Connect with us

Editoriali

L’EGOISMO SFRENATO ALLA RADICE DELL’ATTUALE CRISI

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 3 minuti Ritorno a confermare la mia condivisione alla diagnosi, saggiamente fatta dall’ex Pontefice Benedetto XVI

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

di Emanuel Galea
       
Scoppiata nel 2008,  ancora perversa la “grande crisi del secolo”. Da più di cinque anni il mondo occidentale è sotto la morsa di una crisi nera. Molti paesi europei, in testa l’Italia, si sono trovati impreparati e indifesi davanti alla “grande sfida” causa l’esposizione di un maxi indebitamento pubblico e una debole economia reale. La miscela ha fatto da detonatore al tasso della disoccupazione mentre gli amministratori assistevano impotenti alle sferzate che erodevano i risparmi dei ceti sociali a basso e medio- basso reddito, comprimendo i consumi di famiglie e imprese.
 
Fior fiore di economisti si sono cimentati in analisi e terapie varie. Studi di settore e dibattiti a non finire. L’inadeguatezza di quelle terapie, ahinoi, sono state vissute sulla pelle degli italiani. Piuttosto che curare il male, hanno alzato  la febbre della disoccupazione e aggravato ulteriormente il  calo dei consumi.
 
Penne raffinate del miglior giornalismo locale si sono avvicendati nei salotti bene della televisione, pubblica e privata, anche loro, avanzando analisi, critiche e suggerendo provvedimenti da adottare. Analisti di grido, facendo previsioni che a distanza di cinque anni non trovano conferma mentre la crisi galoppa senza sosta e senza confini.
Sarà una crisi anomala o forse agli analisti sta sfuggendo il senso, la causa prima che ha originato il fenomeno perverso, fenomeno, che la sta facendo ancora deflagrare,  nonostante i dotti interventi degli illustri ospiti.
 
Nelle Primarie PD 2013,  Renzi lancia un’Opa e conquista la segreteria di Via del Nazareno. Nelle Europee, poi, stravince e fa del Pd  la cittadella dei progressisti. L’Europa corteggia la destra, cambia politica  per lasciare tutto invariato. Chi aspettava novità da Bruxelles non avrà che delusioni.
 
“Le ragioni profonde della crisi economica vanno rintracciate nell'egoismo”.
E'quanto ha detto Benedetto XVI durante il tradizionale incontro d’inizio Quaresima con i parroci e i sacerdoti della diocesi di Roma, svoltosi giovedì mattina 26 febbraio 2009, nell'Aula della Benedizione.
 Questa dell’ex Pontefice è una diagnosi della situazione attuale che mi sento di condividere in toto. Senza voler in alcun modo  trattare l’argomento da un  pensiero religioso, che poi anche se lo facessi, il tutto andava a vantaggio di una maggior comprensione del fenomeno, però, per oggi, si parla  di “egoismo laico” e cioè quella mancanza di  condivisione dei valori e principi che sono alla base del vivere civile.
Uno sfrenato egoismo si cela dietro ai valori più comuni della nostra società. L’egoismo non produce ricchezza. Questo è il principio base di ogni analisi della crisi da qualsiasi parte essa provenga.
La beffa dell’abolizione del Senato, la farsa delle sparizioni delle Province, la burla delle Partecipate, la riforma zucchero e miele della Pubblica Amministrazione, il gioco di prestigio del Finanziamento Pubblico ai partiti, la minestra riscaldata e ormai diventata indigesta dell’Italicum, lo scherzetto dello Spending Review e l’ultima operetta del Jobs Act,  non fanno crescita, non fanno occupazione, non intaccano minimamente la crisi. Sono riforme di facciata,riforme “toccata e fuga” “egoismo “ di chi vuole fare bella figura davanti all’Europa. E’ l’ego che domina, l’apparire e non l’essere.
La prima riforma degna di questo nome sarebbe quella che moralizzi il vivere civile nel Belpaese, al riparo di corruzione, delinquenza organizzata e decadimento delle istituzioni.
L’egoismo delle lobby che affossano qualsiasi riforma, ogni qual volta tenti di  limitare i loro privilegi, “diritti acquisiti”, favori  ottenuti con raccomandazioni e bustarelle.
L’egoismo dei partiti politici che dell’art.49 della Costituzione ne hanno fatto carne da macello. “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” recita quest’articolo. Allo stato attuale i partiti sono diventati “società di interesse privato” a tutti gli effetti, con capitali, investimenti, mobili e immobili e lucrano sui finanziamenti sotto forma di rimborsi, a prescindere che il corrispettivo che percepiscono i singoli deputati copre in abbondanza qualsiasi attività che scegliessero di perseguire.
 
L’egoismo delle caste, dei magistrati che si arrogano il diritto di dettare l’indirizzo politico, agli stessi eletti e rappresentanti del popolo, per quanto riguarda la giustizia.  Una casta ormai con dentro membri malati di egoismo, protagonismo, del puro apparire. Hanno coniato nuove nomenclature: magistrati di prima linea, magistrati di frontiera, magistrati d’assalto.
L’egoismo ahinoi, sta entrando anche nella sfera sacra del clero e il protagonismo strillato come preti di quartiere, preti di frontiera, preti di periferia.
 
L’egoismo di noi gente comune, che giriamo la testa e chiudiamo gli occhi, per non essere implicati, coinvolti, ogni volta che ci imbattiamo in episodi spiacevoli.
 
L’egoismo delle associazioni di categoria che tutelano gli iscritti, disinteressandosi completamente di chi ne è senza alcuna copertura.
 
L’egoismo della finanza. Banche e istituti vari lucrano sui prestiti della Bce per investimenti vari, aumenti ai dirigenti e bocca asciutta ai correntisti.
 
L’egoismo, infine, degli eletti, che una volta assicurato il “posto a Montecitorio” si sentono liberi di seguire il dettato del partito anche se questi va contro gli interessi del loro elettorato. Cambiano casacca secondo convenienza. Egoismo obbligato se vogliono essere re-inseriti in lista nelle successive elezioni.
Quale vera riforma può avere successo, trovandosi davanti a questo ventaglio frastagliato di “egoismi”? Alcuna!
Chi intende veramente riformare ha prima l’obbligo di moralizzare il campo.
 
Ritorno a confermare la mia condivisione alla diagnosi, saggiamente fatta dall’ex Pontefice Benedetto XVI: “Le ragioni profonde della crisi economica vanno rintracciate nell'egoismo”. L’egoismo produce solo povertà e disordine.
 

Continua a leggere
Commenta l'articolo

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

Continua a leggere

Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

Continua a leggere

Editoriali

Un anno senza Silvio Berlusconi

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti