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Editoriali

L’Italia, il paese “presunto: guai a parlar male dei migranti

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Tempo di lettura 4 minuti Avere le prove, come ha sostenuto ‘Libero’, di quello che si è pubblicato, non è sufficiente per chi vuol tenere questa nazione sotto un ombrello di ‘presunta’ protezione, orientando l’informazione a suo favore

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di Roberto Ragone

Non ho mai sentito, fino ad oggi, che un quotidiano sia stato denunziato per procurato allarme, ma tant’è, l’Italia si distingue anche in questo.

Due testate, Il Tempo di Roma e Libero sono state denunziate appunto per quel reato, senza tener conto del fatto che un quotidiano serio e un giornalista serio – e non abbiamo motivo di credere il contrario – pubblicano notizie di cui hanno in mano prove concrete.

Questi i fatti: ambedue i quotidiani in questione hanno, in questi giorni – come altri hanno fatto più timidamente – pubblicato la notizia che la recrudescenza della presenza della zanzara della malaria da noi – lasciamo ad altri i termini più scientifici – sia dovuta al massiccio arrivo sulle nostre coste di ‘migranti’, sia economici che non, tutti catalogati sotto la voce ‘richiedenti asilo’, e tollerati per anni in Italia, in attesa che una burocrazia elefantiaca e al limite del ricatto di potere, decida della loro sorte. Se poi tali personaggi risulteranno inidonei all’accoglienza, potranno comodamente fare ricorso contro la sentenza, rimanendo qui da noi sine die. Oppure anche con il decreto di espulsione in tasca, un foglietto che non fa paura a nessuno, stante l’incapacità delle nostre istituzioni a metterlo in pratica.

Dicevamo che l’Italia è un paese ‘presunto’, e chi si dovesse azzardare a dire il contrario, sarà immediatamente denunciato all’Autorità Giudiziaria. Presunti sono gli assassini e stupratori anche se rei confessi, fino al terzo grado di giudizio, presunti coloro che commettono ‘femminicidio’ – neologismo bruttissimo, cacofonico, sessista e discriminante, del quale propongo l’abolizione immediata per acclamazione popolare – , presunti i ladri, gli scippatori, i malversatori, i ricattatori, i mafiosi, e tutti coloro che commettono reato anche se rei confessi: davanti alla legge nessuno è colpevole se non dopo la sentenza di Cassazione passata in giudicato. È ridicolo sentir leggere alcuni Tiggì, durante i quali si sbandiera il termine ‘presunto’, pur in presenza di arresto in flagranza di reato. Siamo un paese dai muri di gomma, come nel caso dei vaccini. È reale, a questo punto la ‘presunzione’ del fatto che la spinta autoritaria sulle vaccinazioni sia dettata ‘anche’ da interessi economici delle società farmaceutiche: ricordiamo i clamorosi flop a proposito dei vaccini contro l’aviaria e la mucca pazza, che ha portato la ditta produttrice ad immagazzinare milioni di dosi invendute. Ma non possiamo ignorare che da fonti autorevoli siano venute voci di dissenso, forzatamente anonime perché minacciate da una presunta ‘lex ad personam’ che avrebbe portato la radiazione dall’albo nazionale del medici. Insomma, a proposito della malaria, le voci si inseguono e si contraddicono, secondo i canali tv e i quotidiani che le riportano.

Avere le prove, come ha sostenuto ‘Libero’, di quello che si è pubblicato, non è sufficiente per chi vuol tenere questa nazione sotto un ombrello di ‘presunta’ protezione, orientando l’informazione a suo favore. Guai a chi tocca i ‘migranti’, – quelli, non ‘presunti’-  e guai a chi sbandiera ai quattro venti notizie che possano nuocere loro. Già dal principio di questo esodo migratorio s’era detto e scritto che essi portavano malattie da noi ormai estinte,come la tubercolosi, la scabbia, il morbillo  – ho avuto il morbillo, e non sono morto: perché quello di oggi invece è così violento?- : ma guai a chi debba dichiarare che con gli africani è arrivato anche il contagio di una forma letale di malaria. I nostri ospiti, dei quali la Bonino ha finalmente dichiarato che siamo stati noi – cioè ‘loro’ – a volerli tutti qui, e allora la manfrina dei respingimenti si è scoperta, insieme all’ipocrisia e alle menzogne di una certa classe dirigente; i nostri ospiti devono essere accolti, coccolati, nutriti, ospitati in case confortevoli con televisione e ‘cibo buono’: evidentemente non quello di cui si nutrono – quando possono – gli Italiani. Vorrei tanto sapere cosa questa gente considera ‘cibo buono’, visto che i vassoi di pastasciutta sono gettati nei cassonetti, dove poi alcuni Italiani li vanno a recuperare. Viene da pensare che al loro paese mangino aragoste e caviale, oppure che abbiano capito che qui possono fare il bello e cattivo tempo, basta andare in piazza a urlare con quattro cartelli sgrammaticati, e il governo si muoverà; non mandando contro di loro la polizia, – riservata a quelli degli Italiani che difendono i propri diritti – ma aderendo alle loro richieste campate in aria. Abbiamo infatti sentito più volte anche Bergoglio parlare di ‘presunti’ diritti umanitari di questa gente, ma mai nessuno ha messo il focus sui loro sacrosanti ‘doveri’.

La malaria in Italia non faceva più paura, come pure il meningococco, di recente riaffacciatosi in maniera preoccupante – e chissà da dove viene. Delle malattie veneree non parla nessuno, ma c’è da pensare che siano anch’esse presenti. Quindi, proibito parlar male dei migranti: non portano la malaria, non portano alcuna malattia, sono sani come pesci; non violentano le nostre donne – e che, gli Italiani non fanno forse la stessa cosa, anzi, più di loro, mescolando violenze carnali a violenze domestiche? – non le molestano per strada. Eccetera eccetera. Sono ‘risorse’, come li definisce la Boldrini: di che, non s’è capito. Né s’è capito quale sarebbe la cultura che portano e a cui ci dovremmo abbeverare per arricchirci. Nessuno s’è accorto, o ha fatto finta di non vedere, che in Italia – oggi per avventura i flussi sono diminuiti, anche se non di molto – arrivano spesso donne senza marito all’ultimo mese di gravidanza, e che la maggior parte di loro partorisce quasi subito, sulla nave che l’ha raccolta, o sulla banchina del porto. Calcolando i tempi di ‘detenzione’ in Libia, c’è da pensare che il padre del bambino sia uno dei carcerieri, per violenza, o promettendo che l’arrivo in quelle condizioni avrebbe comportato una migliore accoglienza, e magari vitto, alloggio e lavoro. Così, con il famigerato ‘ius soli’ – sul quale il governo, elettoralmente, ha fatto marcia indietro, salvo poi a ripresentarlo boldrinianamente ad elezioni avvenute – avremo sul nostro suolo tanti piccoli figli di delinquenti, mercanti di carne umana, sfruttatori delle miserie altrui. Una bella genìa per un paese con le nostre tradizioni, in special modo se i figli avranno lo stesso  carattere dei loro padri.

Allora, tornando a ‘Il Tempo’ e ‘Libero’, ‘Tutto va ben, madama la marchesa’: cioè tutto ‘deve’ andar ben, per legge e volontà politica di chi comanda; un modo di dire adottato nel Ventennio, da cui è nata anche una canzoncina pubblicitaria, un ‘jingle’, che ricordo da Carosello. Infatti, durante quel famigerato periodo le notizie pubblicate dovevano rigorosamente essere positive. Par d’essere – presuntamente – tornati a quei tempi, basta sostituire l’espressione ‘procurato allarme’ con ‘disfattismo’.

 

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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