L’ISIS AVANZA MENTRE IL RESTO DEL MONDO OSSERVA

di Christian Montagna

Una città dopo l’altra, una strage dopo l’altra: l’Isis avanza e conquista territori, come in un gioco di guerra, dove a rimetterci sono soprattutto i civili. Una bandiera nera che sventola, pregna di dolore e lutto e una rivendicazione sui social: sono questi i mezzi di cui si servono i Jihadisti per comunicare al mondo intero, che nel frattempo osserva, le loro vittorie.
Una carneficina in nome di una guerra santa, un susseguirsi di minacce all’Occidente colpevole di “inquinare” ,a loro dire, i precetti fondamentali di una religione che forse, nemmeno ben conoscono: questo è l’Isis. Ma siamo sicuri che i motivi di questa continua guerriglia siano soltanto questi? O è quello che vogliono farci credere?

In tempo di stragi, di irruzioni violente contro la libertà di stampa di Charlie Hebdo, di attacchi al potere, ai ministeri, ai musei e alla storia tutto sta diventando routine. Non una reazione, non una presa di posizione: il resto del mondo partecipa inerme alla più grande guerra di tutti i tempi. Generalmente, le guerre hanno inizio e fine, nascono da meccanismi ben precisi che non si nascondono dietro a “motivi religiosi”. Questa invece va avanti da tempo, giorno dopo giorno; sta pian piano logorando luoghi e persone; sta causando disordine, emigrazione, morte e ovunque distruzione.

Una lista di territori conquistati infinita che si aggiorna di giorno in giorno: Palmira, città archeologica della Siria, è l’ultima in ordine di tempo ad essere stata sopraffatta. I Jihadisti mirano alla distruzione di una storia, di una cultura e di una tradizione. Sono entrati all’interno di un museo, senza alcuna resistenza, hanno distrutto statue e reperti, ricordi di una storia che non potrà mai più tornare. "Non c'e' quasi nulla nel museo, siamo riusciti a trasferire progressivamente le antichità a Damasco", ha riferito Abdulkarim, "tuttavia, ci sono ancora sarcofagi il cui peso di tre o quattro tonnellate non ci ha permesso di spostarli, e questo mi preoccupa". Eppure chissà quanta storia ci sarà dietro questi sarcofagi…

Da Baghdad arrivano rinforzi e reparti speciali della polizia. Si teme la presa di possesso anche del capoluogo stesso. Tira un’aria strana da quelle parti: forse, è effettivamente scoppiata una grande guerra. Poi c’è Jisr, altra città, altra sopraffazione: un ex ospedale trasformato in caserma viene occupato. La vita di 200 soldati al momento è nelle mani dei fondamentalisti. Si tagliano teste come fosse niente, si teme un’altra grande strage di massa. Ma d'altronde, poco importa del destino di duecento soldati al mondo intero. In Arabia Saudita invece si punta a colpire la religione: una moschea sciita è stata vittima di un attentatore suicida che ha causato la morte di 19 fedeli. Anche in questo caso, la strage è firmata Isis.

La Coalizione internazionale ha fatto sapere di aver inviato circa venti raid aerei guidati dall’ America contro le postazioni jihadiste in Iraq e Siria nell’ arco di 24 ore. Ma cosa vogliono che facciano dei raid aerei ad un’organizzazione così determinata? Il 2 Giugno si riuniranno a Parigi, con estrema calma, i ministri degli Esteri dei venti paesi della Coalizione. Gentiloni in Italia come Hollande in Francia si dicono preoccupati e chiedono di agire.

L’Isis potrebbe affacciarsi sull’Occidente, ha in mente di armarsi di una bomba atomica: possibile che il resto del mondo resti solo ad osservare?