Connect with us

Editoriali

Dalla Leopolda all’Ubalda, torna la campagna elettorale

Published

on

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 6 minuti

Guardando ciò che succede in questi giorni in politica, potremmo ben mutuare da Pirandello il titolo della sua commedia composta in pieno dopo grande guerra “Ma non è una cosa seria”. Assistiamo, da parecchi mesi, o anni – l’Italia è costantemente in campagna elettorale, un po’ come quegli automobilisti che ti tampinano da vicino, aspettando l’attimo per il sorpasso – alle varie sceneggiate trasmesse dalla tv, riportate sui media, e anche sostenute dai social, novità alla quale si sono rivolti i politici con grande prontezza.

 

Renzi – parliamo un po’ di lui – dopo avere organizzato una rete di ‘trolls’ volontari a costo zero, – sono quelli che su FB intervengono nelle discussioni denigrando gli avversari politici – ha gestito un profilo dal nome ‘Matteo risponde’, dal quale pare che cancellasse ogni commento negativo, cioè, praticamente, una cifra. Non abbiamo notizia del fatto che sia ancora attivo o meno, certo il treno gli avrà tolto parecchio tempo che avrebbe dedicato a Facebook. Oggi siamo tutti abituati al palcoscenico mediatico, da ‘Carta bianca’ a ‘Che tempo che fa’, da ‘In mezz’ora’, a ‘Uno mattina’. Eccetera. Giletti fucilato dalla Rai promette battaglia da La 7, Porro si sfoga sui giornali, la Gabbanelli è pronta a continuare le sue campagne, senza, questa volta, il controllo Rai. Bruno Vespa, con il suo ‘Porta a Porta’, dal canto suo, è quello buono per tutte le stagioni, quello che rimane sempre a galla perchè è sempre disponibile per i vincitori. D’altronde, come farebbe a presentare i suoi – a parere di chi scrive ndr. – inutili e noiosi libri, se non alla Rai, dove sabato scorso, di mattina, Tiberio Timperi gli ha dedicato dieci abbondanti minuti per la sua ultima creazione?

Pare che i libri di Vespa, che è arrivato a presentarli a Montecitorio, con Berlusconi a fianco, siano autoreferenziali, nel senso che interessano solo lui. Nei corridoi di via Teulada, e nei giardini di Saxa Rubra, i meglio informati sussurrano all’orecchio dei meno informati, che pare che sia più potente di Mario Orfeo, e anche di Costanzo e di Pippo Baudo. Ma queste sono chiacchiere di corridoio. Insomma, tutti questi mezzi di comunicazione ci trasmettono un unico messaggio: la campagna elettorale è quasi all’orgasmo.

Quanto più ci avviciniamo alla fatidica data, tanto più i protagonisti sono presi da crescente frenesia. Berlusconi che, perseguitato da una Magistratura ad orologeria per un ormai putrescente Ruby Ter – mentre la pulzella ormai più che maggiorenne si appresta probabilmente a diventare nonna – nega qualsiasi accordo con Renzi e il ‘suo’ PD; Renzi che fa altrettanto, negando ogni combine presente o futura con il Cav, – anzi, ex -; il M5S che nega ogni coinvolgimento con chicchessia, specialmente con la Lega – non più lombarda per motivi di opportunità: dove andranno a finire le sorgenti del patrio fiume, e i riti costà celebrati? Forse ne faranno tre, uno per il nord, uno per il centro, e il terzo sul Sele, per il sud.

Sullo sfondo vagano come anime in pena personaggi in cerca, non d’autore, ma di seggi, tipo Casini, Orfini, Alfano e frange di cespugli vari; mentre pare che Verdini abbia trovato rifugio sotto l’Ala protettrice del Berlusca, anche lui Quattrostagioni. Una cosa è certa: le preferenze degli Italiani – secondo i sondaggisti, impegnatissimi: quasi quasi sarebbe anche inutile andare alle urne – si divideranno in tre: ancora l’ormai decotto PD di Renzi – dove Emiliano che spera nei miracoli ha voluto rimanere – , la rediviva Forza Italia, con l’immarcescibile Berlusconi, e il M5S di Di Maio, new entry e per questo inviso a tutti. Senonchè, sia per il primo che per il secondo, il nemico da battere, il bersaglio comune è proprio Di Maio e il suo Movimento, sia da parte di B., che di R. A buon diritto si può immaginare che se nessuno dovesse ottenere il famigerato 40%, sia B. che R. potrebbero far fronte comune contro il M5S, in nome della governabilità, nel cui nome abbiamo assistito a molte e più gravi nefandezze.

 

Dalla Leopolda – che ricorda tanto un famoso film con la Fenech, solo che quella era l’Ubalda, ma non c’è tanta differenza – Matteo Renzi ha promesso – udite udite – ancora i famosi ottanta euro, da estendere alle famiglie con figli. Non s’è ben capito a chi fossero riservati prima. E qui, ci tocca proprio dirlo: ma che, vossignoria niente niente vuole ancora prendere l’esimio pubblico per quella parte del corpo poco nobile sdoganata come Lato B – con buona pace di Berlusconi, che in questo caso non c’entra – ma magari vorrebbe che di lui si parlasse anche nel contesto, secondo il motto americano ‘Parlatene anche male, purchè ne parliate’? Ed è offensivo pensare che gli Italiani possano ancora cadere in questa trappola elettorale. “Ragazzi, siamo in modalità campagna elettorale” ebbe a dire mesi fa don Matteo da uno dei tanti palchi da cui ci propina il Verbo. Volendo significare: basta litigare ora, prima andiamo al governo, e poi ricominciamo. Senonchè qualcuno meno paziente ha ricominciato subito, e qualcun altro è volato su altri nidi, non di cuculo. Mentre Bersani guarda ancora in corridoio per vedere se finalmente è arrivata la mucca. Un’altra indecenza è quella che M.R. continua a ripetere, a proposito del milione di posti di lavoro ‘censiti dall’ISTAT’: come a dire che se domani si dovesse scoprire che questa è una clamorosa bufala, la colpa sarebbe dell’Istituto di Statistica, e non del più noto don Matteo, bufale-maker peggio di Pinocchio.

Mentre nessuno guarda, qualcuno le bufale, le fake-news, se le fa in casa, per essere pronto a smentirle e dimostrare la slealtà degli avversari. Tornando all’ISTAT, la verità è che il 93% dei nuovi assunti lo sono a tempo determinato, mentre il restante 7% è la trasformazione di un contratto precario. Impazza ancora la clamorosa bufala renziana – quella sì – che magnifica la Buona Scuola, quando ormai è stata squalificata da tutti.

 

E questo è l’ennesino insulto alla nostra intelligenza. Pare poi che ci sia una carta segreta per la coesione dei sinistrocentrici, cioè lo Ius Soli, che, se approvato di notte e con l’ennesima fiducia, porterebbe – vai a capire per quali alchimie – all’unità delle frange del PD, fuoruscite, con il ceppo centrale del partito. Insomma, la campagna elettorale da noi non è una cosa seria – ma certamente non lo è in nessuna parte del mondo – finchè i candidati – mai termine fu meno appropriato – continueranno a prenderci per micchi. Il risultato è che B. un giorno sì e l’altro pure tuona contro Di Maio & Co; i quali, giustamente, non entrano in polemica, glissando su certe affermazioni. Renzi continua a stringere mani, creare gruppi di lavoro, scuole di politica – se te l’insegna lui, sta certo che duri poco – apparire in televisione, – è finito lo Zecchino d’Oro, e se l’e fatto scappare – indire congressi, per così dire, leggermente di parte: la sua; mentre tutte le contestazioni che don Matteo si è dovuto sorbire, i vari insulti e parolacce, seguiti da espliciti inviti ad andare non si sa bene dove a fare non si sa bene cosa, li abbiamo dovuti scoprire nei social, perché la Rai, bontà sua e di Mario Orfeo, li ha cestinati. Meglio poi non ascoltare i programmi, che dovrebbero rappresentare il motivo principe di una scelta. Fra elemosine di ottanta euro, promesse di mille euro alle pensioni minime, matrimoni gender, yoga insegnato a scuola, – Gentiloni dall’India – ci perdiamo in un mare di teorie ideologiche, o presunte tali, condite di demagogie in confezione spray.

 

Oggi la campagna elettorale si fa sui social, su Internet, meno nelle piazze – quasi per niente – e in televisione. La costante è il fiorire di bufale nelle bocche degli eleggendi, bufale elettorali (modalità campagna elettorale), i quali manca poco che si esibiscano in giochi per bambini deficienti, quali considerano che sia l’elettorato. Tornare ancora con gli 80 euro, è davvero una cosa inqualificabile, da Cottolengo – con tutto il rispetto per i ‘diversamente intelligenti’. Parlare ancora di un milione di posti di lavoro, altrettanto: ma li leggete o no, i giornali? Oppure l’ISTAT è anch’esso il Verbo rivelato? E un Berlusconi che dichiara di non voler fare pappa e ciccia con Renzi e il PD, che invece sogna ancora la ‘Grossekoalition’?

La grande sceneggiata è davanti a noi, sul palcoscenico virtuale dei mezzi di comunicazione, ma non tutti abboccano. Secondo l’ISTAT – appunto – meno della metà degli aventi diritto al voto: se il partito assenteista fosse costituito, andrebbe al governo in un batter d’occhio con più del 60%. Non è finita: Laura Boldrini ‘scende in campo’, come ebbe a dire Berlusconi nel 94, e questo era temuto, e come tutte le cose temute, si è avverata. Ha già cominciato con un noioso – a sentir chi c’era – comizio in occasione della giornata contro la violenza sulle donne, tema che , scusate il bisticcio, temiamo sarebbe uno dei suoi leit-motiv politici. Grasso, da par suo, sta alla finestra, ma non si espone. Da buon siciliano e ‘omo de panza’, aspetta il momento propizio. Certo, l’aver lasciato il PD con un pretesto banale – poteva accorgersi prima che non corrispondeva più a nulla, se non a Renzi – in un momento politico particolare, denotava un segreto proposito, staremo a vedere. Probabilmente, anzi certamente, avremo in Parlamento anche un nuovo partito, quello islamico. Ci proporranno leggi coraniche? La Sharia? La Jihad? Non è dato ancora di sapere, vedremo. Allora, tra residui di magazzino rispolverati ad hoc, gente ‘di sinistra’ messa in freezer e scongelata, o ritirata dalla politica, un Prodi un po’ più grigio, mai stanco d’esser trombato dai suoi, un Berlusconi che, nonostante tutto, mostra i segni del chirurgo plastico, e un M5S sul quale molti hanno grossi dubbi, la campagna elettorale va avanti, novella Arca di Noè, senza sapere dove approderà. Ma non è una cosa seria. A voi sembra una cosa seria? L’unica cosa seria è il destino degli Italiani, che hanno da risolvere ben altri problemi, che quelli che affliggono i nostri politici. Secondo i quali, ahimè, questa non è una cosa seria.

 

Roberto Ragone