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Esteri

Kiev, caso del giornalista trovato morto. Una messa in scena dei servizi ucraini

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Il giornalista russo Arkady Babchenko è vivo. Ad annunciarlo è lui: “chiedo scusa a tutti, e a mia moglie, per l’inferno che ha dovuto sostenere ma non c’era alternativa: ringrazio i servizi ucraini per avermi salvato la vita” ha detto Babchenko in conferenza stampa che continua aggiungendo come “l’operazione speciale è stata preparata per due mesi, io sono stato messo al corrente un mese fa. Hanno lavorato come matti. Il risultato di questo lavoro si è trasformato in un’operazione che ha portato alla cattura di un uomo.

Babchenko è apparso in un’intervista con il capo dei servizi di sicurezza ucraini a Kiev il quale spiega che l’assassinio è stato solamente una messa in scena.

La notizia apparsa ieri

Ancora un altro giornalista russo, critico del presidente Putin,fosse finito ucciso in un omicidio ancora tutto da chiarire. Arkady Babchenko, reporter e scrittore a Kiev dopo l’esilio causato dalle costanti minacce per le sue posizioni aspre nei confronti delle operazioni del Cremlino in Siria e Ucraina.
Secondo la ricostruzione resa dal vice commissario di polizia ucraina Vyacheslav Abroskin, il giornalista sarebbe sarebbe stato ucciso da tre colpi di pistola inferti da un uomo, che secondo varie testimonianze oculari, ha tra i 40 e 45 anni con una barba grigia. Babchenko stava rientrando nel suo appartamento mentre la moglie era in bagno al momento dell’attacco, per ritrovarlo solo in seguito disteso a terra morente.

Nato nel 1977, Arkady aveva servito come militare la Russia nei due conflitti in Cecenia nel 1994-96 e 1999.2009, quando decise di dedicarsi al giornalismo agli albori del nuovo millennio. La sua attività di collaborazione come corrispondente di guerra per Moskovsky Komsomolets e Zabytyi Polk, si accompagnava alle pubblicazioni su Novaya Gazeta e alla stesura di vari libri. Suo il romanzo dal titolo “La guerra di un soldato in Cecenia” edito Mondadori che ha raggiunto anche il pubblico italiano.

Si pensa che la mano omicida appartenga ai servizi russi, dato che Babchenko era apertamente avverso alla destabilizzazione dell’Ucraina perpetrata dalla Russia come egli stesso testimoniava attraverso dei reportage. La decisione di lasciare la Russia matura dopo una campagna di odio mossa nei suoi riguardi dopo che il giornalista aveva espresso su Facebook la sua indifferenza alla morte dell’intero coro Alexandrov Ensemble a seguito dell’incidente aereo del natale 2016. “qui non mi sento più sicuro” aveva dichiarato il giornalista annoverando tutte le minacce che aveva dovuto subire tra cui quelle dell’ultranazionalista Vitaly Milonov e del senatore Frants Klintsevich.
Babchenko perciò decise di raggiungere Praga e poi Kiev dove lavorava per la televisione ATR.

I dubbi circa un uccisione politica nascono anche ricollegandosi allo scorso marzo 2017 quando un ex deputato comunista contro le ingerenze in Ucraina veniva freddato nello stesso modus operandi e anche rileggendo un articolo del network Tsargrad guidato dall’ideologo di Putin, Alexander Dugin, dove il giornalista era posizionato decimo nella lista dei 100 russofobi più pericolosi.
Il Comitato Investigativo russo promette di aprire un’inchiesta e di non lasciar cadere nell’oblio “questi crimini crudeli contro i nostri cittadini”.

Il giallo viene risolto oggi pomeriggio alle 17, svelando una trama dei servizi ucraini per “salvare la vita” del giornalista.

Gianpaolo Plini