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Editoriali

Legittima difesa, chi vuole il far west in Italia?: la nuova delinquenza, proveniente da nazioni in cui la crudeltà non ha limiti etici

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Come ha dichiarato di recente il ministro dell’Interno Matteo Salvini, una delle priorità del Parlamento è l’approvazione in tempi brevi della nuova normativa sulla legittima difesa, una legge che già da molti anni avrebbe dovuto essere cambiata, dato il cambiamento delle condizioni sociali e di ordine pubblico in Italia. Si va, infatti, sempre di più verso un’Italia non più isola felice, dei tempi in cui bastava la divisa di un vigile urbano per incutere rispetto, ma un’Italia che rifa’ il verso ai vari filmetti televisivi americani in cui la violenza è il tema dominante.

Quotidianamente, a differenza di ciò che ricorda chi scrive, che ha i capelli bianchi, ci sono furti, rapine, omicidi, stupri, assalti in villa – così bisogna chiamarli e non rapine – da parte di nuova delinquenza, proveniente da nazioni in cui la crudeltà non ha limiti etici; oppure omicidi compiuti da soggetti incensurati, maturati magari nelle mura domestiche o nell’ambiente di lavoro.

L’art. 52 C.P. è ormai divenuto insufficiente ad arginare, e fare da deterrente, ad una situazione di disordine pubblico incrementata dal mancato controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine, cronicamente in carenza di organico. Poliziotti, carabinieri e anche agenti di polizia locale si trovano sempre più spesso a dover fronteggiare assalti in gruppo di chi crede di poter fare ciò che vuole nel nostro paese, e spesso a soccombere, non avendo alcun mezzo di autodifesa; neanche la tanto decantata pistola elettrica – Taser – che avrebbe dovuto essere distribuita, ma che in effetti qualche scoglio ideologico ha relegato nei cassetti dell’amministrazione.

Sempre più spesso vediamo – grazie ai social e agli smartphone – agenti picchiati, atterrati, umiliati

loro che dovrebbero essere preposti alla nostra sicurezza e all’ordine pubblico, a difesa dello stato democratico e del cittadino. Ora è di dominio pubblico il parere del dottor Francesco Minisci, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, organo che nella sua indipendenza e autonomia dovrebbe essere totalmente depoliticizzato.

Minisci si è espresso contro questa riforma dell’art. 52

dichiarando che “”Ci vorrebbe un rinvio ‘sine die’. Non si faccia la riforma sulla legittima difesa, non ne abbiamo bisogno perché si tratta di un istituto sufficientemente regolamentato nel nostro sistema” ha dichiarato Minisci a Radio anch’io. “Si sta cercando di lanciare il messaggio che se succede un fatto anche solo astrattamente rientrante nell’ambito della legittima difesa non ci sono accertamenti da fare, il che non è possibile. Le indagini vanno fatte sempre – ha aggiunto il presidente dell’Anm – Il mio auspicio è che la legittima difesa resti così come è che è sufficientemente regolamentata così come è. Lo stiamo dicendo in tutti i modi. Tra l’altro, per come la si vuole strutturare, la riforma presenta diversi profili di incostituzionalità”.

Prontamente smentito dall’avvocato Giulia Bongiorno

”Stimo il presidente dell’Anm ma temo che non abbia avuto ancora modo di approfondire il testo della nuova legittima difesa. Smentisco in maniera categorica che con questa norma si impedirebbero le indagini, sarebbe grave se fosse così e il testo non lo prevede. È ovvio che quando ci sono dei casi di un conflitto in una abitazione e c’è un morto, la magistratura deve intervenire, deve verificare, deve indagare”. “Questa norma – ha osservato – vuole esclusivamente porre fine a un fatto che reputo grave e inaccettabile. A legislazione vigente quando c’è un’aggressione all’interno di una abitazione, la persona che viene aggredita non può assolutamente difendersi se prima non si rende conto che chi sta aggredendo ha in mano una pistola e gliela sta puntando in faccia. Oggi se io sento che c’è qualcuno a casa mia non posso reagire se prima non faccio un’indagine notturna. Noi vogliamo evitare di trasformare la vittima in Sherlock Holmes. Con la nuova legge se l’aggressore entra in casa con minaccia o con violenza e se io reagisco in uno stato di turbamento o paura sarò scriminato, non finirò in carcere”.

Il Parlamento vara le leggi, i magistrati le applicano

In realtà, come un politico non può entrare nel merito dell’irrogazione di una pena detentiva e della sua durata, così un magistrato non può entrare nel merito dell’approvazione di una legge. Il Parlamento vara le leggi, i magistrati le applicano. Purtroppo, negli ultimi tempi, l’art. 52 CP ha presentato diverse possibilità di interpretazione a danno di chi era stato aggredito, ed era stato costretto a difendersi nel teatro dell’ambiente familiare o professionale. Soccombendo poi, comunque, in tribunale, di fronte al suo aggressore – o ai suoi aggressori – costretto ad un risarcimento assurdo e condannato ad una pena detentiva. In realtà, in certi casi chi soccombe è lo Stato di diritto, che per un eccesso di garantismo e per una errata o distorta interpretazione della norma, ha creato una situazione anomala. Nella quale chi è punito non è l’aggressore, ma l’aggredito. “Summum ius, summa iniuria” recitava Cicerone nel suo De Officiis. Somma giustizia, somma ingiustizia; oppure “Quanto più è pesante la legge, tanto più pesante è l’ingiustizia.” Ed in effetti questo si è configurato più volte negli ultimi anni, nella nostra nazione.

Qualcuno vorrebbe che il desiderio di sicurezza fosse fasullo, fondato sulla percezione errata di insicurezza diffusa da un partito che qualcuno chiama ‘della paura’. Bene, questo bisognerebbe dirlo a chi di recente è stato assalito di notte nella propria abitazione, sottoposto ad ogni sorta di violenza per ore, pur di rivelare il nascondiglio di una cassaforte che in alcuni casi non esisteva. Anche se le statistiche dicono che i reati di ogni genere – tranne l’omicidio della compagna o della moglie – sono in diminuzione, certamente così non la pensa chi ancora deve farsi curare le ferite fisiche e soprattutto psicologiche dell’aggressione.

Non si comprende, se non per altrettanto incomprensibili motivi ideologici, perché non si voglia metter fine ad una situazione di vuoto legislativo, in cui l’aggredito diventa aggressore. Non si comprende, e, anzi, ad un osservatore superficiale, sembra che la legge, in questo caso, badi più all’incolumità dei delinquenti che a quella dei cittadini onesti. Insomma, pare che chi vuole il Far West in Italia – e chiama “giustizia fai da te” una legittima reazione di difesa – non sia la destra di Salvini, ma chi si oppone ad un adeguamento normativo, come l’ANM. È poi assolutamente da rifiutare il teorema secondo il quale chi sa di trovare una vittima armata, si arma a sua volta, in maniera ancora più grave.

I ladri non vogliono fare la guerra; ma altrettanto non ci tengono ad essere impallinati

Così, nel caso, cercheranno un’altra vittima, più vulnerabile. E smettiamola con questi risarcimenti al delinquente morto o ferito: stava commettendo un illecito, e questo gli toglie ogni diritto. Se chi lo ha ucciso lo ha fatto indebitamente, esulando dal contesto della legittimità della difesa, ne risponderà al magistrato. Ma non è accettabile che anche poliziotti e carabinieri debbano risarcire banditi per combattere i quali sono stati arruolati e stipendiati. Mettiamo finalmente fine a questa farsa dei risarcimenti. Il nostro Paese ne risulterà un po’ più civile, e la democrazia ne guadagnerà. Quel po’ che ne è rimasto.