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Editoriali

Lacrime, liti in famiglia e discordie coniugali: ecco il nuovo modulo di intrattenimento televisivo

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E’ proprio vero che per il cattivo gusto non ci sono limiti. Si inizia
con il poco per finire con il tanto. La vergogna non ha più casa e la
smania di apparire supera ogni ostacolo. La periferia scende in
piazza ed il degrado sociale dà il suo meglio in tanti talk show
televisivi. La “dea con la spada e la bilancia” si tinge di spettacolo
ed il divertimento è assicurato. Se “il disagio sociale” viene bene
recitato l’applauso è garantito e alla conduttrice si assegna il
merito.

Uno degli ultimi prodotti raccolti dalla periferia ed offerto al
pubblico come intrattenimento, raccontava la triste storia di una
ragazza che oltre al fatto di scoprire suo padre essere un
omosessuale, orrore degli orrori fa la “macabra scoperta” che il
proprio marito è anche l’amante di suo padre. Che quadro edificante per chi ha il fegato di guardare la trasmissione fino in fondo!

La storia già di per se stessa non spiega che titolo possa avere da
trovare spazio in uno spettacolo ma quello che viene dopo la rende
meno comprensibile. In scena appare un giudice che deve “redimere” fra
due litiganti, irosi ed incolleriti. Un quadro veramente desolante: nello sfondo la sacralità della “dea della giustizia”, in scena lo squallido spettacolo di un degrado sociale, tra le sbarre i protagonisti che urlando si insultano a vicenda e una conduttrice sorridente che si gode lo spettacolo.
Il buon gusto è rimasto fuori teatro e qualsiasi controllo messo fuori uso.
Fosse stato questo l’unico caso non avrebbe suscitato l’indignazione
di tanta gente. Di fatto, quanto raccontato non costituisce
l’eccezione, è invece la consuetudine, è il modulo di intrattenimento
di alcuni talk show televisivi.

Durante questa rassegna quotidiana del decadimento sociale,
“gratuitamente” ceduto ai talk show per allestire processi in “piazza
televisiva”, giorni addietro si è assistito ad altri uguali come il
caso di un tale che scopre di non essere figlio di quella che credeva
fosse sua madre; chiede risarcimento e di non portare più il cognome
dei genitori.

Un’altra brava signora si è prestata a dare spettacolo in questa “aula
di giustizia televisiva” elevata al rango d’ intrattenimento
pomeridiano, raccontando la triste fine del matrimonio dopo avere
scoperto l’oscura perversione sessuale di suo marito.
In questa aula di giustizia spettacolo televisivo pomeridiano si è
visto un signore che senza alcun pudore raccontava di aver scoperto
sua moglie in un club di scambisti. Davanti al giudice rifiutava di
risarcire i danni della rissa da lui causata.

Il pubblico in sala applaude, commenta, sparla e elargisce opinioni e
consigli. La conduttrice sollecita il consiglio dell’esperto, che in
questi talk show non manca mai.

La domanda che tanta gente si fa è se sia proprio possibile che agli
autori che allestiscono questi programmi non venga alcuna altra idea
intelligente altro che raccogliere lacrime, liti e discordie,
convinti che tutto ciò faccia divertire il pubblico.

Ma chi è che si diverte a sentire la storia di quella donna che chiede
l’affido esclusivo del figlio perché il suo ex compagno è confuso
sulla propria identità sessuale? A chi vuoi che interessa?
Oppure il racconto della “signora” il cui marito critica il suo lato
“B” chiede la separazione ed il risarcimento per spese
dell’intervento?

Assistendo a simili trasmissioni ci si domanda dove stia
l’intrattenimento, dove è finita la fantasia, dove si nasconde
l’intelligenza?

Questa però non è l’unica trasmissione dove iene, avvoltoi e procioni,
spazzini anche loro nelle savana delle periferie, arruolano portatori
di discordie coniugali, liti familiari e le lacrime dei sofferenti per
allietare pomeriggi di “sano svago “ presenziato da autorevoli
rappresentanti della “dea con la bilancia”.

In natura molti organismi si nutrono di materia organica in
decomposizione. Simili comportamenti si possono incontrare in certi
gruppi vegetali come nei casi di funghi e muffe. Comportamenti
identici credevamo di averli lasciati ai tempi remoti del paleolitico,
escludendo casi di cannibalismo ancora praticato tra certe tribù
africane. Però mai e poi mai ci si aspettava dal mondo civilizzato la
cannibalizzazione dei dolori, discordie, guai e liti altrui per scopi
ludici popolari.

Come conclusione non si può che fare una seria riflessione. Quanto sia
saggio esporre la “giustizia” fuori la propria sede naturale ed
esibirla in un ambiente dove,per ”ragione” dello spettacolo, vengono
sacrificati rispetto, decoro e rituale, diritti che spettano alla
“dea giusta”?

Quanto male arreca alla figura della “Giustizia” proprio nel momento
attuale quando questa” sta attraversando una delle sue più gravi crisi
d’identità. Quanto è giusto fare spettacolo delle lacrime, delle liti
e delle discordie coniugali?

Diamo al profano ed al banale quello che spetta al profano e lasciamo
la Giustizia alla sfera del sacro.

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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