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LA PIU’ AMATA DAI PENSIONATI
Tempo di lettura 8 minutiRenzi potrebbe anche applicare il “piano Boeri”, ricalcolando col metodo contributivo tutte le pensioni sopra i 5mila euro, creando un gettito di 1,5 miliardi di euro.
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10 anni faon
di Maurizio Costa / Cinzia Marchegiani / Angelo Barraco
Maurizio Costa
La decisione della Corte Costituzionale sulle pensioni rischia di stravolgere il piano economico che il governo si era apprestato a delineare con il Def. Lo stato dovrà rimborsare ai pensionati ben 14 miliardi di euro netti. Questo perché il governo Monti, con l'esecuzione dell'allora ministro del Lavoro, Elsa Fornero, nel 2012 e nel 2013 non adeguò gli assegni pensionistici all'inflazione, provocando una diminuzione del valore delle pensioni italiane. Adesso la Corte ha deciso che è stata una manovra anticostituzionale e il governo deve correre ai ripari. Venerdì, il Consiglio dei ministri si riunirà e avrà all'ordine del giorno la ricerca di una soluzione per il problema delle pensioni. Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia, ha affermato che “la commissione europea ci osserva attentamente”. Infatti, la l'Ue ha già stabilito di monitorare l'Italia per quel che riguarda questo buco monetario che ha dato il via alla decisione della Corte. Nelle raccomandazioni di mercoledì, dirette ad ogni stato membro, la Commissione inserirà anche questa grana per il governo Renzi. I problemi riguardanti il rimborso delle perequazioni bloccate da Monti sono vari e difficili da superare. La somma da restituire ai pensionati tocca quota 14 miliardi di euro netti, una cifra insostenibile in un momento come questo. Allora, Padoan ha in mente un piano per sanificare la situazione.
Rimborso parziale e selettivo – Il governo vorrebbe spalmare questi soldi da rimborsare in più anni e in base a delle fasce. Si pensa ad un rimborso totale per le pensioni fino ai 1.500/1.700 euro. Salendo poi con il valore dell'assegno mensile, la cifra da riconsegnare ai pensionati si abbassa fino al 45% per gli assegni su
periori ai 3.000 euro.
Da dove prendere i soldi? – Padoan dovrà fare i conti con il fondo cassa del governo. Il problema è che se Renzi dovesse pagare tutti questi rimborsi insieme sforerebbe il tetto della differenza deficit-Pil imposto dall'Europa (3%). L'Italia ha promesso che per quest'anno rimarremo al 2,5% e questa decisione ha fatto nascere il famoso tesoretto da 1,6 miliardi di euro (poiché il limite fissato deficit-Pil era al 2,6%). In questo caso, il governo potrebbe utilizzare questa somma per cominciare a rimborsare i pensionati. Il resto della cifra potrà provenire dai tagli strutturali o dall'aumento delle tasse, misure non gradite dalla popo
lazione italiana.
Pensioni ricche – Il governo sta pensando anche ad una tassa di solidarietà da applicare sulle pensioni più elevate. Un prelievo straordinario che penderebbe sui pensionati che percepiscono un assegno sopra i 5.000 euro al mese. Però, Renzi potrebbe anche applicare il “piano Boeri”, ricalcolando col metodo contributivo tutte le pensioni sopra i 5mila euro, creando un gettito di 1,5 miliardi di euro.
Qualsiasi sarà la decisione del governo, sicuramente qualcuno ci rimetterà. Adesso dovremo solo vedere chi e come.
LA RIFORMA FORNERO E QUELLE RESPONSABILITA’ NEGATE
Cinzia Marchegiani
Dopo la sentenza della Consulta che ha di fatto bocciato il blocco degli adeguamenti pensionistici, che con un colpo di spugna aveva disintegrato la perequazione delle pensioni degli anni 2012-2013, una manovra ricordata dal popolo italiano dalle lacrime di coccodrillo dell’ex ministro del lavoro Elsa Fornero, i pensionati hanno dovuto scoprire che era tutto illegale, un vero sopruso.
Lo stesso ex premier Monti in una confessione shock ha dichiarato sul blocco pensioni: "se non l'avessimo fatto sarebbe arrivata la Troika – difendendo di fatto il suo operato – il nostro primo dovere allora era evitare il default". Ora, il Ministro dell’economia Pier Carlo Padoan deve fare i conti con le casse pubbliche, ma ha assicurato, non tranquillizzando le vittime di questa legge, che rispetterà la sentenza, dovendo anche minimizzare il più possibile l’impatto sugli stessi conti pubblici.
MA I RIMBORSI NON SARANNO PER TUTTI
E ora per i pensionati si prospettano rimborsi una tantum. Il ministro Padoan in un’intervista ha spiegato le prossime mosse, che serviranno a rispettare sia la sentenza ma anche gli impegni verso i partner europei con una soluzione che dovrà essere ovviamente compatibile con l’obiettivo programmatico del 2,6% per non scardinare la manovra di bilancio già predisposta: ”Se si dovesse ripristinare totalmente l’indicizzazione, l’Italia si troverebbe a violare simultaneamente il vincolo del 3%, l’aggiustamento strutturale e la regola del debito. Quest’ultimo, che sta iniziando a scendere, ricomincerebbe a salire, e la Commissione ci metterebbe immediatamente in procedura d’infrazione, sia per il deficit che per il debito. Con conseguenze per noi gravissime”.
LA RESTITUZIONE SARÀ SELETTIVA E PARZIALE
Un buco da 5 miliardi che sembra non possano essere restituiti a tutti, così all’orizzonte si prospetta una restituzione modulata in base al valore dell’assegno. In poche parole si creerà una vera discriminazione: avrà di più chi è titolare di un reddito più basso e via via chi lo ha più alto. Sarà una tantum e sembra senza impostare una successiva rateizzazione per il residuo.
L’EX MINISTRO DEL LAVORO FORNERO GIRA LA COLPA A MONTI
L’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero, sembra non voglia addossarsi alcuna responsabilità per questa legge a sua firma, imputandone la responsabilità all’ex premier Monti che avrebbe avuto l’idea di questa manovra fiscale relativa il
congelamento delle pensioni.
L’UNIONE EUROPEA PUNTA I RIFLETTORI SULL’ITALIA
Da Bruxelles sono pronti i telescopi. La Commissione europea nella giornata di mercoledì 13 maggio, ha deciso di monitorare l’Italia, per capire il valore dell’'impatto quantitativo della decisione della Corte Costituzionale di bocciare la norma Fornero che di fatto ha bloccato la rivalutazione degli assegni previdenziali al costo della vita.
L’ALBA E IL TRAMONTO DELLA RIFORMA FORNERO
Angelo Barraco
La riforma Fornero-Monti dal 2012 imponeva un sistema fondato su due pilastri. Il primo pilastro era la “nuova” pensione di vecchiaia e pensione anticipata, mentre la pensione di anzianità e quote non esistono più. Dal 1 gennaio 2012 le anzianità contributive maturate si calcolavano con il sistema di calcolo contributivo che si basava sui contributi versati durante l’arco della vita lavorativa. Tale sistema di calcolo si distingue da quello retributivo che invece si basa sulla media delle retribuzioni percepite negli ultimi anni di vita lavorativa. Tutti i lavoratori che usufruivano di una pensione calcolata mediante calcolo retributivo usufruivano di una pensione con entrambi i sistemi di calcolo. Il retributivo era fino al 31 dicembre 2011 e il contributivo dal 1 gennaio 2012. Chi invece aveva ottenuto la pensione entro il 31 dicembre 2011 invece ha mantenuto la pensione secondo le vecchie disposizioni di legge. Prima della Fornero vi è stata la Legge n. 148 del 14 settembre 2011 detta anche riforma Sacconi dove l’aspettativa di vita era di 65 anni e occorrevano 20 anni di contributi versati. Per le donne vi è stato un aumento nel settore privato a 65 anni. Nel 2011 i requisiti validi per la pensione per “vecchiaia” erano: 60 anni di età per le donne con innalzamento fino a 65 anni e per gli uomini invece 65 anni di età con almeno 5 anni di contributi dal 1 gennaio 1996. In alternativa a tutto ciò erano richiesti: 35 anni di anzianità contributiva e l’età anagrafica per la pensione o 40 anni di anzianità contributiva a prescindere all’età anagrafica. Il sistema riguardava chi aveva iniziato a lavorare dopo il 95 e chi aveva optato per il sistema contributivo. Il sistema di anzianità con il “sistema delle quote” era il seguente: “ dal 2011 al 2012; 60 anni di età + 36 di contributi per i dipendenti, 61 anni di età + 36 di contributi per gli autonomi, 40 anni di contributi. Cambiamenti invece dal 2013 al 2015 dove; 61 anni di età e 3 mesi + 36 di contributi per i dipendenti, 62 anni di età e 3 mesi + 36 di contributi per gli autonomi, 40 anni di contributi. Ulteriori ed eventuali cambiamenti dal 2016 al 2018; 61 anni di età e 7 mesi + 36 anni di contributi per i dipendenti, 62 anni di età e 7 mesi + 36 anni di contributi per gli autonomi, 40 di contributi e dal 2019 al 2021; 61 anni di età e 11 mesi + 36 anni di contributi per i dipendenti, 62 anni di età e 11 mesi + 36 anni di contributi per gli autonomi, 40 di contributi. Le donne poteva scegliere di ritirarsi da lavoro con i seguenti requisiti validi fino al 31 dicembre 2010: 57 anni di età e 35 di con tributi per le dipendenti, 58 anni di età e 35 di contributi per le autonome. La Corte Costituzionale ha bocciato la legge in merito alla perequazione delle pensioni, la cosiddetta norma Fornero che si trova nel “Salva Italia”. La norma che ha stabilito che le pensioni di importo superiore tre volte superiore al minimo inps scattava il blocco della perequazione, ossia l’adeguamento della stessa al costo della vista è stata ritenuta incostituzionale dalla Corte Costi tuzionale. “Proporzionalità e adeguatezza delle pensioni che non devono sussistere soltanto al sussistere soltanto al momento del collocamento a riposo, ma vanno costantemente assicurate anche nel prosieguo, in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto della moneta», e stabiliscono che la pensione debba costantemente essere adeguata alle retribuzioni del servizio attivo”. Nella sentenza si legge: “Deve rammentarsi che, per le modalità con cui opera il meccanismo della perequazione, ogni eventuale perdita del potere di acquisto del trattamento, anche se limitata a periodi brevi, è, per sua natura, definitiva. Le successive rivalutazioni saranno, infatti, calcolate non sul valore reale originario, bensì sull'ultimo importo nominale, che dal mancato adeguamento è già stato intaccato. La censura relativa al comma 25 dell'art. 24 del decreto legge n. 201 del 2011, se vagliata sotto i profili della proporzionalità e adeguatezza del trattamento pensionistico induce a ritenere che siano stati valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento stesso e con irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla
cessazione della propria attività. Risultano, dunque, intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita (art. 36 Costituzione) e l'adeguatezza (art. 38). Quest'ultimo è da intendersi quale espressione certa, anche se non esplicita, del principio di solidarietà" (art. 2) e al contempo attuazione del principio di eguaglianza (art. 3)”.
GOVERNO LAVORA PER SOLUZIONE EQUA E SOSTENIBILE
Redazione
Poletti, lavoriamo per soluzione equa e sostenibile – "Il ministro dell'Economia, Padoan, ha detto in maniera piuttosto chiara che noi vogliamo lavorare in direzione di una soluzione che sia equa, coerente con la sentenza e sostenibile per i conti pubblici". Lo afferma il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, in una intervista a Radio Vaticana, a proposito delle pensioni. Alla domanda se i rimborsi saranno solo per quelle più basse, il ministro risponde che "oggi non abbiamo ancora una posizione puntualmente definita", che sono in corso "analisi" e "simulazioni" e la soluzione "sarà il frutto di una valutazione collegiale" del Cdm. "Noi sappiamo – torna a sottolineare il ministro – che insieme alla corrispondenza alla decisione della Corte" costituzionale che ha bocciato il blocco della rivalutazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo per il 2012 e il 2103, "abbiamo degli obblighi sia rispetto al pareggio di bilancio scritto nella Costituzione italiana, sia rispetto ai patti che abbiamo sottoscritto con i nostri partner europei. Dobbiamo, quindi, rendere compatibili e coerenti le soluzioni a tutti questi input, cosa che credo saremo in grado di fare sicuramente". Rispetto alla soluzione che sarà adottata, Poletti spiega che "cosa faremo, lo comunicheremo nel momento in cui saranno state fatte tutte le analisi, con tutte le simulazioni del caso, perché la materia è complessa e peraltro non riguarda solo il passato" ma "anche i trascinamenti che questa situazione produrrà in prospettiva futura. Quindi dobbiamo fare le cose per bene. Io ora non sono in condizione e non credo sia giusto anticipare nulla rispetto alle soluzioni, anche perché questo sarà il frutto di una valutazione collegiale, che il Consiglio dei ministri farà". "Renzi sbaglia a non parlare e a far intervenire su questo tema solo Padoan". Così il sottosegretario all'Economia, Enrico Zanetti, a "24 Mattino" su Radio 24 sul caso pensioni, rilanciando lo stop ai rimborsi per gli assegni più elevati. Per il segretario di Scelta civica "Renzi dovrebbe dire che noi non restituiamo a tutti i soldi non perché ce lo chiede l'Ue o per non sforare il 3% ma perché se abbiamo chiesto sacrifici enormi ai non pensionati non possiamo non chiederne anche ai pensionati. Così scateni la guerra generazionale".
Il deficit 2015 resterà quest'anno al 2,6%, l'obiettivo programmatico indicato nel Def. Non un decimale di più. La soluzione che il governo sta identificando per adeguarsi alla sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni non avrà infatti impatto sugli impegni presi poco meno di un mese fa in materia di conti pubblici nel Documento di economia e finanza. La garanzia assoluta del rispetto dei parametri Ue arriva direttamente da fonti del ministero dell'Economia, dopo che da Bruxelles è trapelata la notizia della possibile messa sotto "monitoraggio" dell'Italia da parte della Commissione. Nelle prossime raccomandazioni in arrivo mercoledì, l'Europa potrebbe infatti arrivare a condizionare alla soluzione del problema pensioni il via libera all'uso della flessibilità richiesto dall'Italia per attenuare la regola del debito e il percorso di rientro del deficit strutturale. Un'eventualità in cui il governo non vuole in nessun modo incappare.