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Editoriali

L’avventura di vivere a Roma tra maleodori, mezzi pubblici stracolmi, borseggiatori e chi più ne ha più ne metta

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Non passerà molto tempo che, nella nostra eterna città, saremo costretti a girare con le maschere antigas, per non essere storditi dalle putride esalazioni dei cassonetti, che, nel periodo estivo si acuiscono in maniera esponenziale

Quando si parla di avventura romana, non ci si riferisce al turista o, al pendolare che entra nella città, bensì, al cittadino residente, che suo malgrado diventa l’eroe dei nostri tempi, cercando di sopravvivere alle avversità giornaliere, superando i continui ostacoli che vediamo normalmente nei video games.

A fine giornata, ci sentiamo tutti degli Indiana Jones, felici di essere ancora vivi, pensando, che dopo il meritato riposo del guerriero, si riprenderà la battaglia del giorno dopo. Nella vita avventurosa da affrontare però, non ci saranno soltanto le difficoltà delle forze del male, ma per rendere più eccitante la disputa, si dovrà combattere anche contro le istituzioni, quelle stesse che dovrebbero garantire una vita civile e giusta.

Non passerà molto tempo che nella nostra eterna città, saremo costretti a girare con le maschere antigas, per non essere storditi dalle putride esalazioni dei cassonetti, che, nel periodo estivo si acuiscono in maniera esponenziale.

A questa disdicevole situazione, si aggiunge il grado di civiltà raggiunto dalla società moderna, che, per menefreghismo, cattiveria e spirito di rivalsa, ignara del danno che procura a se stessa, aggrava il tutto, non soltanto nel non fare la differenziata, ma portando di tutto vicino ai cassonetti, compresi rifiuti speciali pericolosi, come possono essere olii da scarto, che puntualmente, altri delinquenti, soltanto per il loro macabro piacere, spargono per terra, inquinando in maniera irreversibile.

Da notare, che per le persone perbene e civili, è difficile arrivare vicino ai contenitori per poter fare la differenziata.

Partendo al mattino da questo primo inconveniente, il cittadino cristiano, si fa il segno della croce e si prepara mentalmente ad andare in prima linea al fronte. Purtroppo le persone con meno possibilità finanziare, di solito hanno auto non proprio nuove, e per questo devono essere punite perché inquinano, costrette di conseguenza a prendere i mezzi pubblici. Finalmente inizia la vera avventura. I nervi si irrigidiscono, la pressione si alza (peggio per chi ne soffre), il volto si incattivisce e cambia continuamente colore, a secondo del prolungarsi dell’attesa del bus o della metro, che rappresenta una vera incognita, indecifrabile soprattutto per i turisti stranieri, che, pur essendo stati catechizzati nei loro paesi, si scontrano stupiti, con la reale incertezza, flessibilità e superficialità italiana.

Fa male sentire criticare il proprio paese, malgrado la ragione sacrosanta di chi viene a visitare la nostra bistrattata città, quindi, bisogna ingoiare il rospo amaro.

L’attesa dei mezzi pubblici è quasi sempre logorante e causa un aumento notevole del numero dei viaggiatori. A questo punto, entra in gioco il grado di civiltà della società attuale. Ci si prepara come dei centometristi per riuscire ad entrare, pronti a colpi proibiti contro gli avversari che ti guardano con odio e disprezzo, incuranti del sesso e dell’età delle persone. Lo scontro frontale è cruento, perché i passeggeri all’interno, hanno la pretesa di voler uscire prima di chi deve entrare, ed è inevitabile udire qualche grido di dolore per le gomitate ricevute, il tutto condito da parolacce e maledizioni da entrambe le parti.

Conquistato eroicamente il posto all’interno, si riprende il fiato per proseguire il viaggio. Quasi tutti immersi nei propri telefonini, per questione di vita o di morte, ignari di tutto quello che accade intorno, e, poco importa se i borseggiatori, platealmente, circondano la malcapitata preda, derubandola a volte con la forza e, costringendola a gridare aiuto nell’indifferenza totale.

Vietato intromettersi e compromettersi, questo il motto che vige attualmente nel nostro paese, altrimenti si corre il rischio di prendere botte, qualche coltellata e, nella migliore delle ipotesi, essere denunciati per aver trattenuto il borseggiatore o borseggiatrice, contravvenendo all’interruzione del pubblico lavoro.

Chi è debole è giusto che subisca, chi ha problemi economici è abituato a stringere la cosiddetta cinghia, e quindi può benissimo mettersi sulle spalle nuovi debiti e comprare un’auto nuova per non inquinare. In futuro, avremo nel nostro paese, una minoranza della popolazione che sarà sempre più obesa, e la maggioranza che sfoggerà una linea perfetta, a volte di una magrezza eccessiva.

Però, si può optare per i mezzi pubblici, che rappresentano una vera lotteria, comprando preventivamente un Kit antisommossa. Dimenticavo di dire, che bisogna affidarsi   principalmente alla Fede.

Buona fortuna a tutti.

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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