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Editoriali

LA MAGGIORANZA SILEZIOSA SCENDE IN PIAZZA

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di Emanuel Galea

Domenica, 2 febbraio 2014, nelle maggiori capitali dell’Europa, migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro il rapporto Lunacek, un documento che verrà discusso dal Parlamento Europeo martedì, 4 febbraio e che prevede linee guida -prive di valore vincolante- riguardo alla «tabella di marcia contro l'omofobia e la discriminazione legata all'orientamento sessuale e all'identità di genere».. Nonostante il tempo inclemente, la gente ha partecipato in massa. In contemporanea, a Parigi, Lione, Bruxelles, Bucarest, Madrid, Varsavia e Roma, una  mobilitazione di Manif Pour Tous  in difesa della famiglia, contro il tentativo di approvare senza dibattito al parlamento Europeo, martedì 4 febbraio, il rapporto Lunacek sull’uguaglianza fondata sull’“orientamento sessuale e l’identità di genere”. A Roma, in Piazza Farnese un presidio della Manif Pour Tous Italia per fare sentire il dissenso dei romani contro la proposta di legge su omofobia e trans fobia, teoria del gender, matrimoni e adozioni a coppie omosessuali. Unico scopo della protesta è garantire la liberta di espressione, preservare l’unicità del matrimonio tra uomo e donna e il diritto del bambino ad avere un padre e una madre.

L’associazione Manif Pour Tous è un movimento incolore, senza ideologie, non appartenente ad alcun partito, aperto a tutti i credi religiosi etnie, razze e orientamento. Chi vuole vedere nel movimento appartenenze a correnti politici particolari o legami con confessioni religiosi dimostri la sua mancanza di buona fede. Il movimento è laico e aperto a tutti.  Nel movimento si trovano cattolici, laici, atei, “Musulmans pour l’enfance”, eterosessuali e tanti omosessuali.

Quanto ha dichiarato Flavio Romani, presidente di Arcigay e cioè: «Un'operazione grave e disonesta, portata avanti da personaggi torbidi che usano il crocefisso come grimaldello politico, ricattando, mistificando, e cercando in tutti i modi di determinare gli esiti dei dibattiti nelle sedi di governo» è priva di ogni fondamento ed è smentita dalla stessa composizione del movimento. Lo stesso portavoce del movimento Manif Pour Tous, in Francia è Jean – Pierre Delaume-Myard. Jean Pierre è un documentarista omosessuale, così ha  dichiarato:
“Il legame che mi unisce all’Italia è stato anche di tipo affettivo, infatti, ho vissuto otto anni con un amico italiano.

Allora, nel mese di novembre 2012 in Francia, i media annunciarono che tutte le persone omosessuali erano a favore del matrimonio fra persone dello stesso sesso e che tutti gli omosessuali vorrebbero dei bambini. In realtà mi stavano rubando la mia voce, stavano rubando la nostra voce di noi omosessuali che non avevamo chiesto niente di tutto ciò” Myard termina l’intervista dicendo: «Sono omosessuale. Io non sono gay. Non ho scelto il mio orientamento sessuale e non sono più orgoglioso di essere un omosessuale di quanto dovrebbe essere un eterosessuale. Non ho alcun motivo particolare per affermare la mia sessualità, Il matrimonio per tutti è una legge per gay e non per omosessuali».

Agli stessi omosessuali,  quanto asserisce la logica LGBT, cioè che “la natura è una questione di scelta e chi pensa il contrario, è un reazionario” suona illogico. L’’omosessuale (e non credente) Xavier Bongibault, presidente dell’associazione Plus gay sans mariage, afferma: «Il piano del governo è tutt’altro che unanime nella comunità gay. Contrariamente a quanto dicono i mezzi di comunicazione, la richiesta non viene dalla maggioranza degli omosessuali. La maggior parte non è interessata, ma l’influenza del movimento LGBT è tale che molti non osano dirlo».
Richard Waghorne, ricercatore, filosofo  commentatore politico, in un’intervista sul Daily Mail rilasciata  a Tom O’Gorman, il 6 aprile 2011 così si è dichiarato : “Sono omosessuale ma sono contrario al matrimonio gay” Waghorne è andato oltre, voleva spiegare le sue ragioni dicendo : al matrimonio si riserva uno status speciale per la protezione che dà ai bambini e non per lo status che conferisce agli adulti”.

Senza chiamare in causa la Chiesa, i vescovi e quant’altro , possiamo continuare a trattare l’argomento nell’ambito dello stesso popolo omosessuale. L’omofobia, a leggere la dichiarazione degli stessi soggetti interessati , non c’entra niente. I diritti degli omosessuali neanche. Emerge chiarissima la distinzione tra “omosessuale” e “gay”, due fenomeni completamente differenti.    

Vale la pena sentire il pensiero di un altro omosessuale, persona influente, importante e di rilievo. Andrew Pierce è un  giornalista e presentatore inglese,editorialista e Capo Redattore del Daily Mal.  Il 12 giugno scorso ha attaccato il primo ministro Cameron scrivendo: «sta portando arrogantemente avanti una questione che scalda i cuori ai suoi compagni nell’elite metropolitana, ma che non interessa i sentimenti di milioni di persone normali che, come ha dimostrato un sondaggio dopo l’altro, sono contrari a essa». 

Ha quindi continuato, rivolgendosi a lui direttamente: «signor Cameron, io sono un conservatore e un omosessuale, e mi oppongo al matrimonio gay. Sono un bigotto?».Il movimento Manif pour tous, nato in Francia per fare argine alla deriva laicista di Hollande sta trovando adesioni nei capitali di tutta Europa e come fiume in piena sta crescendo a vista d’occhio. Cortei, presidi, manifestazioni e raccolta firme per difendere la libertà di pensiero, la famiglia e il diritto del bambino di aver un padre e una madre.

Al Parlamento Europeo qualcosa si muove. Su pressione esercitata dei cittadini l’Europa ha avviato un’inchiesta presso la Corte dei diritti umani su questa violazione a carico del governo francese. La piazza chiama l’Europa. Le elezioni europee sono alle porte e si raccoglie ciò che si semina.

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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