornali francesi e tedeschi).
La scelta di Giuseppe Bottai, divenuto Ministro dell’Educazione, di applicarla in maniera dura diventa, al tempo stesso, “un’angoscia” ed una “responsabilità” necessaria.
La prova di questo suo momento difficile si ritrova nella corrispondenza riportata tra le pagine del libro ove un carteggio con l’allora vicepresidente dell’Unione delle Comunità Israelitiche d’Italia, l’avvocato Aldo R. Ascoli mostra l’apertura di Bottai verso gli ebrei italiani valuta la possibilità concreta di “concedere particolari benemerenze a famiglie di ebrei in cui qualcuno abbia acquisito meriti particolari, militari o civili”.
“Due parti in commedia” spiega Angelo Polimeno Bottai dimostrando, ancora una volta, il forte attaccamento di Giuseppe Bottai all’origine rivoluzionaria del fascismo di cui resta innamorato.
Le contrapposizioni con Farinacci aumentano esponenzialmente: Bottai redige, durante il mandato che lo vedo governatore della Capitale, i piani per la creazione di EUR 42, l’Esposizione Universale di Roma che si sarebbe tenuta nel 1942 (a ragione si crede che nessuno nei primi anni del ’30 pensasse ad una Guerra Mondiale), ed in antitesi al premio Cremona, Bottai da vita dapprima al premio Bergamo e successivamente manda in stampa la rivista Primato che diviene uno dei capisaldi della cultura italiana del momento.
Sulle pagine del “Primato. Lettere e arti d’Italia” scrivono le firme italiane più eccellenti, da Nicola Abbagnano a Galvano della Volpe, da Walter Binni a Mario Praz, da Dino Buzzati a Vasco Pratolini, passando per Quasimodo, Montale, Ungaretti, Guttuso ed un giovanissimo Eugenio Scalfari ebbe a dire “su il Primato potevo scrivere liberamente mettendo alle corde Farinacci”.
Un’oasi culturale che dimostra la libertà di pensiero di Giuseppe Bottai ed il suo vano tentativo di riportare il fascismo a quegli albori che erano rimasti nel suo animo rivoluzionario.
Oasi che, attraverso poi l’emanazione di quella che divenne la legislazione per la difesa delle opere d’arte italiane fino alla creazione dell’Istituto Centrale del Restauro, porta alla salvezza di un enorme patrimonio artistico del nostro paese grazie anche alla collaborazione di personalità del calibro di Giulio Caio Argan, in chiave e funzione antinazista concretizzandosi anche sul piano prettamente pratico.

Il libro si conclude con i tragici momenti che portarono al famoso 25 luglio 1943 dove una “dittatura” decreta una successione, una piena antitesi al concetto stesso di dittatura.
Giuseppe Bottai è uno di quelli che votarono a favore dell’Ordine del giorno Grandi e per questo, condannato in contumacia, dai tribunali della Repubblica Sociale, dapprima si rifugia in Vaticano fino a giungere poi sotto il falso nome di Andrea Battaglia a combattere vestendo la divisa della Legione Straniera per la liberazione della Provenza dalle truppe naziste.

Due momenti importanti da sottolineare orchestrati da due ex sindaci della città di Frascati: Roberto Eroli e Stefano Di Tommaso.
Quest’ultimo, attento ricercatore, legge una lettera scritta dal Ministro della Cultura Popolare, Alessandro Paolini, ed indirizzato al ministro dell’Educazione Giuseppe Bottai.

Stefano Di Tommaso con in mano la lettera indirizzata da Alessandro Paolini a Giuseppe Bottai

Roberto Eroli invece esorta Angelo Polimeno Bottai a ricercare, tra i diari del nonno Giuseppe, informazioni che possano fare ulteriore luce sul tragico bombardamento effettuato dagli alleati l’8 settembre 1943 della città di Frascati.

nella foto, da sx, Angelo Polimeno Bottai, Roberto Eroli ed Emanuela Bruni

Una serata che ha riportato i tantissimi presenti nei giorni ancora vivi di quel Ventennio Fascista.

Colpisce, e non poco, la frase dell’ultima di copertina del libro nella quale, Angelo Polimeno Bottai, scrive “Nato pochi mesi dopo la sua morte, Giuseppe Bottai purtroppo non l’ho mai incontrato. Un doppio dispetto del destino: come nipote e come giornalista. In questa seconda veste, tuttavia, posso raccontare chi è stato l’uomo che più di tutti ha rappresentato ragione e coscienza del 25 luglio 1943”.

il direttore de “Il Tuscolo” ed amico Fabio Polli con Angelo Polimeno Bottai

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti