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Editoriali

L'ALTRA METÀ DEL CIELO

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Tempo di lettura 4 minuti La strage delle donne

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di Loredana Leonardi
Francesca da Rimini, per bocca di Dante dice nel V canto dell'Inferno"la bella persona / che mi fu tolta;e 'l modo ancor m'offende" ,riferendosi al suo assassinio per mano del marito Gianciotto Malatesta ,che la uccise per gelosia.Ovviamente il Sommo Poeta si rifece ,nel parlare delll'efferato delitto ,ad un reale fatto di cronaca,avvenuto ai suoi tempi.

Ancora nel Purgatorio dantesco,la nobildonna senese.Pia de'Tolomei,allude al suo omicidio per mano del marito Nello de' Pannocchieschi,omicidio avvenuto per gelosia o perché il marito era desideroso di nuove nozze.Anche questo episodio fu tratto da un reale episodio di cronaca medievale. E ancora la poetessa lucana,Isabella Morra,venne barbaramente uccisa nel '500 dai fratelli,perchè aveva una relazione con un uomo che non approvavano.

Andando ancora più indietro nel tempo,se pensiamo a Roma antica.il capofamiglia, aveva diritto di vita e di morte,oltre che sui figli e sugli schiavi,anche sulla moglie, che poteva essere uccisa per i motivi piu' svariati e futili,come,ad esempio,aver bevuto del vino preso dalla cantina.Tutta la storia dell'umanità è macchiata dal sangue delle donne uccise da uomini; padri, mariti, fidanzati.

In Italia, ricordiamo che l'art.587 del codice penale,la legge sul cosidddetto "delitto d'onore", permetteva a mariti,fratelli, padri di uccidere mogli, sorelle,figlie,se con la loro condotta,avessero "infangato " l'onore della famiglia,andando incontro a pene irrisorie,e godendo di tutte le attenuanti possibili.Le diposizioni sul delitto d'onore,sono state abrogate solo nel 1981.  Il bellissimo film "Divorzio all'italiana",di Pietro Germi,con uno strepitoso Marcello Mastroianni,parla di un barone in Sicilia,sposato con una donna che non ama e di cui vuole liberarsi e che uccide,dopo averla fatta cadere di proposito nelle braccia di un altro.Viene acclamato dalla gente del suo paese,condannato ad una pena irrisoria e poi prosciolto,per aver vendicato il suo onore.

E si era negli anni '60, non nell'antica Roma. I terribili femminicidi che si stanno verificando in varie zone d'Italia in questi giorni, da quello di Sara di Pietrantonio,uccisa dal fidanzato che aveva lasciato, a quello di Slavica Kostic,scomparsa ad aprile ,che il marito ha ieri confessato di aver ucciso e gettato in una discarica,stanno impressionando molto l'opinione pubblica, per la paurosa escalation,che questo tipo di crimine sta avendo in questo periodo. Gia' il 2016 si era aperto all'insegna della violenza,con numerosi omicidi e tentati omicidi a danno di donne,da parte di fidanzati,conviventi e mariti,ma sembra che la situazione stia peggiorando in modo esponenziale.E in questa escalation indubbiamente,rientra un atteggiammento di tipo emulativo. Su tutti i mass media,nelle trasmissioni tv, si interrogano criminologi,psichiatri,psicologi,per avere una spiegazione di questo angosciante fenomeno,e si indagano le dinamiche di coppia,gli squilibri psichici che gli assassini hanno manifestato nel commettere il crimine e che ,probabilmente,manifestavano gia' prima dell'atto criminoso.Si parla di amore malato,criminale,morboso,di ossessioni amorose,e di certo tutti questi aspetti sono presenti,Ma l'analisi del fenomeno,dovrebbe essere molto piu' ampia,uscire dai limiti del rapporto di coppia e dagli eventuali scompensi affettivi,psichici ed emotivi degli assassini. Come si è detto,le donne ,nella storia dell'umanità ,sono sempre state uccise dagli uomini,che non pagavano per questo crimine,anzi era considerato loro preciso dovere e diritto ,tenere a bada l'elemento femminile,se non avesse rispettato le regole imposte dagli stessi uomini.

La società, limitandosi a parlare solo di quella occidentale, altrimenti il discorso si farebbe troppo lungo,è sempre stata profondamente maschilista. Gli uomini dovevano avere successo,potere,dovevano coprirsi di gloria in guerra,andare a caccia,coltivare i loro interesse,avere tutte le relazioni che volevano, e le donne dovevano aspirare al matri monio e alla prole come unica realizzazione. Ogni tentativo di cambiare le cose era sanzionato pesantemente dalla società ,anche ammettendo l'omicidio delle donne che "sbagliavano". Cosa è cambiato oggi rispetto al passato? L'elemento che fa la differenza è la parità. I cambiamenti giuridici,legislativi, precedono sempre di molto quelli della mentalità,che sono molto piu' lenti e stentano a venire.

Oggi le donne,nel nostro Paese, hanno raggiunto la piena parità giuridica,possono svolgere le stesse professioni degli uomini, possono ambire alle stesse cariche e posizioni degli uomini.  Ma la mentalità maschile,non si è adeguata a questi cambiamenti.  Al di là del gran parlare che si fa sulle dinamiche delle coppie al centro degli efferati delitti,al di là degli scompensi psichici degli assassini,il terreno su cui si deve affrontare questa emergenza è quello del cambiamento della mentalità maschile. Millenni di maschilismo hanno lasciato il segno e ora gli uomini ,in maniera differenziata e per fortuna non tutti manifestando volontà omicide,nei contronti delle donne, si devono confrontare con loro che decidono della loro vita,sono competitive sul piano lavorativo, colte,determinate ,piene di interessi.Donne che non si accontentano più di stare nell'ombra,di dover accettare passivamente le decisioni maschili.E questo a molti uomini fa paura.

Quando si ha paura, si diventa irrazionali,violenti. La violenza è il rifugio di chi è incapace di affrontare una situazione che lo disorienta. Oggi,a differenza del passato,per fortuna,non si possono più giustificare le violenze degli uomini a danno delle donne, ma il lavoro che va fatto,per sconfiggere la piaga del femminicidio e di tutti gli abusi commessi sulle donne è quello di una educazione degli uomini stessi,per indurli ad accettare un cambiamento che ormai è in atto ovunque,tranne che nella mentalità di molti. Questo lavoro deve iniziare nelle famiglie:i figli maschi devono essere educati come le figlie femmine:non si puo' continuare a permettere ai maschi di rientrare quando vogliono e imporre il coprifuoco,alle ragazze,ad esempio.Poi si deve proseguire nelle scuole:insistere sempre,sulla assoluta parità fra maschi e femmine,preservando le rispettive e preziose peculiarità,ma mai ammettendo atteggiamenti di superiorità da parte dei ragazzi. E poi ,piu' in generale,tutta la società deve impegnarsi,partendo dalle piccole cose,anche dal linguaggio. Non esistono in italiano,per esempio , termini maschili corrispondenti a quelli usati,in modo offensivo,per indicare donne che hanno avuto molti uomini.Dalle piccole alle grandi cose,gli uomini vanno educati ad accettare che le donne sono persone,da rispettare ,con cui confrontarsi ,senza esserne terrorizzati e disorientati. Come sempre, i problemi di una società hanno prima di tutto origini storiche e culturali,prima che cause individuali.I retaggi storici si superano se si lavora insieme,per il raggiungimento di un comune obiettivo.
 Le donne non sono "contro " gli uomini,come spesso una distorta lettura del femminismo ha fatto intendere agli uomini.Le donne devono procedere di pari passo,con gli uomini.

L'arma per distruggere comportamenti che sono spesso generati dall'ignoranza, intesa come volontà di non sforzarsi di comprendere,come arroccarsi su posizioni retrive, reazionarie,che possono diventare criminali,è sempre la conoscenza.Nonostante il forte aumento dell'istruzione,purtroppo ,molti uomini vogliono restare "ignoranti",perché l'ignoranza prima che una disgrazia è spesso una scelta.  Prima che "uomini" e donne",esistono le "persone". Quando questo concetto sarà acquisito ,quando gli uomini si sentiranno non piu' minacciati dalle donne,ma arricchiti dalla loro presenza attiva nella società,l'orribile parola "femminicidio" sarà solo un brutto ricordo.

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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