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Editoriali

LA CHIAMANO "SHARIA" PER GIUSTIFICARE LA PAZZIA

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di Christian Montagna

Ormai, non trascorre un giorno senza morti, senza terrore, senza panico, senza attentati, senza video shock e senza la paura che il proprio vicino di casa possa essere un combattente dell' Isis. Ma quanto potremo ancora andare avanti così? Oggi, per noi, è un giorno come tutti gli altri, si lavora, si studia e si affronta la vita…Oggi, per l'isis, è un altro giorno di pazzia. Sono tredici le nuove vittime di una guerra senza cause, senza colore e senza religione. Una partita di calcio è bastata ai Jihadisti per uccidere tredici anime innocenti; tredici bambini colpevoli di amare la propria squadra del cuore, così come tutti i bambini sono soliti fare. Un tifo da stadio e una gioia infinita verso i propri idoli che non sono stati apprezzati ma anzi, puniti con atroci fucilate. Oggi, altri due innocenti giapponesi sono stati rapiti sotto richiesta di un riscatto di duecento milioni di dollari entro settantadue ore, pena, la morte imminente. Questo è solo l'ultimo aggiornamento di un bollettino di guerra che non stenta a fermarsi. La chiamano guerra santa e si pone l'obiettivo di diffondere l'Islam nell'occidente, con forza e terrore. Ma siamo sicuri che sia veramente così? Non esiste alcuna religione al mondo che inneggi alla guerra, alla morte e alla distruzione; lo ha detto il Papa, non io, lo dicono i musulmani e chi meglio di loro può saperlo. Non esiste una legge islamica che accetti tutto ciò. E allora perchè sta accadendo? Dovevamo realmente attendere la strage di Charlie Hebdo prima di cominciare ad interessarci del terrorismo a questi livelli? Ho la sensazione che il disinteresse troppo volte sia stato voluto e perciò ripetutamente mi sono chiesto: dov'erano i servizi segreti la mattina dell'attentato a Parigi? Perché vengono esosamente retribuiti se poi i segreti non riescono a stanarli? C'è qualcosa che non torna. I grandi potenti della terra pare che si siano accorti solo oggi di questa grande minaccia per l'intera umanità. Eppure, se non ricordo male, già due grandi guerre in passato si sono combattute per evitare l'assolutismo di un paese sugli altri, perchè non se ne sta combattendo ufficialmente una terza? Forse sto ponendo troppi interrogativi ai quali nessuno può rispondere, sto chiedendo troppe cose che nessuno deve sapere e allora, ditelo che la posta in ballo è troppo alta e che gli interessi sono comuni a tutti. Possibile che come dei burattini, non ci resti che attendere i prossimi spostamenti ? Vi prego, evitateli questi incontri europei in cui si spendono solo i soldi per i voli di Stato, tanto, se in quindici anni nulla è cambiato figuriamoci adesso cosa può succedere. Troppo tempo è stato sprecato, ormai, i terroristi sono ovunque. La calamita Isis li ha attirati a sè proprio come fa una madre con i propri figli. In ogni parte del mondo, in questo momento, qualcuno potrebbe essere pronto a preparare il nuovo attentato del giorno, come pretendete di scovarlo? Una banca dati in cui poterli schedare di sicuro non vi risolverà il problema. Proprio oggi,tra l'altro, si è scoperto che Napoli è risultata essere una città di transito per molti personaggi di spicco del terrorismo islamico. Proprio a Napoli è stata identificata la principale centrale europea di produzione e distribuzione dei documenti falsi. A quanto pare non sono poi così tanto distanti allora questi terroristi da noi…E' dal nuovo millennio che la minaccia terroristica si è affacciata sull'Occidente, da quel maledetto 11 Settembre, quando abbiamo assaporato la potenza distruttiva di questi folli, e ora, non venite a mostrare i vostri sforzi per combatterli. In fondo, se l' Isis sta combattendo questa guerra univoca, è anche colpa vostra che lo avete permesso, ma non chiamatela "Sharia" perchè questa è solo una pazzia!

 

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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