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Primo appuntamento con le tasse per milioni di italiani nell’era Covid. Anche se rinviare le scadenze di giugno, ridurle per alcuni settori, esentare altre categorie dall’Imu sono tra le innumerevoli richieste per far fronte all’emergenza che arrivano da tante categorie produttive e da molti esperti alle prese con le ricette per indicare la ripartenza. Intanto 25 milioni di proprietari di seconde case (o di abitazioni di lusso) si preparano a passare alla cassa entro il 16 giugno per pagare oltre 10 miliardi di prima rata dell’imposta sugli immobili.
Cresce il pressing anche in Parlamento per allentare ancora il peso del fisco vista l’emergenza Coronavirus: c’è chi, come Pd e Iv, chiede di esonerare dalla tassa sul mattone anche cinema e teatri, o il settore degli eventi (c’è un emendamento M5S al decreto Rilancio in questa direzione); chi, come Fdi, punta invece a ridurre il prelievo nei confronti di chi affitta ad attività commerciali ed ha rinegoziato il contratto riducendo il canone di almeno il 20%, o chi, come Forza Italia, lancia l’allarme di “tanti piccoli proprietari” che non potranno rispettare la scadenza perché nel frattempo, durante il lockdown non hanno riscosso gli affitti”. Italia Viva chiede poi di rinviare a novembre le tasse e di cancellare del tutto gli acconti per il 2020, ed è una proposta simile a quella avanzata dalla Lega.
Il governo ha già rinviato tasse per 30 miliardi nei mesi più duri della serrata, generalizzato per le zone rosse, e ha anche tagliato le imposte per le imprese per altri 4 miliardi cancellando saldo e acconto dell’Irap programmati sempre a giugno. Appare difficile quindi, in queste circostanze, che si possa dare seguito alle richieste di spostare le scadenze per le dichiarazioni dei redditi (che comunque si potranno presentare fino a settembre) o di cancellare per tutti, e non solo per gli alberghi e le strutture ricettive, la rata di giugno dell’Imu.
E’ possibile però, è emerso nei giorni scorsi, che si possa intervenire ulteriormente per alleggerire i versamenti che dovrebbero riprendere entro metà settembre (saldando il dovuto o dividendolo in 4 rate mensili). Tra le ipotesi si starebbe ragionando sulla possibilità di spostare ancora quella scadenza o ampliare le rate. E ci sarebbe chi suggerisce anche l’idea, già balenata durante la gestazione del decreto Rilancio, di trasformare quei 30 miliardi in ulteriori contributi a fondo perduto, se non in toto almeno per le categorie e i settori che più stenteranno a riprendersi.
La partita sulle modifiche al decreto si inizierà a giocare solo a partire da metà della prossima settimana, quando dovrebbero iniziare i voti in commissione sugli emendamenti. Nel frattempo, la tassa unica sugli immobili frutto della fusione tra Imu e Tasi interesserà 25 milioni di proprietari che verseranno in media, secondo i calcoli elaborati nei giorni scorsi dalla Uil, se l’immobile è in un capoluogo di provincia, 535 euro per la prima rata che salgono a oltre 1000 nelle grandi città. In 18 capoluoghi, peraltro, l’aliquota sarà più alta del 10,6 per mille, perché già era applicata l’addizionale Tasi fino allo 0,8 per mille consentita quando le due imposte erano separate. Si arriva all’11,4 per mille a Roma, Milano, Ascoli, Brescia, Brindisi, Matera, Modena, Potenza, Rieti, Savona, Verona. E sempre a Roma si registra il costo maggiore per una seconda casa, 2.064 euro totali in media, seguita da Milano con 2.040 euro medi; a Bologna 2.038 euro; a Genova 1.775 euro; a Torino 1.745 euro.
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