LE ALI E LE PUNTE

di Silvio Rossi

 

Le elezioni regionali hanno segnato, indipendentemente dal numero di regioni conquistate dal centrodestra o dal centrosinistra, la rottura degli schieramenti così come si erano delineati nelle ultime consultazioni.
Il centrodestra si è spaccato in alcune regioni. Il caso più clamoroso è stato la Puglia, dove l’ex sindaco di Bari Michele Emiliano ha avuto vita facile nello sbarazzarsi di Schittulli e Poli Bortone, che hanno racimolato insieme meno di un terzo dei voti validi, contro quasi la metà del nuovo governatore, superati entrambi anche dalla candidata cinque stelle Laricchia. Una pacificazione tra Berlusconi e Fitto non avrebbe raggiunto forse il candidato del centrosinistra, ma avrebbe certo potuto fornire una credibilità maggiore alle proprie liste, che avrebbero potuto rosicchiare parte del vantaggio accumulato.
A parti inverse, la stessa strategia kamikaze è stata condotta in Liguria dal centrosinistra, che ha visto la propria candidata, designata da primarie che hanno lasciato uno strascico di polemiche, indebolita dal “fuoco amico” di quanti avevano puntato su Cofferati le proprie speranze, e dopo lo scorso 11 gennaio hanno preferito puntare su un candidato alternativo, piuttosto che votare Lella Paita. Una scelta che è stata determinante, se è vero che Toti ha vinto con un vantaggio di quarantatremila voti, mentre Pastorino, sostenuto dalla sinistra, ha avuto quasi sessantaduemila preferenze.
Una scelta, quella di abbandonare le ali, che si è dimostrata perdente proprio in Liguria, regione che vanta una tradizione di lotte sindacali, di movimenti, una regione che più delle regioni definite come “rosse” (Toscana ed Emilia Romagna su tutte). Tascurare la componente più radicale è stato l’errore che ha condannato Renzi a una sconfitta, che se non significa la caduta del castello –è stata l’unica regione persa, oltre al Veneto dove Zaia era un candidato troppo forte per sperare in un capovolgimento – mostra certamente qualche scricchiolio.
Un problema, quello delle “ali”, che affligge più la sinistra rispetto alla destra, perché se Renzi appartiene alla componente più moderata dello schieramento, Salvini, vero dominatore del campo opposto, è di suo un’ala, esprime sicuramente la destra più offensiva, più determinata, in cui le componenti più estreme si riconoscono facilmente.