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Editoriali

L'ITALIA E… L'ETNIA DEL POPO'

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Tempo di lettura 4 minuti Ci si domanda: Qual'è oggi l’italiano indigeno? Che genere di vita popola ancora questa penisola?

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di Emanuel Galea

Occhio agli escrementi e attenzione a dove mettere i piedi. Inoltre tenere sempre il naso turato e stare al riparo dalle pallottole! Si sta attraversando l’Italia, terra di santi, di demoni, di evasori, di pentiti, di tartassati e criminali impenitenti. Terra di generoso volontariato, di illustri mantenuti, grandi parlatori, truffatori, stupratori e eterne vittime. Terra di mistici, atei ed agnostici.

Numerosi venditori di fumo e danzatori della pioggia sono perennemente in piazza per  incantare e convincere inermi cittadini ma,  non riescono ad attirare investimenti. Tengono lontani i capitali esteri e non proteggono quelli locali.
Si eleva nell’aria un odore acre di aria fritta ma lo spettacolo deve continuare. Ci si domanda: Qual'è oggi l’italiano indigeno? Che genere di vita popola  ancora questa penisola? 

Non è facile rispondere. Ammesso che la gente latina è una razza in estinzione,  la penisola si  sta ripopolando di una nuova etnia, un po’ cristiana, un po’ atea, un po’ blasfema, un po’ mistica, un pò ladra, un po’  onesta, un po’ pettegola, un po’ riservata, un po’ corruttrice, un po’ corrotta. In poche parole è la nuova etnia del popò. E una minoranza del nouvelle vague  popò, la più progressista,  si è impadronita di tutti i mezzi dell’informazione e,  mezze buste entusiaste, aderenti al movimento del popò, assodate al servizio della potente minoranza dominatrice, vendono dosi intensive del pensiero unico a turni continui, notte e giorno.

La voce che vien dall’Europa rimane molto flebile davanti alla carneficina in nord Africa, medioriente ed alle ambiguità di Recep Tayyip Erdogan. L’opinione pubblica inorridisce davanti alle bande di evasori, usurpatori, rapinatori che continuamente  taglieggiano inermi cittadini, commercianti ed istituzioni.  Le loro   scorribande non distinguono il nord dal profondo sud. Il  commercio dei clandestini rende e ci si prospera, aumenta e gonfia i bilanci della malavita.

Per alcuni personaggi delle istituzioni, come la presidente della Camera, ben altro è importante. La signora Laura Boldrini ha scritto ai deputati e alle deputate per sottolineare che per le donne il ruolo o gli incarichi ricoperti vanno declinati al femminile: la presidente e non il presidente, la ministra e non il ministro

L’osservazione di Del Debbio è puntualissima. Per rimanere  conformi con la  Boldrini, perché non “giornalisto o dentisto?”

Signora Boldrini, non sono certo questi i problemi dell’Italia. Eppure questa è la classe dirigente, la nuova Italia, questa è la nuova genera tion, politica, civile, culturale.

Al  nuovo presidente del Consiglio non si può certo dire che manchi l'ottimismo, lui vede un'Italia che fiorisce. Chi se la sente di spiegare al bravo presidente la reale situazione italiana? Non se ne accorge dei presidenti di associazioni antimafia che trafficano con i clan, leader di comitati anti racket presi con la mazzetta in mano e piromani che inscenavano misteriosi incendi per poi chiedere risarcimenti allo Stato, eredi improvvisati del Partito degli onesti, quello nato da Tangentopoli e dall’Antimafia convertito nella truffa.

A Palermo è stato arrestato il presidente della Camera di Commercio per una tangente da 100mila euro .In questo mondo di ladri, sembra tutto normale, chi vuole che ci si scandalizzi.

Dalla relazione tecnica consegnata dal dipartimento Attività produttive e allegata al disegno di legge di riforma degli enti,  in discussione all’Assemblea Regionale Siciliana,  emerge che le “Camere di Commercio” mentre registrano disavanzi importanti elargiscono  stipendi d’oro .
Come fanno gli investitori stranieri ad affidare i propri capitali in questo paese così bistrattato? Nella accidentata faccenda di Swissleaks si parla di una super-evasione di 180 miliardi e si dice pure , secondo la Finanza, che gli italiani hanno nascosto 741 milioni.
Non si finisce di mettere a parte il giornale quando esce fuori l’altra notizia che la Procura di Milano ha iniziato gli indagini inerenti ad  una presunta  maxi evasione da otto miliardi di euro in Svizzera e pare siano coinvolti nomi di importanti partiti politici.

Guai ai vinti! L’Italia sembra sia stata vinta dalla corruzione e dalla disordine. La ‘Ndrangheta in Lombardia e l’occhio della malavita su Palazzo Gorani! Che fanno gli italiani, possono stare sereni? Secondo la Corte dei Conti la corruzione dilaga dappertutto. Sempre secondo la stessa Corte  sono 60 miliardi l’anno i numeri della piaga sociale e  della corruzione. “L’illegalità, corruzione, malaffare” continua la Corte dei Conti  “sono fenomeni ancora notevolmente presenti nel Paese e le cui dimensioni, presumibilmente, sono di gran lunga superiori a quelle che vengono, spesso faticosamente, alla luce”.

Davanti a siffatta tsunami di corruzione si sente l’urlo sfiduciato del cittadino : “si salvi chi può”. L’urlo ha buon ragione d’essere perché stanno cedendo gli stessi argini proposti a frenare l’ondata letamosa. La corruzione,
ahinoi, passa per il tribunale. Non si salva ormai alcuno.

Secondo Nello Rossi, procuratore aggiunto a Roma, nei palazzi di giustizia cresce un nuovo fenomeno criminale. Vede protagonisti magistrati e avvocati. C’è chi aggiusta sentenze in cambio di denaro, chi vende informazioni segrete e chi rallenta le udienze. Dice il pm: “ Un fenomeno odioso”

Troppo buono il pm a chiamarlo odioso! Nel 1935, il giurista Piero Calamandrei, nel suo “Elogio dei giudici scritto da un avvocato” scriveva che “Ciò che può costituire reato per i magistrati non è la corruzione per denaro: di casi in cinquant’anni di esperienza ne ho visti tanti che si contano sulle dita di una sola mano. Il vero pericolo è un lento esaurimento interno delle coscienze, una crescente pigrizia morale»,

Questo paese ha seri problemi, ormai si confondono  corrotti e corruttori,  vittime e aguzzini, giudicanti e giudicati, diritti e desideri,contemplativi e razionalisti, devoti e materialisti, ascetici e idealisti.

La penisola è diventata un enorme spaccio dove si baratta di tutto, un po’ di bene, un po’ di male, un po’ di dolce ed un po’ di amaro. E’ un paese senza identità. E’ il paese del popò.

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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