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Editoriali

LA GUERRA DI PIERO

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·        ‘LA GUERRA DI PIERO’


QUANDO LA POLITICA CI COSTRINGE AD UCCIDERE


 


DI ROBERTO RAGONE


 


Assistiamo da anni, ormai, alla trita polemica della difesa personale, se sia o no legittima:  quando è legittima o quando è un eccesso, quando è un diritto, e quando un abuso. Su questo tema si sono consumati i banchi della politica, senza trovare soluzione. Da una parte gli ipergarantisti, per i quali uccidere è sempre e comunque sbagliato, e quindi, munirsi di un’arma è da potenziali assassini affetti da paranoia. Dall’altra, chi ritiene che difendere con ogni mezzo la propria vita, i propri beni, la propria casa, la propria famiglia, sia sacrosanto; un diritto che dovrebbe essere garantito da un regime democratico; un diritto, oltre che costituzionale, anche legale e umano. Opinioni muro contro muro, su cui soffiano opposte parti politiche per attizzare il fuoco, ognuna portando le proprie ragioni. E così, ogni volta che accade un fatto di sangue, come in questi giorni con l’oste Mario Cattaneo in provincia di Lodi, – alcuni dicono abbia volontariamente ucciso un rapinatore notturno, altri che il fatto sia stato solo un tragico incidente, lo deciderà la magistratura, accertando la ‘verità processuale’ dei fatti – tornano alla ribalta le due fazioni. Chi dice, come Fabrizio Rondolino ad Agorà, che “Chi uccide un ladro è un delinquente”, e vorrei sapere cosa ne pensano poliziotti e carabinieri; o chi, invece, ritiene la difesa un diritto, e l’eccesso di legittima difesa qualcosa da eliminare. Diciamo subito una cosa: è facile, a mente fredda, giudicare l’operato di chi s’è trovato, di notte e al buio, mentre l’allarme ancora suona, ad affrontare due o più energumeni, giovani e violenti. È troppo facile crocifiggere come assassino chi invece è una vittima delle circostanze. L’orrore dell’uccisione di un essere umano l’ha rappresentata molto bene Fabrizio De Andrè, nei versi toccanti de ‘La guerra di Piero’. L’orrore di una morte è descritto fino in fondo. Piero, che s’è trovato di fronte un uomo, ‘in fondo alla valle’, che la pensava come lui, ma aveva una divisa diversa. “Sparagli Piero, sparagli ora/e dopo un colpo sparagli ancora”: per essere sicuro d’uccidere. Ma Piero si attarda, pensando di alleviare la sofferenza dell’altro, sparandogli in fronte, o nel cuore, per una morte istantanea, anche se “Vedere gli occhi di un uomo che muore” è una frase terribile. Questa esitazione è fatale per Piero. Infatti l’altro lo vede, ha paura e “Imbracciata l’artiglieria” “Gli ricambia la cortesia”. Quell’istante ha perduto Piero, che cade in terra “senza un lamento”, e in attimo s’accorge che la sua vita finisce lì. Qualcuno dirà: è la guerra. Bene, anche questa è una guerra. Anche qui bisogna decidere in un attimo cosa fare. Anche noi abbiamo paura, come il soldato che uccide Piero. Uccidere è contro la natura umana, e se ne porta il marchio per tutta la vita. Questo accade anche a coloro a cui è capitato in guerra, specialmente se hanno avuto il tempo di ‘vedere gli occhi di un uomo che muore’. Su un punto siamo d’accordo, con i garantisti: uccidere non è mai una cosa bella; possiamo dire che non è mai una cosa giusta. Allora, dov’è il guasto? Non è certamente nel fatto, sbandierato dai media a suon di statistiche improbabili, che i reati sono diminuiti e che la nostra percezione del pericolo è eccessiva, e quindi la colpa è nostra nel valutare un pericolo inesistente: in pratica, siamo tutti paranoici. Noi diciamo invece che anche se le statistiche dovessero dire il vero, ci sono sempre furti, rapine e aggressioni, e questo non è cancellabile con una statistica. Al prossimo aggredito e rapinato mostreremo le statistiche, e gli dimostreremo che si sbaglia, non è possibile che abbia subito un’aggressione e una rapina, perché le statistiche dicono il contrario. In realtà, se le denunce sono diminuite, il sintomo è allarmante, perché vuol dire che il cittadino giudica la denuncia di un reato solo un fastidio e una perdita di tempo, e questo significa una perdita di fiducia nelle forze dell’ordine e nelle istituzioni. Se poi polizia e carabinieri non sono messi in grado di effettuare un adeguato controllo del territorio, se le leggi sono sbagliate e male applicate, se le pene non sono certe, se è certa invece l’impunità – solo l’1% dei colpevoli sono processati e condannati -, se fra indulti, buona condotta, legge Gozzini e varie i delinquenti escono troppo presto; se poi i reati fino a cinque anni di detenzione sono depenalizzati, e polizia e carabinieri non ti arrestano neanche più; se le carceri sono piene e non c’è più posto, e quindi si tende a comminare pene alternative, che lasciano i colpevoli in libertà: se tutto questo causa ciò di cui abbiamo parlato, bene la colpa è della politica, e di chi ne ha il controllo. Il guasto è dei governi, e le vittime siamo noi cittadini, non adeguatamente difesi, messi sotto processo quando siamo costretti a difenderci, e condannati all’ergastolo dalla nostra coscienza quando malauguratamente dovessimo togliere la vita a qualcuno. Uccidere un altro essere umano è un evento tragico, e nessuno se lo augura. Speriamo che qualcuno lo capisca e provveda, invece di occuparsi solo di faccende di partito e di maggioranze.


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