LE PROVINCE CI SONO… MA NON SI VEDONO


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di Emanuel Galea

Giovedì 1 gennaio 2015 la Città metropolitana di Roma Capitale è subentrata alla Provincia di Roma. Chi se n’è accorto? Tempo al tempo. Non passerà ancora molto che tutti potranno accorgersi del gioco di prestigio, iniziato da Letta e perfezionato a meraviglia e con astuta oratoria dal Renzi in forza al 41%.
La Provincia di Roma c’è ancora, con i suoi apparati, i suoi 121 comuni e con il personale sensibilmente aumentato. Il destino delle province è legato con un cordone ombelicale al Titolo V, il più oscuro delle riforme.

Di questo ”aborto” si discute da mesi. Al riguardo, si vocifera che è intenzione del governo assumere 1000 cancellieri per il comparto Giustizia, trasferendoli appunto dalle province. Finalmente  regna il buon senso.
Riguardo le Regioni e la loro autonomia. Ora si capiscono le difficoltà che incontra Renzi. Le Regioni dovrebbero rinunciare all’autonomia di poter chiedere rimborsi spese senza che alcuno si metta a sindacare se tali spese siano servite per l’acquisto di ostriche, per viaggi di piacere, per festini mascherati oppure per acquisto automobili. Renzi che si è dimostrato eccessivamente timido davanti ad una vera spending review, non riuscirà mai a buttare giù questo ibrido. Nel 2001 c’è stata la riforma di questo Titolo V, confermata dal 66% dei votanti in un referendum. 
Le Province resisteranno, faranno barricate e staranno sempre in trincea.

Il governo Renzi riesce appena a scalfirle e come ha dimostrato in questo ultimo anno, le sue riforme consistono in una “toccata e fuga” Dà l’impressione di voler fare, ma non vuole pestare  eccessivamente i piedi a chi gli potrebbe fare del male; vedi magistratura, vedi assetto anziché riforma Rai.. La gente inizia a mormorare : “si stava meglio quando si stava peggio”. Della tanto sospirata ripresa, al momento si nota solo il tasso di disoccupazione che non ha intenzione di schiodare.

Secondo il sottosegretario Delrio, l’operazione “Province”avrebbe dovuto far risparmiare allo Stato un miliardo di euro. Analisti che gravitano intorno a Montecitorio, che poi, sovente sbagliano le previsioni, prospettavano ben altre cifre. Come sempre, ognuno diceva la sua, prevedendo un ventaglio di risparmi che si aggiravano intorno ai 2,5 miliardi.

Il progetto originale prevedeva la totale abolizione delle Province e in quel progetto tanti di noi ci credevano pure. Come al solito, non ci  si può mai fidare di quello che proclama la politica. Le Province, anziché essere state abolite, sono state assoggettate ad un delicato intervento di  chirurgia plastica, cancellando il volto provinciale per impiantare quello nuovo e fresco delle città metropolitane. Con un poco di lifting e un’applicazione di  cosmetica, si pensava di poter gabbare il cittadino.

Si puntava sul risparmio che sarebbe derivato dal cambio, dalla semplificazione, dal miglioramento del servizio al cittadino. Di tutto ciò non si è intravista traccia. Quello che tutti possono notare è il crescere sempre di più di una  confusione nel depotenziamento delle Province. La stessa Corte dei Conti, nell’audizione di novembre 2014 e gennaio 2015 ha sollevato preoccupazioni riguardo i rischi che corre l’assetto istituzionale.

Le Province sono state riformate in Enti di secondo livello e a quelle intermedie rimarranno le competenze più impegnative come ambiente, le scuole, il trasporto pubblico e la pianificazione del territorio, senza però  assegnargli le adeguate risorse.
Nella pseudo riforma delle Province, dove non c’è risparmio, la perdita è sicura.

L’effetto della pseudo riforma ha colpito in pieno gli elettori. Il Consiglio metropolitano è "eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della città metropolitana" come hanno stabilito con l’art.1, comma 25. Detto molto più semplicemente: la nuova riforma sancisce “l’espropriazione per i cittadini della rappresentatività elettorale della Provincia”. La nuova pseudo riforma delle Province sotto il nuovo logo di Città metropolitane, appena venuta alla luce, non ha tardato a mostrare il suo vero volto.

L’aumento dei costi di gestione, degli organici ed i costi per  nuove strutture, hanno prodotto la prima nuova tassa “metropolitana”. Un ticket di 2 euro da far pagare per singolo passeggero che si imbarca su aerei e navi delle principali città italiane. Servono nuove finanze e questo non è che l’inizio. Mi permetto solamente una considerazione. Da quello che si può sapere, la maggioranza degli italiani non è stata entusiasta delle “aree metropolitane” Nel più dei casi è stata una scelta arbitraria dei politici/amministratori in carica. Questo qualcosa vuole pure  dire, non pare?