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Editoriali

Le PdSardine per tentare di crescere nei consensi

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Già, le ‘Sardine’, questo movimento pseudo goliardico voluto e incentivato da un PD mascherato, che sull’argomento non si pronuncia, e che riscuote il favore del presidente del Consiglio Conte che ‘li vuole incontrare’, giusto per tenere aperte tutte le porte e cautelarsi: se non puoi combatterli, allèati con loro per controllarli. Possono sempre venir buoni per combattere l’odiato nemico, il perfido Salvini.

Le Sardine si esprimono con il ‘flash-mob’, questo comportamento molto giovane che viene da oltreoceano, e che consiste nel radunarsi improvvisamente tutti in un luogo, per manifestare per qualsiasi motivo, in genere ‘contro’.

E’, infatti, un comportamento di protesta, ma solo di quella, senz’altre proposte politiche. Un comportamento molto giovane, adolescenziale, molto aggregativo – si sa che i ragazzi in quell’età cercano di fare gruppo, basta solo dar loro un pretesto – e molto ‘di pancia’, supportato e reso possibile dalla connessione che oggi permettono i social e gli smartphone. Basta un tweet e si riempie una piazza, e vigliacco chi arriva ultimo. Una buona alternativa a quelli che una volta erano pic-nic, gite fuori porta e passeggiate nella natura, magari con canadese e sacco a pelo. Una iniziativa nata e condotta soltanto contro Salvini e soltanto per contestare lui, che in molti vorrebbero vedere morto, anche fra gli uomini di chiesa, grande esempio di democrazia, di libertà e di antifascismo… Pare infatti che sia stata lanciata una specie di fatwa contro Matteo, da più parti, quasi che la caccia sia aperta e chi l’ammazza prima vinca un premio, come testimoniano sia la tentata aggressione subita poco tempo fa, sventata dalla scorta, sia le numerose minacce ricevute per posta, insieme a cartucce di vario calibro. Una fatwa lanciata per odio da chi invece accusa di odio proprio il leader della Lega, mentre l’esercizio quotidiano di odio nei suoi confronti viene dalla sinistra, ma non solo: non c’è giorno che papa Francesco non parli di ‘odio e paura’, affiancato dal presidente Mattarella, con le stesse parole, e l’allusione è chiara, anche da parte di chi, ricoprendo così alte cariche istituzionali, dovrebbe badare a che qualche mente esaltata raccolga un messaggio sbagliato. Ma tant’è, come diceva un mio caro amico, molto importante, Mattarella è come la filosofia, “Con la quale e senza la quale tutto rimane tale e quale”.

A parte il fatto che senza di lui dovremmo cercare qualcun altro per tagliare nastri, fare discorsi, appuntare medaglie, nominare cavalieri e senatori a vita, celebrare ricorrenze, consegnare onorificenze, deporre corone d’alloro, partecipare a Giorni della Memoria, e così via.

A memoria, invece, ricordiamo le grandi adunanze di Beppe Grillo, i suoi ‘vaffa day’, quelli che tutti abbiamo accolto con un sospiro di sollievo, perché finalmente qualcuno diceva fuor dai denti ciò che tutti, più o meno, pensavamo. Mandare a quel paese una classe politica becera e orientata solo verso il proprio ombelico era assolutamente liberatorio.

Nacque così il Movimento 5 Stelle, e un po’ tutti lo abbiamo caldeggiato, coccolato, all’inizio, proprio perché non apparteneva alla Casta… all’inizio.

A proposito di Beppe Grillo, ricordiamo una frase di Fassino, piuttosto presuntuosa e poco profetica. Criticando, infatti, la discesa in campo di Beppe e dei ‘grillini’, ebbe a dire pressappoco: “Fondi pure un partito, partecipi alle elezioni e poi vediamo cosa sarà capace di fare”. Penso che oggi il buon Fassino, e cattivo profeta, si mangi le mani, come un po’ noi tutti. Ci appariva simpatico, il Movimento, ci piacevano i giovani, contrapposti ai soliti parrucconi mangia stipendio e succhia vitalizi – compresi i cosiddetti ‘senatori a vita’, creati solo come salvagente per una certa parte politica, ma lautamente retribuiti per le loro endemiche assenze – che finalmente sarebbero stati spodestati. Oggi non si capisce bene se i vitalizi siano ancora… vitali, e comunque i senatori a vita sono sempre lì, e del M5S non sappiamo più come liberarci, come la carta delle caramelle che ci si attacca alle dita. Oggi  l’anima del Movimento è profondamente cambiata, e ogni giorno di più mostra la sua propensione ad una forma di presenzialismo e di estremismo dittatoriale mascherati da buonismo progressista.  Secondo B. il Movimento ha un comportamento di estrema sinistra. Certo, oggi nessuno li può tacciare di ingenuità, data l’operazione che fatto cadere Salvini, troppo scomodo per i loro programmi – ma soprattutto per la figura di Di Maio, il capo riconosciuto del Movimento. Oggi Di Maio, con il suo tiepido sorriso e la sua aria di bravo ragazzo con i capelli a spazzola e il passato da bibitaro allo stadio, è avviato ad essere l’uomo solo al comando, ciò che la presenza di Salvini gli avrebbe impedito. Notiamo con soddisfazione che invece Grillo Giuseppe da Genova è tornato a fare il comico, – che gli viene senz’altro meglio – riconfermando e ungendo di sacro crisma Giggino a capo del partito, pardon, del Movimento, fino al 2023, data presunta di conclusione della legislatura, – come se la vita del governo dipendesse da lui – quando ogni danno possibile sarà stato fatto, e ogni subalternità verso l’Unione Europea sarà stata blindata, magari in Costituzione. E al diavolo i ‘due mandati costi quel che costi’.

Le Sardine:

Chi sono le Sardine? Certamente oggi sono un movimento costituito, che con un tweet si raduna nelle piazze, come al suono di una tromba. Il movimento delle Sardine è dichiaratamente di sinistra, creato a latere del PD. Se vogliamo, una specie di Fronte della Gioventù Piddino, rapportato ai tempi nostri, favorito dalla facilità di comunicazione che oggi offrono i social e gli smartphone, e dall’età pericolosamente bassa. Uno dei motivi per cui qualcuno vorrebbe, oltre a riconoscere lo Ius Soli agli immigrati – i quali voterebbero in massa per il partito che così generosamente li ha favoriti contro ogni logica e consuetudine di altri paesi del mondo – dare il voto ai sedicenni, ritenuti abbastanza maturi per decidere le sorti di una nazione – salvo poi a ricredersi qualche anno più avanti, come fatalmente accade – è proprio quello di ufficializzare  e riconoscere fenomeni come le Sardine. Le quali, contro ogni logica di buongoverno, non hanno idee politiche, almeno apparentemente. Loro sono solo ‘contro’, e manifestando soltanto ‘contro’, senza idee politiche dichiarate, non si fa politica. La politica è fatta di idee, di proposte, di programmi, di gestione della Cosa Pubblica, di capacità, di cultura, di maturità, di responsabilità, di iniziative ‘a favore’, e non ‘contro’. Perfino Conte, alla sua riconferma, ha dichiarato che non avrebbe fatto politica ‘contro’ qualcuno ma ‘per’ qualcun altro. Dichiarazione poi quotidianamente disattesa dai fatti, ma questo è marginale e proprio nella logica del personaggio.  Le Sardine nascono come movimento ‘spontaneo’: ma non c’è nulla di spontaneo nell’organizzare queste manifestazioni da parte di ragazzi dichiaratamente di sinistra Piddina. In  realtà, questi adolescenti sono dei ‘trolls’ usciti da Facebook, di appoggio politico ed elettorale al PD, e poco manca che prendano il posto del M5S, ormai arrivato a posizioni di Casta. Stiamo attenti alle Sardine. Fare politica ‘contro’ può essere pericoloso. Può evocare periodi bui della nostra storia. Infatti oggi, momento in cui si blatera tanto contro il nulla, cioè contro quei ‘fascisti’ che non ci sono più – a parte pochi nostalgici poco intelligenti portati in prima pagina e trattati come se fossero un esercito – i più ‘fascisti’ sono proprio quelli che vedono il fascismo nei loro antagonisti, rendendosi colpevoli di discriminazione e di posizioni fondamentaliste.

Corrado Augias, giornalista coccolato dalla sinistra, spesso su Rai 3, dal comportamento piuttosto supponente e non buono per tutti i palati, ha dichiarato, in una intervista televisiva, che ‘E’ facile essere di destra, perché l’uomo di destra dice ‘Il migrante mi fa schifo’, mentre quello di sinistra è uno che ragiona”. In questa frase infelice c’è tutta la limitata filosofia di una persona che quando parla pontifica, convinta com’è di essere nel giusto, e che la cultura e l’intelligenza siano solo da una parte. Queste sono forme di discriminazione e di razzismo specifico, dettate ambedue da animosità nei confronti di una persona, o di un gruppo di persone, che non la pensano come lui: insomma, cosa grave per uno che ha fatto una trasmissione sulla Costituzione, anticostituzionale. Era Voltaire che diceva che non la pensava come il suo interlocutore, ma che si sarebbe battuto fino alla morte affinchè egli potesse esprimere le sue idee. Alla faccia di chi ritiene che le idee – quelle buone – siano solo da una parte, per una sorta di illuminazione divina. È il grande equivoco della mai troppo deprecata ‘questione morale’, che attribuisce – come nei film western – il ruolo dei ‘buoni’ a quelli che hanno terminato la guerra dalla parte dei vincitori, e il ruolo dei ‘cattivi’ agli altri. Cari amici, questa è la filosofia delle Sardine, il movimento ‘contro’, creato soltanto per impedire una regolare competizione democratica, che sia sotto elezioni o no. Che differenza c’è fra le Sardine che contestano la presenza di Salvini, e i cortei di Casapound che vogliono contestare i comizi di avversari politici? La logica ormai acquisita dice che i secondi  sono fascisti, e che quindi va impedito loro perfino di parlare. Ma le Sardine non sono diverse, se ci pensate un attimo. Solo, stanno dall’altra parte, quella dello sceriffo buono, del giustiziere, del castigamatti. Quello i cui omicidi – nei film western – sono giustificati dal fatto che chi muore è sempre il cattivo. Oggi una certa parte politica li chiamerebbe ‘giustizieri fai date’, giudice, giuria e boia insieme. Vogliamo che, anche virtualmente, questi comportamenti abbiano spazio?

Ormai la propaganda elettorale non ha soluzioni di continuità, e ogni giorno assistiamo in televisione alle dichiarazioni di personaggi che dicono cose difficilmente verificabili, ma che pesano sul nostro bilancio, per dirne una. Qualcuno dice che le tasse sono state aumentate, e qualcun altro addirittura diminuite. Provate a vedere cosa vi rimane in tasca a fine mese, facendo sempre le stesse cose, e saprete la verità. Sempre che, a fine mese, ci possiate arrivare, perchè la pressione fiscale si può esercitare anche in una forma occulta e strisciante, non dichiarata. Attenzione alle Sardine. Non facciamoci condizionare nelle nostre scelte e nelle nostre idee da seimila, più o meno, ragazzini che fanno casino, cioè appena l’un per cento del nostro Paese. Possono incattivirsi, nella loro arroganza, e diventare davvero un movimento pericoloso per la nostra democrazia, posto che mai ne abbiamo avuta una. Ancora più pericolosi questi piccoli pesci senza un capobranco, perché dichiaratamente non hanno bandiere di partito. Tranne quelle che occultamente portano in piazza. E si sa che le piazze amplificano.

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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