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Editoriali

La durata media degli italiani al senso di indignazione

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Una delle garanzie più efficaci della piena riuscita di un intento illegale nelle istituzioni, nella politica e in tutti gli apparati che reggono lo sviluppo del paese è la sicurezza della brevissima durata dell’indignazione che segue alla scoperta di un illecito o di un raggiro. Una forte e duratura indignazione da parte dei cittadini evidenzia e aggrava un fatto di cronaca ponendolo alla ribalta e offrendo spunti di approfondimento giornalistico e mediatico tale da diventare argomento appassionato di discussioni per i cittadini sempre più propensi a riflettere e ponderare sul presente, sulla propria vita da cittadino d’Ialia e del mondo. Almeno cosi sembra essere in molte parti del mondo dove la gente “indignata sul serio” scende in piazza per manifestare dissenso per la mala politica o per fatti di cronaca ritenuti troppo indigesti e insopportabili. Ma siamo sicuri che in Italia siamo davvero in grado di percepire l’indignazione come termometro sociale e abbiamo davvero la precisa percezione di quanto certe cose siano davvero intollerabili? Il grande regista americano Woody Allen in un suo riuscitissimo film del 1973 “Il Dormiglione”, una rivisitazione ironica e pungente sul genere cinematografico fantascentifico in un breve dialogo fra i protagonisti si prefigura che in un futuro non precisato sarà un italiano a dover ripopolare la specie umana grazie alla nostra “nomea” d’esser ottimi amanti latini dalle immense virtù. Chiedendosi come mai gli italiani fossero cosi propensi e adatti al compito, Woody Allen stesso recita una frase risibile ma densa di tanto significato: “Mah…sarà qualcosa negli spaghetti!”. Gli spaghetti come metafora dell’esistenza e della quotidianità degli italiani che con questo piatto immancabile nelle cucine d’Italia tutto passa in secondo piano. Riusciamo ad andare avanti e ad esorcizzare in un batti baleno qualsiasi indignazione. Pochi minuti e tutto passa come se fosse un cachet, rimedio efficace e veloce per una fastidiosa emicrania. Ogni regione d’Italia ha una sua “massima”, un suo “detto” dialettale per scongiurare al più presto una rognosa e fastidiosa indignazione, basta cintarne solo alcune come: “ma che ce frega, ma che c’emporta?” dei romani, o al “ma k’ c’ n’ fott?’ (ma che ci importa?) dei napoletani o al siciliano “mancia bivi e futtitinni” (mangia, bevi e fregatene), che rivelano tutti allo stesso modo il senso di un ottimismo proteso verso una vita il più possibile serena lontana da pensieri, guai e tristezze di ogni tipo. Putroppo però questo allegro ottimismo ha preso un po la mano, ci ha condotto verso un comportamento lassivo e mediocre distaccandoci dalla vera percezione del presente e costringendoci nostro malgrado a dover pagare sempre le conseguenze negli anni. E allora, per fare qualche esempio, l’italiano ha accettato che per oltre vent’anni un Presidente del Consiglio abbia utilizzato le sue reti per ipnotizzare gli italiani e indurli a credere a spot e promesse propagandistiche che rilette oggi farebbero solo ridere, (“Un milione di posti di lavoro” le batteva tutte); ha accettato che non fosse cosi importante agli occhi del mondo dover assumere un comportamento morale degno della carica istituzionale che ricopriva, ha accettato quella propensione all’importazione della sottocultura becera americana con il solo scopo di avviare un processo irreversibile di innesto d’ogni peggiore forma di capitalismo sfrenato quale unica vita possibile fatta di consumismo meccanico, industriale e forsennato riassunto in tre parole cantate da un gruppo musicale storico indipendente emiliano degli anni 90: “Produci, consuma, crepa”. Senza neanche restare molto lontani, ci si chiede quanto tempo sia durata l’indignazione degli italiani alla elezione “per direttissima” dell’attuale presidente del Consiglio basandosi su primarie interne al partito nei gazebi sparsi nel territorio e su “chiamata” diretta dell’ex presidente della Repubblica Napolitano in un momento convulso ed urgente ma sempre e comunque senza il voto popolare? Giusto il tempo per mangiare un bel piatto di spaghetti ed è passata pure questa.

Se poi riflettiamo sul fatto che giovani dalle belle speranze presuntuosi e sfrontati credono di ripulire il paese dalla corruzione con un repentino colpo di mano dissociandosi da qualsiasi partito politico, organo essenziale che nella storia di questo paese ha da sempre rappresentato una organizzazione istituzionale e funzionale alla politica stessa; o che accolgono nel loro movimento fazioni opposte mortificandone l’essenza dei diversi pensieri ideologici, o che con presunzioni di essere “il nuovo che avanza” tagliano fuori una popolazione ancora immatura nell’uso delle tecnologie quale mezzo unico di comunicazione e di partecipazione democratica e attiva alla politica, o che si permettono ancora di snobbare inviti del Vaticano con una boria e un preoccupante delirio di onnipotenza; per tutto questo sembra che l’indignazione non sia durata la consumazione di un intero piatto di spaghetti ma più probabile di un caffè espresso all’italiana, proprio pochi secondi. E allora non stupiamoci quando vediamo che negli Stati Uniti i reati relativi all’evasione fiscale fanno infuriare a lungo comunità intere di cittadini e le pene sono impressionanti e pesantissime o in Svizzera dove gli abitanti per risolvere problemi di carattere civico e urbano più volte si sono autotassati perchè si sentono parte integrante di un sistema dove il problema va risolto anche con il supporto e lo sforzo tangilbile della comunità stessa. La nostra percezione dell’indignazione è piacevolmente ed immediatamente curata con l’esigenza immediata di esternazione del disagio stesso, adoriamo parlarne, sfogarci, chiacchierarne con amici al bar o in fila agli uffici postali e la cosa poi finisce là, siamo pronti a continuare ad accettare ebri e sazi di credere di aver compreso la realtà delle cose ma poi nella sostanza non abbiamo la forza e la volontà di muovere un dito per risolvere oggettivamente il problema e restiamo ciechi ed assenti nelle piccole cose quotidiane che invece possono rappresentare un concreto passo avanti. L’italiano è cosi e forse lo è sempre stato, capace di tanta ingiustizia ma con un cuore immenso di vera passione politica. Chissa…sarà qualcosa negli spaghetti.

Paolino Canzoneri

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Ambiente

Agenda 2030, sostenibilità ambientale: ecco come impegnarci

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La sostenibilità ambientale è uno dei goals previsti nell’Agenda 2030. Tale documento evidenzia obiettivi molto importanti tra cui, porre fine alla fame nel mondo, dire stop alla violenza sulle donne etc …

Nelle scuole italiane e non solo sono stati avviati progetti per arrivare ai traguardi preposti.
Negli ultimi anni, l’obiettivo della sostenibilità ambientale ha visto una maggiore consapevolezza individuale e collettiva.

All’interno di molte scuole, sono state programmate diverse attività tra cui, insegnare la raccolta differenziata, organizzare gite guidate presso inceneritori e impartire lezioni o laboratori di educazione civica e ambientale da parte dei docenti.

Ogni proposta ha rappresentato la possibilità di rendere i ragazzi e gli adulti maggiormente consapevoli di alcune problematiche legate al nostro pianeta: dalla deforestazione, alle banche di plastica che osteggiano la pulizia dei nostri mari, al riscaldamento globale fino ad arrivare alla totale trasformazione del territorio mondiale.

Molte di queste problematicità, causate principalmente dall’agire umano, vengono studiate non solo dalla scienza, ma anche dalla geografia. Siamo in un mondo globale in cui la questione ambientale e le sue possibili modifiche future preoccupano gli studiosi.
Per tale motivo il concetto di sostenibilità dell’ambiente è un argomento che sta molto a cuore agli esperti e non solo.

Tuttavia, sono nate diverse occasioni per evitare una totale inaccuratezza da parte dell’uomo. Pertanto, per sviluppare una maggiore sensibilità di fronte alla cura costante e attiva del nostro ambiente sono state previste diverse iniziative, partendo proprio dal comportamento dei cittadini stessi:

  • periodicamente si svolgono numerose campagne ambientali per sviluppare una corretta raccolta differenziata da parte dei singoli Comuni, Regioni e Stati;
  • ogni città al suo interno ha organizzato incontri in cui vengono spiegate le diverse fasi di raccolta dei rifiuti;
  • si sono definite regole precise per mantenere pulite le città;
  • di tanto in tanto ogni regione predispone seminari o incontri a tema su come incentivare l’uomo a rendere sempre più vivibile l’ambiente in cui abita;
  • molte scuole hanno sviluppato ricerche e sondaggi, tramite esperti del settore, per sensibilizzare i giovani e gli adulti a far fronte a questa urgenza di “pulizia” all’interno degli ambienti in cui si vive;
  • si organizzano, inoltre, convegni internazionali sulla sostenibilità ambientale e su eventuali nuove tecniche di intervento.

In generale, dalle scuole, alle diverse associazioni e al governo si è trattato l’argomento sulla sostenibilità, ponendo questi obiettivi come primari e improrogabili per “risistemare” il nostro pianeta.

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Editoriali

Aggressione omofoba a Roma: chi ha più prudenza l’adoperi!

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Mercoledì due ragazzi, per un bacio, sono stati aggrediti da un gruppo di egiziani al grido: “Questa è casa nostra e voi froci qua non dovete stare” rischiando davvero grosso.


Per fortuna, invece di reagire, hanno chiesto l’intervento delle forze dell’Ordine che, prontamente, sono intervenute mettendo in salvo i due ragazzi. In queste situazioni “Ci vuole prudenza!”

È un pensiero che la mia generazione ha recepito troppe volte in malo modo e, di contro, le generazioni attuali non sanno neanche da dove provenga.

E se alla mia età arrivo a scrivere di questo è perché il clima che si respira in ogni parte del mondo predica proprio la prudenza. Assistiamo, troppe volte, a situazioni in cui le aggressioni, le violenze, i soprusi colpiscono e fanno piangere proprio perché quella virtù molto predicata e poco praticata, la prudenza appunto, viene accantonata per imporre magari le nostre ragioni di fronte a soggetti che non hanno nulla da perdere pronti a tutto e senza scrupoli.

E non mi si venga a dire “ci rivuole il manganello” perché violenza chiama violenza, aggressione chiama aggressione, sopruso chiama sopruso.

Non so “offrire” una ricetta perché i tanti “Soloni”, esperti in materia, sono decenni che “toppano”, sbagliano, predicando il “dente per dente”.

Occorre “certezza di pena” e “controllo del territorio”. E se a tutto ciò aggiungiamo un “cultura woke” che, a mio avviso, vuole imporre a colpi di “politicamente corretto” scelte sulla vita di ognuno ci ritroveremo davvero a riconsiderare vero ed attuale il pensiero di Thomas Hobbes “Homo hominis lupus”, l’uomo è lupo agli uomini.

Perché l’integrazione non si impone per legge come anche l’inclusione.
Sono processi che passano attraverso l’accettazione di entrambe le parti in modo paritetico e rispettoso ognuno dell’altro.

Quindi, “prudenza” perché, come diceva Henry de Montherlant: Bisogna fare cose folli, ma farle con il massimo di prudenza”.

l’immagine rappresenta l’allegoria della Prudenza

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Editoriali

L’illusione della superiorità e l’incoscienza di chi crede di avere una coscienza superiore: Beata ignoranza!

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Nell’era dell’informazione e dell’autorealizzazione, sempre più individui si convincono di possedere una coscienza superiore, una sorta di illuminazione intellettuale e morale che li pone al di sopra della massa. Questa percezione, spesso priva di una reale base di merito, non solo è pericolosa, ma anche profondamente ingannevole. L’illusione della superiorità può infatti condurre a un’autocelebrazione sterile e alla svalutazione di tutto ciò che non rientra nella propria visione del mondo.

L’autocompiacimento dell’ignoranza

Uno dei fenomeni più diffusi è l’autocompiacimento dell’ignoranza. Alcuni individui, forti di una conoscenza superficiale acquisita attraverso fonti discutibili o parziali, si autoconvincono di avere una comprensione profonda e completa delle cose. Questo atteggiamento li porta a rifiutare qualsiasi opinione contraria, chiudendosi in una bolla di autoconferma. Il paradosso è che più limitata è la loro comprensione, più ferma è la loro convinzione di essere superiori.

La mediocrità travestita da eccellenza

Chi si illude di avere una coscienza superiore spesso ignora la necessità di un’autoanalisi critica e di un continuo miglioramento. Questa mancanza di umiltà e di riconoscimento dei propri limiti porta a una stagnazione intellettuale e morale. La mediocrità, in questo contesto, si traveste da eccellenza, mascherata da un velo di arroganza e presunzione. La vera eccellenza richiede infatti la capacità di riconoscere i propri errori e di apprendere continuamente dall’esperienza e dagli altri.

Il confronto con la realtà

Per smascherare l’illusione di una coscienza superiore, è essenziale confrontarsi con la realtà in modo aperto e onesto. Questo implica ascoltare opinioni diverse, accettare critiche costruttive e riconoscere l’importanza della competenza e dell’esperienza. Solo attraverso questo confronto si può sviluppare una vera comprensione e una consapevolezza autentica.

L’importanza dell’umiltà

L’umiltà è la chiave per evitare la trappola dell’illusione di superiorità. Riconoscere che la propria conoscenza è limitata e che c’è sempre spazio per migliorare è il primo passo verso una crescita autentica. L’umiltà permette di apprendere dagli altri e di riconoscere il valore della diversità di pensiero e di esperienza. Solo con questa attitudine si può sviluppare una coscienza realmente superiore, basata non sulla presunzione, ma sulla consapevolezza e sulla continua ricerca del miglioramento.

L’illusione di una coscienza superiore è un inganno pericoloso che porta all’arroganza e alla stagnazione. La vera superiorità non risiede nella convinzione di essere migliori degli altri, ma nella capacità di riconoscere i propri limiti, di apprendere continuamente e di confrontarsi con la realtà in modo aperto e umile. Solo attraverso questo percorso si può raggiungere una consapevolezza autentica e contribuire in modo significativo al proprio sviluppo e a quello della società.

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