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Roma

LAZIO, REGIONE. CONSORZIO GAIA SPA COME ALITALIA: RICOMPRATO CON I NOSTRI SOLDI

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Il cuore di questa vicenda non era il destino ed il futuro dei lavoratori – come hanno cercato strumentalmente di far credere – bensì tutti gli altri aspetti della vicenda, le cui dimensioni, note e meno note, sono niente affatto secondarie e in parte si possono ricostruire.


Ina Camilli – Comitato residenti Colleferro

Colleferro (RM) – Il primo tempo della partita del Consorzio Gaia spa si è giocato il 10 luglio, con la firma dell'Accordo di acquisizione da parte di Lazio Ambiente Spa, la Newco controllata al 100% dalla Regione, con un impegno di circa 14 milioni di euro. La cessione ha permesso di “non svendere il Gaia», ma l’operazione non è a costo zero.

Con la crisi economica che ha infestato le nostre economie l’impatto di questa operazione sul debito pubblico non può essere sottovalutato. Il Paese non è a rischio insolvenza, ma non è nelle condizioni di produrre abbastanza ricchezza per pagare crescenti interessi passivi sul capitale reperito e sui debiti contratti.

Nel momento in cui è assolutamente necessario mantenere sotto controllo la dinamica dei conti pubblici, contenere le spese, migliorare il ciclo passivo di gestione delle perdite, l’acquisizione del Consorzio si traduce in un peggioramento dell’indebitamento, anzi costringe il Governo a reperire le coperture necessarie per salvare 5 rami di azienda del Gruppo (esclusa EP Sistemi) e tutto ciò che di buono e di cattivo ruota intorno ad esso.

Tutti soddisfatti dell'Accordo che ha salvaguardato i posti di lavoro per i prossimi due anni ed ha confermato l’attuale dirigenza del Consorzio, alla quale sono da riferire, in concorso con altri soggetti, il disastro ed il fallimento economico del Gruppo, maturato al suo interno. 

Il cuore di questa vicenda non era il destino ed il futuro dei lavoratori – come hanno cercato strumentalmente di far credere – bensì tutti gli altri aspetti della vicenda, le cui dimensioni, note e meno note, sono niente affatto secondarie e in parte si possono ricostruire.

Al Gruppo Gaia era stato affidato l’incarico di gestire il servizio pubblico locale di raccolta e, smaltimento e incenerimento dei rifiuti; agli amministratori spettava, in autonomia e responsabilità, operare nell’interesse della pubblica amministrazione che, a sua volta, doveva controllare l'operatività delle società, le condizioni di svolgimento del servizio pubblico, il rispetto delle regole di imparzialità, l’osservanza degli obblighi di servizio pubblico, il grado di soddisfazione dell’utenza, le procedure di spesa, ecc.

I rapporti tra i due parteners dovevano essere  improntati alla  “trasparenza”, secondo il modello teorico dell'Ente pubblico locale che regola e la società che eroga il servizio, con un monitoraggio continuo della dirigenza del Gruppo da parte dell’Ente ed una verifica costante  delle informazioni, degli atti, dei risultati contabili, ecc.

Il rapporto fra Pubblico e Privato, caratterizzato dalla distinzione tra indirizzo politico e gestione privata di un servizio pubblico locale si doveva risolvere con il controllo pubblico sull’attività e sul corretto funzionamento delle società private.

I loro rapporti sono regolati da contratti di servizio e/o da convenzioni, che prevedono i livelli di prestazioni da garantire, gli strumenti per verificare gli obblighi assunti, l’economicità della gestione e la qualità dei servizi. Questi contratti sono a garanzia della trasparenza e del risultato di gestione.

Nei fatti, questo tipo di società ha il suo punto critico proprio nella trasparenza degli assetti proprietari e gestionali, che devono essere garantiti e controllati al massimo livello.

In questi 20 anni la finalità di servizio pubblico affidata al Consorzio Gaia è diventata secondaria, travolto dai  problemi di gestione, di trasparenza e di legalità, che hanno coinvolto a largo spettro pezzi interi di apparati, funzionali ed organici al sistema integrato dei servizi territoriali di talune società partecipate a capitale pubblico.

La storia del Gruppo Gaia spa inizia nel 1990, quando viene progettata la discarica provvisoria di colle Fagiolara, a Colleferro; il sito di tal quale, con i relativi impianti ed attrezzature, di proprietà del Comune, entra in funzione nel 1992.

Nel 1997 nove Comuni laziali, compreso Colleferro, costituiscono una società pubblica, il Consorzio Gaia, per la gestione del servizio di raccolta dei rifiuti e per creare occupazione.

Nel 2000 il Comune di Colleferro, in quanto proprietario del sito, ed il 

Consorzio Gaia costituiscono la società Agen S.E.L srl, cui affidano, per 10 anni, la gestione della discarica.

Nel 2004 il Consorzio diventa società per azioni, conserva la natura di società pubblica e diventa Consorzio GAIA SpA, con sede in Colleferro, capitale sociale di 6.497.822,00 euro, e svolge servizi per 48 Comuni della Provincia di Roma e Frosinone.

Gli enti locali continuano a detenere una partecipazione sul capitale azionario del Gruppo e quindi persiste il controllo della Corte dei conti.

Con la sua trasformazione in spa, le valutazioni di stima dei valori patrimoniali del Consorzio saranno considerate – in sede contabile – come preordinate ad occultare lo stato di insolvenza del Gruppo, contribuendo ad aggravare i danni erariali. 

Nel 2007 il Gruppo Gaia è ammesso all'amministrazione straordinaria, ai sensi della legge Marzano.

Secondo le stime del Ministero dello Sviluppo Economico, poi accertate giudizialmente, le passività del Gruppo e lo stato di insolvenza ammontano a 333 milioni di euro, ma le passività sono assai più elevate.

E’ la stessa Corte dei conti che, nel 2007 formula un richiamo all’Amministrazione di Colleferro (all’epoca dei fatti proprietaria del 13% delle quote del Consorzio), invitandola a controllare i conti delle sue aziende partecipate, tra cui il Consorzio, che già nel 2005 aveva uno stato debitorio di circa 92 milioni di euro. Di fatto i provvedimenti necessari a risanare il deficit di finanza pubblica non furono adottati.

Nel 2009 esce dal gruppo la FiuggiTerme, che viene acquistata da imprenditori privati a seguito di gara pubblica. 

Nel 2009 la Regione Lazio proroga il contratto di gestione ed autorizza il riordino della discarica di tal quale, con un incremento della sua capacità fino a 1.718.000 mc ed una quantità di rifiuti smaltibili di 1.500.000 tonnellate circa. Agen.S.E.L. viene autorizzata a realizzare un bacino – denominato “Fase 3”-  il cui invaso ha una capacità di 95.000 m.c. fino ad un massimo di 120.000 mc. 

Nel 2010 viene presentato il progetto per un impianto di  trattamento meccanico biologico (TMB), attualmente in autorizzazione VIA presso la Regione Lazio.

Nel 2010 il Ministero dello sviluppo economico autorizza la procedura di vendita per la cessione del Consorzio e l’espletamento della gara pubblica per l’offerta (poi andata deserta) per la improbabile ricerca di un assuntore e/o acquirente.

Nel 2011 con la legge regionale n. 15 viene costituita Lazio Ambiente spa,  con lo scopo di salvare l’azienda, impegnandosi con 20 milioni di euro ad accollarsi le sue passività.

Nello stesso anno, il Tribunale di Velletri inizia il processo sulle ipotesi di reato emerse dopo il sequestro, nel 2009, degli inceneritori, di Colleferro, nei confronti di alcuni amministratori del Consorzio. L’indagine del NOE, che evidenziarono taluni  illeciti penali, portò a 13 ordinanze di custodia cautelare e 26 avvisi di garanzia. Per tali fatti, vengono chiamati a rispondere, il 12 novembre 2013 la dirigenza consortile di allora e tra questi anche il Commissario Straordinario del Consorzio, Andrea Lolli.

Precedentemente, il danno erariale ed il “buco” lasciato dall’ex Presidente del Consorzio dal 1997 al 2004, Scaglione, ammontava rispettivamente a 150 milioni e 211 milioni di euro; nessun riscontro di progetti ed opere finanziate dalla Cassa depositi e prestiti e mai realizzate, come la seconda discarica a Colleferro, circa 30 milioni di euro, di cui il Pm di Velletri, dott. Travaglini, in audizione alla Commissione parlamentare Antimafia del 24 giugno del 2009, riferisce di non aver trovato traccia.

Nel 2012 la Corte dei Conti (Ord. n. 428/2012, 13.3.2012) condanna gran parte dell’antica dirigenza ed amministratori del Consorzio per reati consumati prima del suo commissariamento, quali distrazione di mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti; stato di insolvenza del Consorzio, danno alla Cassa DD.PP. e all’Erario dello Stato; falsificazione di perizia di stima in occasione della trasformazione del Consorzio in spa, ecc.

“La gestione fallimentare del Consorzio Gaia spa si inserisce in un contesto nel quale anche gli amministratori locali non hanno svolto la funzione di supervisione nei confronti della sua attività, nonostante il carattere pubblico della società ed il ricorso a denaro pubblico”.

A pag. 111 e 113 della Relazione della Commissione parlamentare sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella Regione Lazio (Camera deputati, doc. XXIII, n. 11, 3.7.2012) si legge: “…appare comunque evidente che vi sia stata una carenza nel sistema dei controlli da parte delle autorità a questi preposte del Comune, della Regione e della Provincia.” Ed anche le indagini svolte dal dott. Travaglini hanno “evidenziato una serie di illeciti che coinvolgevano anche la pubblica amministrazione sulla gestione e commissariamento della società Gaia spa”, così come riferisce della “commistione tra parte politica e parte gestionale” nel settore dei rifiuti.

In questi anni il presidio della legalità ambientale è stato mantenuto alto 

dall’associazione Retuvasa (Rete per la tutela della valle del Sacco), ammessa 

come parte civile nel processo che si celebrerà a novembre; nel territorio, intorno alla questione ambientale, della trasparenza e della legalità si muovono con determinazione associazioni come Libera, pezzi di società civile, Comitato residenti Colleferro, e una rappresentanza qualificata e militante del mondo giovanale, come l’Ugi.

Le responsabilità di questo epilogo del Consorzio sono trasversali e pesantissime.

Perché mantenere in vita un Consorzio commissariato e in perdita? Il suo scopo era l’attività di servizio pubblico oppure – ci si chiede – il controllo del territorio attraverso lo smistamento poco lecito di contributi, affari e finanziamenti per assicurarsi un bacino di voti cui far affluire risorse economiche pubbliche da ripartire tra i diversi attori, ciascuno in quota parte? Forse perché la condivisione degli approvvigionamenti pubblici e la spartizione dei posti di potere eliminando il contenzioso, garantiva la sopravvivenza del sistema? 

Gran parte delle disponibilità ottenute dalla Cassa depositi e prestiti sarebbe stata utilizzata per preservare un’azienda in collegamento indiretto con la politica ed il sottobosco locale: “Gaia doveva essere mantenuta in vita a tutti i costi non tanto per garantire i servizi pubblici per la fornitura dei quali era stata istituita, ma per preservare i flussi finanziari necessari per farla sopravvivere”, scrivono i magistrati contabili nella sentenza. 

Chi doveva denunciare i Comuni morosi che, servendosi del Consorzio, non versavano la loro quota valutata in circa 50 milioni di euro e intanto riscuotevano la Tars dai cittadini? Chi conosceva l’ammontare passivo delle società del Consorzio stimato in 3 milioni di euro l’anno? A chi spettava tenere sotto controllo le spese di gestione, di rappresentanza, acquisto macchine di servizio, onorari, consulenze e compensi vari? Il Comune di Colleferro ha ottenuto e in quale misura il risarcimento delle spese legali e dei danni subiti?

I debiti sorti anteriormente al trasferimento sono ricompresi nella cessione? Il Consorzio, come faceva fronte ai bisogni di liquidità? Chi paga i debiti verso le amministrazioni comunali? Mentre i debiti crescevano diminuiscono i compensi degli amministratori? Il mantenimento dei livelli occupazionali è garantito per quanti anni?

Prima della Regione Lazio, nessun soggetto privato subentrante o assuntore aveva accettato di rilevare i pesanti oneri di Agensel, che certo non poteva essere collocata sul libero mercato come un’azienda “sana”, a causa delle sue inadempienze, come il mancato accantonamento degli oneri di gestione per la coltivazione della discarica post mortem, quantificati in 25milioni 125mila euro per i nuovi volumi e in 8 milioni 224mila euro per il pregresso; la mancata realizzazione delle opere per salvaguardare la gestione postuma della discarica, ecc.

Sappiamo che la raccolta di rifiuti, in un comprensorio di oltre 1600 Kmq con circa 400.000 abitanti in 44 Comuni, non ha prodotto ricchezza per la comunità, ma debiti, passività, oneri, illegalità pervicace, ecc.

Non sono ancora noti i termini dell’Accordo che tutti ci auguriamo contenga specifiche previsioni ed interventi più penetranti, in modo da cinturiare l’interesse pubblico ed indirizzare la politica aziendale verso la regolarità della gestione del servizio, con una reale prevalenza del soggetto e dell’attività pubblica.

A Colleferro, dopo il dissesto del Consorzio, si guarda ora con attenzione ad altre situazioni critiche, come l’Auditorium.

 

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