Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
Redazione
Lazio – Quattro carceri interessate in tre diverse città, con oltre 1.600 detenuti – oltre agli agenti di polizia penitenziaria e a tutte le altre figure che vivono e lavorano in carcere – alle prese con il drammatico problema dell’acqua all’arsenico.
E’ una vera e propria emergenza quella che sta denunciando, in queste ore, il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni.
La scadenza della deroga accordata, alla Regione Lazio, dall’Unione Europea per l'uso di acqua destinata a consumo umano con elevati livelli di arsenico, sta causando gravi disagi anche in diverse carceri della Regione. Interessate dall’emergenza sono, infatti, il carcere “Mammagialla” di Viterbo (719 detenuti), quello di Latina (158 reclusi, fra cui 32 donne), le due strutture di Civitavecchia, il “G. Passerini” (118 detenuti) e il “Nuovo Complesso” (627 presenti, fra cui 42 donne).
«L’impossibilità di utilizzare l’acqua ad uso umano – ha detto il Garante – per gli elevati valori di arsenico sta causando non pochi problemi in diverse carceri. Mentre, all’esterno, le autorità si stanno organizzando con distributori di acqua depurata, in carcere questo ancora non avviene. Ed i liberi cittadini, rispetto ai detenuti, hanno anche l’opportunità di spostarsi per prelevare acqua non contaminata. I reclusi sono attualmente costretti o a bere l’acqua dei rubinetti o a pagare, di tasca propria, bottiglie di acqua minerale per bere, cucinare e per la cura personale. La salute dei cittadini è un diritto inviolabile, e la sua tutela ci impone di assumere ogni tipo di cautela. Un principio che vale a maggior ragione quando si parla di chi lavora nel carcere e delle persone private della libertà che spesso non possono, anche per motivazioni di carattere economico, scegliere l’alternativa più sicura».
A Viterbo – dove già due anni fa il Garante fu protagonista di una polemica con il locale gestore idrico sui livello di arsenico riscontrati nell’acqua utilizzata nel carcere – la direzione del carcere ha chiesto urgentemente l’installazione di un potabilizzatore per tutelare la salute dei detenuti e degli operatori e l’ordine e la sicurezza all’interno dei reparti detentivi. La struttura, che attualmente ospita 719 detenuti a fronte dei 444 posti disponibili, ha un fabbisogno di almeno 400 mc di acqua al giorno. L’urgenza inderogabile del potabilizzatore è legata al fatto che l’invio di acqua potabile garantita dal gestore idrico, è vanificata dal fatto che il serbatoio del carcere, dove questa confluisce, è unico, e dunque l’acqua potabile si mischia con quella contaminata, vanificando la fornitura stessa. Inoltre l’impianto del carcere non è frazionabile e fornisce acqua a tutte le strutture, comprese le cucine dei detenuti e quella degli agenti, il bar, le sezioni detentive per l'utilizzo diretto (bere, cottura, reidratazione e ricostituzione alimenti, uso personale, docce etc.)
A Civitavecchia, a seguito della scadenza della deroga, il Sindaco Pietro Tidei, con ordinanza del 31 dicembre scorso, ha vietato l’acqua contaminata per uso potabile, per la cura dell’igiene personale e per la preparazione degli alimenti ordinando, contestualmente, al gestore idrico di garantire – fino al termine dell’emergenza – un adeguato rifornimento di acqua potabile (5/6 litri al giorno) ad ogni cittadino, compresi quelli detenuti nelle due carceri cittadine, dove ancora non è stato risolto il problema dell’installazione di potabilizzatori.
Analoghe problematiche si riscontrano nel carcere di Latina dove, nonostante l’emergenza, i detenuti continuano ad utilizzare l’acqua che esce dai rubinetti.
Al fine di sollecitare un intervento urgente nelle carceri interessate, il Garante ha inviato una lettera ai sindaci di Viterbo, Civitavecchia e Latina ed ai Prefetti di Viterbo, Roma e Latina. «Le mie prerogative istituzionali – ha scritto Marroni – mi impongono per legge, d’intervenire di fronte a seri rischi che possono ledere i diritti dei detenuti. Uno dei più importanti è il diritto alla salute, alle cure ed alla prevenzione sanitaria. Quello che sta accadendo rispetto al problema arsenico, è una lesione grave a questo diritto per tutti i cittadini liberi; a maggior ragione per i cittadini detenuti, costretti ad utilizzare solo l’acqua inquinata del carcere, non potendo approvvigionarsi altrove. Le chiedo di intervenire presso gli Enti gestori del Servizio idrico, per assicurare, con qualsiasi mezzo approvvigionamenti idrici sani al carcere. Questo, oltre che per garantire il diritto alla salute, anche per assicurare ordine e sicurezza negli istituti».
Correlati